Se cade Atene, cade l’Europa

Se cade Atene, cade l'Europa

Consapevolezza. Ecco cosa manca all’Unione europea. La Grecia è fallita, solo che nessuno vuole ammetterlo. Anzi, qualcuno cerca, nemmeno troppo timidamente, di spiegare al mondo che c’è un’unica soluzione per Atene, il fallimento. Moody’s è uno di questi. Il taglio al rating, da B1 a Caa1 con outlook negativo, è arrivato puntuale. La troika composta da Fmi, Bce e Ue non aveva nemmeno finito i colloqui con il Governo di Atene che il downgrade è giunto. Speculazione? No, realismo. Avidità? No, ricerca di un porto sicuro capace di mitigare la botta che arriverà con la fine dell’eurozona. Cinismo? Sì, perché un’agenzia di rating è un’agenzia di rating e non un ente di beneficenza.

I vincenti sono abituati a parlare tramite i fatti. Se guardiamo alla Grecia, non possiamo che condividere l’opinione delle società di rating. Moody’s ha downgradato Atene per un motivo molto semplice: è insolvente. Il debito è esploso, il deficit pure, svariate frodi fiscali sono state perpetrate negli ultimi anni grazie alla connivenza di alcuni politici, come il premier George Papandreou, che voleva dimostrare al mondo di essere più furbi dei furbi. Prima Papandreou ha negato l’esigenza di un aiuto finanziario, poi ha mentito sul programma di austerity che sta piegando il Paese. Infine, e questi sono le ore che stiamo vivendo, va in giro per il mondo a chiedere l’elemosina, rappresentata dalla ristrutturazione del debito, cioè il reprofiling, cioè il default. Sì, perché le parole sono importanti e vanno utilizzate nel migliore dei modi. Atene è fallita. Non è una questione di mancata liquidità, la Grecia è insolvente. E nella sua posizione, di menzogna e criticità, si trova anche l’Eurosistema, coinvolto nella peggior crisi che i Padri fondatori dell’Unione europea potessero immaginare. La moneta unica sta vivendo la sua prematura morte e nessuno riesce a officiarne il degno funerale, dato che si è tutti impegnati a placare gli animi «dei mercati finanziari». Il problema è che siamo noi stessi «i mercati finanziari». Difficile calmare l’animo autonomamente senza l’aiuto di un buon ansiolitico. Questo è però quello che succede in mezza Europa, da Berlino a Roma, passano per Londra e Parigi.

I fatti, dicevo, non mentono. L’Ue, insieme con la Bce e il Fmi, hanno regalato 110 miliardi di euro ad Atene. Sì, regalato. In cambio, cosa hanno ottenuto? Un peggioramento generale delle condizioni economiche della Grecia, un innalzamento del rischio epidemico della crisi europea dei debiti sovrani nell’eurozona e un mondo immensamente più incerto. Non ci credete? Basta guardare l’escalation dei Credit default swap sulla Grecia. Nei giorni più duri per Papandreou, nel maggio 2010, i Cds erano intorno a quota 1.000 punti base. Questo significa che per assicurarsi contro il default di un bond di Atene da 10 milioni di dollari con scadenza a cinque anni serviva un milione di dollari l’anno. Ora serve un milione e mezzo, il 50% in più rispetto un anno fa. Ma ora la questione ellenica è cambiata: stanno arrivando altri 70 miliardi di euro, sempre forniti dalla premiata ditta Bce-Fmi-Ue, sempre sotto forma di donazione a fondo perduto. Peccato che anche questi non servano a nulla.

La Grecia non è affetta da una malattia curabile, ha un cancro. Ma non solo: è in stadio terminale. La vera soluzione per la salvezza di Atene è quella di evitare l’accanimento terapeutico. Economicamente, fiscalmente, politicamente, la Grecia è morta. Le banche d’investimento continuano a sfornare rapporti sempre più allarmanti, ma realistici nella loro crudezza. Il problema è che nessuno ha il coraggio ultimo di urlare al mondo che «il re è nudo». Pensiamo solo a cosa sta succedendo nelle sale trading di mezzo mondo. Ogni volta che qualcuno nomina quella penisola fra lo Ionio e l’Egeo, tutti fanno gli scongiuri. Li fa la Francia, che ha più di 90 miliardi di dollari di esposizione su Atene. Li fa la Germania, che nominalmente ha a rischio 70 miliardi, ma che sa perfettamente che: 1. non ha più soldi per fare il buon samaritano d’Europa e 2. le sue Landesbank sono uno dei più profondi buchi neri mai visti sulla faccia della terra. Ma gli scongiuri li fanno tutti gli investitori, compresi quelli più aggressivi. Uno solo è il motivo: se cade Atene, cade l’Europa. La Gipsi way è proprio questo, la via degli zingari dell’euro. Maggio 2010, Atene; novembre 2010, Dublino; maggio 2011, Lisbona: questo è quello che è successo finora, un bailout ogni sei mesi. Cosa succederà? Se si continua con questo ritmo, novembre 2011, Madrid e maggio 2012, Roma. Ecco il percorso che fa impazzire banchieri, analisti, economisti, ingegneri finanziari, governanti e avvocati, quest’ultimi impegnati a trovare delle gabole per far uscire dall’eurozona quello o quell’altro Paese.

Il downgrade di Moody’s non deve essere visto come un’azione negativa, spietata. No, deve essere visto come un’opera di bene. In un mondo in cui tutti mentono (Stati, Ue, Fmi, Bce) e tutti fanno finta che non ci siano problemi, sono i soggetti come Moody’s che riescono a fornire agli investitori un’ancora di salvezza per i loro investimenti. Unica nota negativa? Di quest’ultimo aspetto, se ne accorgono in pochi.  

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