Il fronte bipartisan degli ex consiglieri siciliani vuole la doppia indennità

Il fronte bipartisan degli ex consiglieri siciliani vuole la doppia indennità

PALERMO – C’è chi taglia, e c’è chi non si accontenta. Il decreto anti-crisi prevede la soppressione delle province con meno di 300mila abitanti, la cui superficie complessiva sia inferiore a 3mila chilometri quadrati. Ciò farebbe saltare le province di Caltanissetta ed Enna. E allora che cosa fa il palazzo siciliano? Si ricompatta e alza gli scudi. «Faremo valere la nostra autonomia», minaccia il capogruppo all’Ars dei democratici Antonello Cracolici. Sulla stessa linea il presidente dell’Upi, il berlusconiano presidente della provincia di Catania, Giuseppe Castiglione: «Il piano che il governo ha varato è sbagliato: non raggiunge gli obiettivi, né di risparmio né di funzionalità».

In realtà il decreto Tremonti-Berlusconi farebbe saltare una buona parte dello “stipendificio siciliano”. La Sicilia, stando ad alcuni studi, sarebbe costretta a tagliare 1753 poltrone. Ad esempio, come scrive Emanuele Lauria sull’edizione palermitana di Repubblica, “l’articolo 14 prevede che il numero massimo dei consiglieri regionali sia uguale a 50 per le Regioni fra i quattro e i sei milioni di abitanti”. In sostanza l’assemblea regionale perderebbe 40 seggi; attualmente è il consiglio regionale più affollato con ben 90 consiglieri. E anche sull’articolo 14 il fronte siciliano, destro e sinistro, si ricompatta: «Ci si può fermare a 60», tuona il presidente del parlamentino siciliano, l’alfaniano Francesco Cascio. E l’assessore regionale all’economia Gaetano Armao, lombardiano doc, solleva alcuni nodi burocratici: «Si impone alla Regione di ridurre il numero dei consiglieri regionali, pena la mancata corresponsione di risorse. Ma per fare questo in Sicilia occorre una modifica dello statuto, dunque una norma di valore costituzionale la cui competenza finale non è nostra, ma del parlamento nazionale». E il pd Roberto De Benedictis rincara la dose: «È impossibile che un decreto legge superi quanto previsto dal nostro statuto che ha valore costituzionale». Insomma, tutti d’accordo.

Così mentre Roma e Palermo si scannano sui tagli, minacciando il taglio delle risorse sul federalismo l’una (Roma), e il ricorso alla Corte Costituzionale l’altra (Sicilia), sei ex consiglieri regionali siciliani, attualmente deputati e senatori della Repubblica, presentano un ricorso alla Corte dei Conti «per chiedere l’annullamento di una delibera dell’assemblea regionale siciliana che da gennaio vieta di cumulare l’indennità di parlamentare con la pensione maturata in regione». Anche questa volta il fronte siciliano che ha deciso di ricorrere alla magistratura risulta essere bipartisan: si va dall’ex plenipotenziario democristiano, Calogero Mannino, che risiede nel gruppo misto di Montecitorio, al senatore dem di Enna Vladimiro Crisafulli detto “Mirello”, passando per il miccicheano Salvo Fleres, e tre berlusconiani Alessandro Pagano, Giuseppe Firrarello e Sebastiano Burgaretta. In Sicilia il mantra delle larghe intese recita così: meno tagli per tutti!