PALERMO – Con un’intervista rilasciata all’edizione palermitana di Repubblica nell’agosto dello scorso anno ha lanciato la sua candidatura alle primarie di Palermo in vista delle amministrative della primavera prossima. Il personaggio in questione si chiama Davide Faraone, ha 36 anni, e già capogruppo del Pd in consiglio comunale, già deputato regionale, e sogna di fare il sindaco di Palermo. Non adora il correntismo che caratterizza il partito di Largo del Nazareno, semmai ha una simpatia “politica” per il rottamatore Renzi, da far sì che in tanti lo chiamino «il Renzi di Palermo». In una giornata grigia per gli standard palermitani, incontriamo Davide Faraone nel suo studio palermitano. Lui è lì, fermo che ci aspetta, con l’ipad acceso, il blackberry sul tavolo, e quell’aria da bravo ragazzo.
Alle amministrative del maggio e giugno scorso, li dove il centrosinistra ha svolto primarie “regolari”, vedi Milano, Torino, Cagliari etc…, ha vinto la tornata. Ciò ha fatto tacere chi, come D’Alema e Bersani, riteneva che le primarie debbano essere ridiscusse. Lei cosa ne pensa?
Io penso che le primarie siano la ragion d’essere del Pd. Le primarie aperte a tutti, come si sono sempre fatte, sono uno strumento essenziale. D’altronde nella carta fondativa del Pd ci sono le primarie. Questa cosa di rimetterle in discussione ad ogni elezione è ridicola e ci fa perdere credibilità, fa pensare che il partito voglia ritornare ai candidati scelti nelle segrete stanze. Considera che con le primarie è cambiata la politica, e anche l’approccio dei candidati alla politica. Nel senso che uno, anziché essere nominato come accade per il parlamentare nazionale, deve fare una campagna elettorale proiettata a convincere i cittadini. E le primarie sono state uno straordinario strumento rivoluzionario che consente a gente come me, a gente come Renzi, a gente come Zedda, a gente di un’altra generazione, ma anche a gente come Pisapia, di provarci. Chi li avrebbe mai scelti questi candidati che poi hanno stravinto le elezioni? Io credo nessuno, se si torna ai metodi tradizionali, si tornerà ai candidati tradizionali con dinamiche che non avranno nulla a che fare con gli interessi dei cittadini, ma che hanno a che fare soltanto con i partiti. E quindi io non ho assolutamente alcun rimpianto di questo modello di partito. Il tema delle primarie è un fatto essenziale. In Sicilia si sta cercando di non farle, con il pretesto dell’ammucchiata.
Ma è pur vero che in un’altra città del sud, stiamo parlando di Napoli, le primarie sono state annullate a causa di alcune irregolarità. Non crede che a Palermo potrebbe presentarsi il medesimo problema?
Io ti posso dire che il Pd, in Sicilia, ha fatto ripetutamente elezioni primarie, ma non c’è mai stato un problema di brogli. In tutta Italia ci sono state elezioni primarie, per eleggere segretari politici, per eleggere i sindaci, e l’unico esempio di broglio è stato quello di Napoli.
E quindi?
È possibile che venga utilizzata Napoli dai detrattori delle primarie per fare uno strumento che invece è riuscito ovunque. Anche l’ultimo segretario nazionale è stato scelto con le primarie. Ormai è diventata una prassi, un’abitudine, ma perché la dobbiamo togliere, se piace?
Secondo lei, stando al binomio Pd-terzopolo che in Sicilia governa da circa un anno, come andrà a finire a Palermo?
Io penso che intanto il nostro modello di un partito moderno non può essere un modello legato all’esperienza dei ribaltoni. Per cui anche se tu vuoi fare ipotesi di allargamento di alleanze politiche tradizionali li sottoponi al giudizio degli elettori. Dobbiamo allearci a Palermo con quelli che sono stati per anni alleati con Cammarata, utilizzare le procedure che Cammarata e Lombardo hanno adottato in questi anni? Mi spieghi: qual è il senso dell’esistenza del Pd? Allora, perché il Pd esiste? Perché si è opposto a questi modelli, se poi oggi, pur di vincere, li vuole ripetere?
Ciò potrebbe far saltare l’accordo con il terzopolo, e avere dei riflessi sulla politica nazionale. La Sicilia è da sempre una regione “laboratorio”.
