«Ma che fate qui? Tutti dentro a votare!». Mancano pochi minuti alle 17 quando il delegato d’Aula del Partito democratico Roberto Giachetti si affaccia nel cortile di Montecitorio per richiamare i colleghi che fumano. La concitazione del deputato è giustificata. Mentre nell’emiciclo è in corso il voto sul Rendiconto generale dello Stato 2010, tra i banchi del centrodestra si registrano troppe assenze. Come previsto da Giachetti, il governo viene battuto. Per salvare l’Esecutivo non basta neppure la presenza del premier Silvio Berlusconi, accorso in Aula pochi minuti prima. Nella votazione sul primo articolo del provvedimento servono 291 Sì. Ma la maggioranza si ferma a 290.
Berlusconi lascia l’Aula visibilmente contrariato. Scortato da alcuni commessi si dirige verso la sala del governo mentre dagli scranni dell’opposizione si alza il grido «Dimissioni, dimissioni». Il presidente di Montecitorio Gianfranco Fini, data l’impossibilità di proseguire, aggiorna i lavori a domani. Non senza sottolineare le «evidenti implicazioni di carattere politico» del voto. Già, perché come ricorda qualche deputato in Aula, «è la prima volta dall’inizio della storia della Repubblica che il governo viene battuto in aula su un provvedimento del genere». Bersani taglia corto: «Ora Berlusconi si convinca ad andare al Quirinale».
In Transatlantico scoppia il caos. «Questo è un vero e proprio schifo» si lamenta un deputato berlusconiano. Che confida: «È accaduto quello che aspettavamo da tempo. Gli stessi beneficiari di Berlusconi adesso lo accoltellano alle spalle. Andate a vedere chi sono gli assenti». L’elenco di chi non ha partecipato al voto è sotto gli occhi di tutti. Sono 19 in totale. In aula non c’erano il ministro del Tesoro Giulio Tremonti, il leader della Lega Umberto Bossi (rimasto a parlare con alcuni cronisti fuori dall’Aula), ben 5 parlamentari di Popolo e Territorio. Soprattutto mancava il frondista Claudio Scajola, che pure aveva appena incontrato Berlusconi in un lungo faccia faccia a Palazzo Grazioli. «Evidentemente tra i due la trattativa è ancora in corso – ironizza un deputato del Pd – Non si sono ancora messi d’accordo».
L’impressione di tanti, all’interno della maggioranza, è che si sia trattato di un agguato. «Ma quale incidente di percorso?» spiega un parlamentare del Pdl. «Eravamo stati tutti avvertiti. Preallertati da giorni. Si sapeva che questo era un voto importante». Il sottosegretario all’Economia Bruno Cesario stringe in mano la lista dei deputati che hanno disertato il voto. Santo Versace, appena uscito dal Pdl, lo prende in giro. «Che fai, conti gli assenti?». Molti di questi sono effettivamente in odore di fronda: Antonio Martino, Gianfranco Miccichè. Manca persino il “re dei responsabili” Domenico Scilipoti.
Concretamente il governo non rischia molto. Alcuni parlamentari d’opposizione spiegano che le parti del provvedimento bocciate dalla Camera possono essere reintrodotte con un emendamento. E di «problema tecnico risolvibile» parla anche il premier Berlusconi. «Ma politicamente la maggioranza è a pezzi» sorride un deputato democrat. Vicino a lui il presidente Pd Rosy Bindi commenta le defezioni della maggioranza. «Hai visto? – chiede a un collega – anche quello è uno Scajoliano».
I deputati del Pdl insorgono contro Tremonti. Nunzia De Girolamo siede su un divanetto vicino ad Alessandra Mussolini. Quando arriva l’ex finiano Andrea Ronchi si sfoga: «Tremonti non c’era, è gravissimo». A sentire un dirigente del gruppo parlamentare berlusconiano è un’assenza particolarmente grave perché – nonostante risultasse ufficialmente in missione – il ministro dell’Economia era a Montecitorio. «E il fatto che non si presenti in Aula nemmeno per un suo provvedimento la dice lunga sul personaggio…». Un fedelissimo del Cavaliere solitamente disponibile a indiscrezioni stavolta non parla. «È sempre la solita storia. Bossi e Tremonti. Evidentemente nell’agenda di questi signori certe votazioni non sono importanti». Poi lo sfogo: «Nel mio partito è pieno di gente che sta già pensando al voto. Ormai siamo divisi in tre, quattro gruppi».
Intanto a Montecitorio scoppia un caso. Si sparge la voce che il presidente Fini sia a colloquio con il capo dello Stato Giorgio Napolitano, giunto appositamente alla Camera. In realtà il presidente della Repubblica era a Palazzo per partecipare alla presentazione di un libro. Un impegno già programmato da tempo. Ma è chiaro a tutti che l’incidente di oggi avrà ripercussioni politiche. L’esame sul ddl intercettazioni – in programma domani – salta. Il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto non nasconde la questione: «Il governo – dice – dovrà rendersi disponibile a un confronto politico e verificare se abbia ancora la fiducia in Parlamento».