Lo sanno anche i sassi: il mercato immobiliare italiano è in crisi. Il problema è che i prezzi non se ne sono accorti. E continuano a volare alto. Negli ultimi anni di recessione il mattone è sceso di pochi punti percentuali, come se le quotazioni delle case si trovassero in una realtà parallela. I fatti sono altri: i costruttori piangono, i proprietari aspettano tempi migliori e gli italiani ripongono nel cassetto il sogno di una casa di proprietà. Anche loro in attesa che passi ‘a nuttata.
«In un mercato sano, quando la domanda non aumenta i prezzi si abbassano. Ma in Italia l’offerta è molto rigida», spiega Luca Dondi di Nomisma, la società di studi che ha da poco pubblicato il suo Rapporto Immobiliare. In parole povere: chi non riesce a vendere, non ritocca il prezzo al ribasso. Semplicemente, aspetta. «All’inizio della crisi, nel 2008, l’Fmi aveva previsto per il nostro Paese uno sgonfiamento del mattone del 25-30%. La realtà è che il prezzo è calato del 10%».
Gli ultimi dati pubblicati da Nomisma parlano chiaro: nelle città il prezzo del mattone è praticamente fermo. A Roma un appartamento usato costa in media lo 0,8% in meno rispetto a un anno fa; -1% a Milano, -1,5% a Napoli, un misero -0,2% a Genova. Il ribasso è più marcato a Firenze dove i prezzi sono scesi del 3,3%. Ma in termini assoluti siamo a livelli astronomici. A Venezia un metro quadro – facendo la media tra case di pregio, centro, semicentro e periferia – è di 3.753 euro. Roma è a 3.542 euro e Milano a 3.500.
Numeri incredibili se letti insieme a quelli di Ance, l’associazione che riunisce i principali costruttori del Paese. Le compravendite nel primo trimestre 2011 sono crollate del -3,7% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, quando la crisi c’era e si faceva sentire eccome. E spostando la lente d’ingrandimento sui centri urbani si scopre una realtà molto variegata. A Roma il mercato si sta risvegliando, a Torino e Bologna il volume delle compravendite è in forte aumento. Mentre Milano, Napoli e Firenze sono ancora a livelli negativi. Si vende e si compra meno rispetto a dodici mesi fa.
«Nel mercato del mattone italiano la legge della domanda e dell’offerta vale zero», afferma Daniele Barbieri, segretario nazionale di Sunia, il sindacato nazionale degli inquilini. «La proprietà immobiliare in Italia è molto diffusa, quindi slegata dai grandi gruppi immobiliari. Un piccolo proprietario non può permettersi di abbassare troppo il prezzo. La verità – conclude Barbieri – è che da noi c’è un solo modo per fare l’affare: trovare un venditore che abbia urgenza di concludere». In questo gioco di strategia c’è una variabile molto importante ma sottaciuta. O, perlomeno, scansata dal dibattito. È quella delle case nuove e invendute. Quante sono? L’Ance giura di «non avere a disposizione» il dato. L’ultima cifra nota è di 120.000 immobili costruiti e ancora in attesa del primo compratore. Una stima pubblicata dalla Commissione Ambiente della Camera che a gennaio 2011 ha realizzato un’indagine conoscitiva sul mercato immobiliare. «Credo che sia una stima per difetto – commenta Dondi di Nomisma – e comunque, da gennaio ad oggi l’invenduto è sicuramente aumentato. Stando ai numeri di Ance, oggi siamo almeno a 150.000». Più diretto Barbieri: «Quella sull’invenduto è una stima che i costruttori preferiscono tenere per sé. Non è difficile capire perché. Se ammetto che c’è un grosso stock di immobili invenduti mando un segnale chiaro al mercato. E la conseguenza sarebbe l’abbassamento dei prezzi». In realtà è lo stesso sindacalista degli inquilini a concedere che«anche se la cifra reale dell’invenduto fosse 300.000, questo non basterebbe a influenzare in modo significativo l’andamento dei prezzi. Ma sarebbe comunque un elemento in più».
Resta un fatto: è molto più facile sapere quante sono le case sfitte (4,2 milioni, dati dell’Agenzia del territorio) piuttosto che le case invendute in Italia. E se è vero che a questi 4,2 milioni bisogna togliere le abitazioni semidiroccate, le seconde case e quelle che si tengono vuote per abitarle in un futuro, è anche vero che, sommate alle migliaia di case nuove di zecca e mai abitate, si potrebbe risolvere un problema grosso così: quello del diritto alla casa. Il rapporto Nomisma individua nella difficoltà di accesso al credito una delle cause della crisi immobiliare. Moltissimi italiani non hanno i requisiti per accendere un mutuo. Quindi a comprare casa non ci pensano neanche. Non va meglio con le locazioni, se la causa dell’85% degli sfratti è la morosità. «Sunia sta collaborando con diverse amministrazioni comunali: Firenze, Torino e, da quando è arrivato il nuovo sindaco Pisapia anche con Milano», spiega il suo segretario nazionale. Il principio è semplice: convincere i proprietari a mettere a disposizione i propri immobili sfitti o invenduti ai cittadini che ne hanno bisogno e che possiedono i requisiti. Chi garantisce sulla puntualità dei pagamenti e sul fatto che, a fine contratto, l’immobile tornerà a disposizione del proprietario? Il Comune. Con un fondo di garanzia «che potremmo mettere in piedi con i depositi cauzionali, come si fa in altri Paesi europei», propone Barbieri.
Nel frattempo la dinamica è chiara e ben pronosticabile. Quando la crisi finirà le gru torneranno al lavoro, si ricominceranno a costruire palazzine e villette «e a un eccesso di offerta si sommerà altra offerta. Che ad oggi, non si capisce come potrà mai essere assorbita», conclude Dondi di Nomisma.
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