Le prigioni di Julian Assange – Video

Le prigioni di Julian Assange - Video

Il video pubblicato sulla homepage del sito, prodotto dallo staff di Wikileaks, mostra immagini esclusive sulla vita quotidiana dell’uomo che ha fatto tremare le amministrazioni di mezzo mondo, Stati Uniti in testa. Le immagini si soffermano sulle intere paginate di firme che Assange ha lasciato – e che continua a lasciare – sul registro della polizia di Norfolk; le ispezioni dentro casa; la cavigliera e le antenne Gps installate nella tenuta di Vaughan Smith, l’amico che lo ospita dallo scorso dicembre. “Non c’è alcun bisogno di controllarlo in modo così intrusivo, e non vedo perché debba ancora recarsi in polizia ogni santo giorno” denuncia il padrone di casa.

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House Arrest from Winston Burrows on Vimeo.

Oltre a Smith, nel video parla anche Sarah Harrison, una stretta collaboratrice di Assange. “E’ come un animale in gabbia”, dice. Julian Assange è sospettato di molestie sessuali e stupro ai danni di due donne svedesi. I fatti sarebbero accaduti nello scorso agosto a Stoccolma. Per questo la Svezia ha chiesto l’estradizione subito dopo la conclusione delle indagini preliminari. Assange si è consegnato alla giustizia inglese il 7 dicembre (il paese in cui si trovava in quel momento), pochi giorni dopo che la Svezia ha autorizzato l’Interpol a rendere pubblico il mandato di cattura europeo.

Secondo i legali di Assange l’estradizione in Svezia sarebbe solo il primo passo per un’ulteriore estradizione verso gli Stati Uniti. E stavolta le molestie sessuali non c’entrano, le motivazioni sarebbero politiche. Gli Usa, infatti, hanno già invitato in tribunale un cittadino del Massachussets, il primo passo di un’inchiesta che mira a trovare i whistleblowes, gli spifferatori dei cablo diplomatici e del video “Collateral Murder”, per il quale il militare Bradley Manning – il principale sospettato – è in carcere da undici mesi, di cui nove in condizioni che in molti hanno accostato alla tortura psicologica. Ma la preda più ambita è proprio Julian Assange.

La gabbia dorata dell’australiano potrebbe finalmente aprirsi tra meno di un mese. Per il 12 luglio è infatti prevista la sentenza d’appello. Il giudice dovrà decidere se rigettare le tesi di Assange (e in questo caso è molto probabile un terzo e ultimo appello prima della definitiva estradizione) oppure accoglierle. E per l’australiano vorrebbe dire libertà.

Negli ultimi mesi, gli avvocati e i sostenitori di Wikileaks hanno duramente criticato il sistema giudiziario svedese. La difesa ha stilato un preciso elenco di quali rischi correrebbe Julian Assange se fosse trasferito nel paese scandinavo:

  • carcere di isolamento, anche prima di un’eventuale accusa
     
  • in Svezia non c’è limite ai tempi di detenzione, anche perché non c’è possibilità di essere liberati su cauzione
     
  • verrebbe processato da una corte di 4 giudici, di cui 3 non professionisti scelti dai partiti politici
     
  • il giudice dell’accusa Marianne Ny si è rifiutata di fornire la lista delle accuse in forma scritta, sia ad Assange che ai suoi avvocati. Un comportamento che violerebbe l’articolo 5 della convenzione europea sui diritti umani

Tutte accuse respinte al mittente da gran parte della stampa svedese e dallo stesso primo ministro Fredrik Reinfeldt. La Svezia – vale la pena ricordarlo – non ha chiesto l’estradizione per processare Assange ma solo per condurre ulteriori indagini. Ma al di là della battaglia legale, a fare scalpore oggi è il regime da Grande Fratello in cui vive il leader di Wikileaks. Roy Greenslade, commentatore del Guardian, si è chiesto: “Le condizioni in cui è costretto a vivere Assange sono assolutamente sproporzionate. C’è qualcuno, in Gran Bretagna, che è mai stato trattato in questo modo sulla base di accuse simili?”.
 

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