Io non sono contrario all’ipotesi di allargamento: questo sia chiaro. Sono dell’idea che se si costruiscono dei programmi condivisi si può allargare. Noi siamo nati come un partito a vocazione maggioritaria. Ma nell’ottica di un’alleanza con Lombardo che, tra l’altro sono più gli elementi di conservazione del suo governo che quelli di innovazione, dobbiamo smantellare le primarie, le nomine nelle aziende pubbliche per merito e non per appartenenza. Io dovrei stare zitto con Lombardo, che fa le stesse cose di Cammarata, e gridare contro Cammarata perché è un mio avversario politico?
Attualmente il totocandidature impazza: si parla di Carlo Vizzini, Francesco Musotto, Leoluca Orlando.
Vizzini ha un problema, così come Leoluca Orlando e Francesco Musotto, io sono una persona che ha 36 anni, loro ne hanno 65. Hanno amministrato questa città, e questa regione, dagli anni ’80 ad oggi, e io credo che nel 2011 ci sia bisogno di un sindaco di nuova generazione. Ma non è soltanto un problema anagrafico. Io ho l’elasticità per usare l’iPad, io ho l’elasticità per sapermi inventare qualcosa quando mancano i soldi pubblici.
A proposito di iPad ed elasticità, lei ha un profilo facebook con 5000 amici, twitta regolarmente, ha un blog che aggiorna continuamente, ha creato su facebook un gruppo dal titolo «noi alle primarie ci teniamo ancora». Crede che in una città come Palermo una campagna elettorale alla Obama possa funzionare?
Noi abbiamo fatto uno studio: 200mila palermitani sono su facebook. Su 600mila abitanti stiamo parlando di un enormità. Io con facebook riesco a comunicare molto più che con il tg-rai, il tgs, il giornale di sicilia, e Repubblica. Io cercherò di fare una campagna elettorale sommando questi strumenti. Lo reputo più indispensabile che i giornali e le tv.
Mi dica quale sarà lo slogan della sua campagna elettorale multimediale.
L’altra giorno in un articolo di Ilvo Diamanti apparso su Repubblica, dal titolo «le parole d’ordine della nuova generazione politica», la prima era «internet», la seconda era «nuova generazione», la terza era «energia pulita», la quarta era «partecipazione». A queste quattro parole, prima ancora che uscisse l’indagine di Ilvo Diamanti, mi sono ispirato e su queste quattro parole d’ordine sto cercando di costruire la mia campagna elettorale. E, ti ripeto, sta avendo un successo molto trasversale. Anche perché io sono convinto che in Sicilia per poter cambiare le cose è necessaria una “rivoluzione liberale». Per l’appunto, liberali sull’economia, e di sinistra e democratici sugli strumenti di partecipazione.
Ritorno sul rapporto fra il Pd siciliano e il terzopolo: si candiderà ugualmente se il Pd e il terzopolo troveranno la quadra attorno ad una candidatura unica?
Se non si fanno nel Pd, con qualsiasi coalizione decide di allearsi, io sono candidato direttamente alle elezioni. Sono convintissimo delle primarie. Io, a differenza di Orlando, pongo un problema metodologico: una volta che mi sono autocandidato, voglio essere escluso dai cittadini. Se dovessi perdere, sosterrei il vincitore.
Ma il Pd ha paura che un “Renzi” in salsa palermitana possa vincere le primarie?
Io sono terrorizzato che Lupo, Cracolici o Lumia, possano dire: Faraone è il mio candidato. Io voglio candidarmi con la mia idea, con il mio progetto e su questo costruire consenso.
Avrà anche il sostegno di Renzi?
Se glielo chiedo sì. Noi stiamo creando un circuito nazionale che è minoritario nel partito ma è maggioritario fuori. Invito i miei colleghi a girare un po’ di più, ad ascoltare un po’ di più la gente.
E, qualora vincesse le primarie e poi, per dirla con Massimo D’Alema, le secondarie, da cosa ripartirà per risanare Palermo?
Palermo è una città che ha avuto negato tutto, ha avuto negato il mare. A Palermo ci sono 14 km di costa inutilizzati, ha avuto negato gli spazi culturali, ha avuto la possibilità di avere un’isola pedonale, di aver abbattuto l’inquinamento: ha avuto negato tutto. Intanto si possono fare tante cose “zero euro” soltanto con ordinanze: la chiusura del centro storico, l’affidamento del litorale ad associazioni che gestiscono le spiagge. Poi c’è la grande riforma della macchina burocratica, e l’introduzione della capitale privato nella gestione sia delle aziende pubbliche, sia degli spazi sportivi, sia degli spazi culturali. Il terzo polo ci sta su queste cose?
(Davide Faraone conclude la sua intervista, indossa un paio di Rayban ed esce insieme a noi per recarsi ad un appuntamento. Piccolo particolare: va via in scooter ed indossa il casco).