PER APPROFONDIREAl quarto tentativo arriva la manovra meno peggio
Dopo un mese di annunci e contromosse, la manovra è stata approvata al Senato nella serata di oggi. Torna il contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 300 mila euro; ma anche l’aumento dell’Iva di un punto e dell’età pensionabile per le donne dal 2014. Ha molti limiti strutturali, ma è la manovra “meno peggio” di quelle presentate sinora. Come mai? Forse perché giovedì la Bce deciderà se e come continuare a comprare i titoli di stato italiani e a sostenere il nostro paese nella tempesta finanziaria
Anche i mercati votano: il governo vada a casa
Così non si può continuare. I mercati ce lo dicono ancora una volta: abbattendo i titoli in Piazza Affari e facendo volare lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi a livelli di guardia. Serve insomma una guida sicura e abbiamo trovato (purtroppo) assai attuale un editorale pubblicato da Linkiesta il 1 agosto. Le cose da fare sono (purtroppo) ancora quelle. Servono serietà, riforme, credibilità, sacrifici ben distribuiti. Cose che chiedevamo allora, e torniamo a chiedere oggi.
Lavoro e art. 18, senza serietà il governo scontenta tutti
Le modifiche all’articolo 18, come proposte dal governo, non servono. Aiutano forse chi vuole licenziare, ma non chi vuole crescere. Servirà infatti un accordo sindacale per ridurre la dimensione aziendale e in questo modo non si darà nessuna garanzia a chi vuole salire oltre la soglia dei 15 dipendenti. Inoltre, non affronta il vero nodo: il baratro salariale e di garanzie che divide i dipendenti dall’esercito dei collaboratori.
Ma perché a Tremonti dà fastidio tassare i veri ricchi?
Siamo al paradosso: veri ricchi chiedono di essere tassati di più ma si sentono rispondere di no. Negli Usa il governo sarebbe a favore ma il Parlamento a maggioranza repubblicana frena e l’opinione pubblica è fredda. Da noi sono invece il governo e Tremonti, che di lavoro faceva proprio il fiscalista dei miliardari, a non voler tassare i patrimoni e a non voler così cambiare il patto sociale fra ricchi e poveri che, assieme al patto fra Nord-Sud e a quello fra giovani e anziani, devono essere modificati per ragioni di equità e di crescita.
Il contributo di solidarietà non tocca i veri ricchi
La maggiore imposizione Irpef sui redditi da lavoro superiori a 90mila euro più che un “contributo di solidarietà” ha tutta l’aria di una tassa iniqua. Chi produce viene penalizzato ancora una volta a favore di chi vive di rendita finanziaria o immobiliare. Ma l’iniquità corre anche sull’asse centro-periferia e su quella intergenerazionale. Aumentando l’eta di pensionamento, per tutti e da subito, e con le opportune eccezioni per chi svolge lavori realmente usuranti, si potrebbe ottenere un risparmio di spesa immediato.
La patrimoniale? Sì, ma con una nuova classe dirigente
Pietro Modiano sul Corriere della Sera apre il dibattito: «L’emergenza è finanziaria, politica e civile: colpisce tutti. La responsabilità è quella di chi ha di più. Esercitarla significa essere disponibili ad assumere su di sé una quota di quella riduzione del debito pubblico che è la precondizione della crescita futura». A patto, aggiunge, che ci sia una nuova classe dirigente. Un tema che è un tratto distintivo per Linkiesta. Il dibattito è aperto.