Prezzi da discount anche per i carburanti. E le «pompe bianche» o «distributori No logo» da qualche anno si impongono all’attenzione dei consumatori per i loro prezzi concorrenziali. E, di pari passo, crescono fino ad arrivare a quasi 2 mila stazioni di servizio (considerando anche le pompe dei centri commerciali) rappresentando una quota di mercato pari a circa il 7%.
Si trovano in tutte le regioni d’Italia, in centri piccoli e grandi, e riescono ad offrire prezzi inferiori anche di 10 centesimi. E mentre in Italia tutte le grandi compagnie si adeguano al rialzo dei prezzi, i distributori No logo vanno per la loro strada: come si vede nell’infografica mentre le accise governative hanno imposto aumenti fino al 9% dal primo luglio, i piccoli impianti fanno limature al ribasso per il gasolio. Come fanno le pompe bianche a praticare prezzi tanto più bassi degli impianti tradizionali?
Il gestore di una pompa tradizionale è obbligato ad acquistare ad un prezzo più alto e con un margine lordo di guadagno più basso rispetto a quelle No logo. Perchè mentre mentre le pompe bianche e i supermercati acquistano i carburanti sul libero mercato da una compagnia petrolifera, che offre loro le condizioni migliori, ai gestori tradizionali è imposto il vincolo della fornitura in esclusiva. Possono, cioè, rifornirsi esclusivamente dalla compagnia che espone il marchio dell’impianto (di cui spesso è anche proprietaria) alle condizioni imposte unilateralmente dalla stessa compagnia che, in assenza di concorrenti, fissa il prezzo che ritiene migliore per se stessa.
Ma i piccoli impianti crescono in diffusione ed insieme a loro l’iniziativa di “Libera la benzina!” ed il progetto di legge di riforma della distribuzione carburanti che chiede di estendere a tutta la rete di benzinai (25mila nel Paese) le condizioni dei No logo a beneficio di tutti i consumatori. In molti, in questi anni, si sono chiesti cosa fare per poter aumentare il numero delle pompe bianche.
Ed anche l’Antritust ha avviato lo scorso marzo un’indagine conoscitiva per fare luce su questo fenomeno, chiedendosi se ad un eventuale aumento delle pompe bianche, si sarebbe riscontrato un loro minore impatto competitivo. «Il rischio- scrive l’Antitrust- è che le società petrolifere, che rappresentano insieme ai grossisti i fornitori delle pompe indipendenti, peggiorino le condizioni di fornitura praticate, recuperando sul mercato all’ingrosso i margini persi al dettaglio per effetto della pressione concorrenziale».