E la Grecia tornò alla polis. Il popolo ha trovato un modo tutto personale di reagire alla crisi che sta precipitando il Paese nel baratro, bypassando il governo e l’Unione Europea: riscoprire l’arte del baratto fra piccole comunità. Una pratica antica che, affiancata alle moderne tecnologie, ha portato a risultati sorprendenti e che dalla regione di Patrasso si sta espandendo rapidamente per tutta l’Ellade. Una forma di scambio vecchia come il mondo, con la quale i greci stanno cercando di allontanare quelli che sono diventati i loro due nemici principali: l’euro e le banche.
Il focolaio del fenomeno è stata la città di Aigion, a pochi chilometri da Patrasso, nel distretto amministrativo dell’Acaia, che fa tornare alla mente i fasti del passato. Da gennaio un gruppo di persone sempre crescente ha iniziato a sostituire la moneta con il cambio merce. «Con il baratto – spiega a Linkiesta Leonidas Chrysanthopoulos, nativo di Egion e sostenitore dalla prima ora dell’iniziativa – la gente ha risolto praticamente un problema che cominciava a opprimerli: la mancanza di soldi per provvedere a tutti i loro bisogni. I generi di prima necessità si acquisiscono con il baratto e si tengono i pochi euro a disposizione per le spese più importanti». Le contrattazioni avvengono nella piazza principale del Paese, per poter procedere al baratto bisogna essere iscritti all’associazione Φιλική Oικονομία, che in italiano suona come “Economia amica”. L’organizzazione, formata da volontari, ha il compito di sorvegliare i vari baratti e controllare che gli scambi siano equi, intervenendo in caso di controversie fra le due parti. Attualmente i membri registrati sono circa 3.000. Il concetto è molto semplice: a cadenza settimanale, solitamente il sabato e la domenica, la gente porta alimenti od oggetti di cui dispone in abbondanza, o di cui si vuole liberare, per scambiarli con generi alimentari e non di cui ha bisogno.
Il modello di Aigion ha fatto scuola nel giro di poche settimane. Patrasso, capoluogo della regione, ha avviato il baratto, spostandolo su internet e regolandolo addirittura con una moneta virtuale, l’obolo, che sostituisce l’euro nelle transazioni. Anche in questo caso per accedere ai servizi bisogna essere registrati e lo scambio ha carattere strettamente locale. La merce viene valutata in oboli e a quel punto a seconda della cifra totalizzata si può iniziare il baratto con gli altri membri. Fra la merce offerta si trova di tutto, dai generi alimentari all’elettrodomestico che non ci si può più permettere. Tentativi di fusione da parte della comunità di Aigion sono stati accolti con un rifiuto dalla comunità di Patrasso, un gesto che porta in sé un affascinante richiamo alla tradizione delle città-stato dell’antichità.
E c’è chi non si accontenta della moneta on-line e ne ha creata una anche per gli scambi settimanali. A Volos, nella regione di Magnesia, due mesi fa è partito il baratto, unito all’utilizzo del Tem, una moneta il cui acronimo significa “unità di scambio locale” e che è diventata per centinaia di persone un’alternativa preferibile alla moneta unica europea.
E dopo l’euro, adesso potrebbe toccare alle banche. Il laboratorio di questo nuovo esperimento sarà ancora Aigion. «Nelle prossime settimane – spiega ancora Chrysanthopoulos – vareremo anche noi la nostra moneta. Si chiamerà elikion. Le verrà attribuito il valore di circa 90 centesimi di euro. I 10 rimanenti verranno accumulati dall’associazione e utilizzati per sopperire alle esigenze più urgenti della comunità locale». Scambiare in elikion non sarà obbligatorio, chi vuole potrà proseguire con il semplice baratto, ma gli organizzatori sono certi che anche questa forma, mista di scambio e autofinanziamento, si rivelerà un successo e hanno già stabilito alcuni settori dove intervenire con i nuovi finanziamenti, soprattutto a livello di infrastrutture pubbliche. Come se la polis di Aigion, nei territori della mitica Acaia non si aspettasse nulla né da Atene né da Bruxelles.