I frondisti Scajola e Pisanu ora contano le truppe

I frondisti Scajola e Pisanu ora contano le truppe

«Arzilli democristiani», «una minaccia seria nell’arte di pugnalare alle spalle, sono democristiani», come ritiene Vittorio Feltri, o solo «due cani da guardia che abbaiano, ma non mordono» come pensano quelli del cerchio magico di Silvio Berlusconi?

Claudio Scajola e Beppe Pisanu, due ex ministri, l’uno caduto in disgrazia per la casa a sua insaputa, l’altro quasi parcheggiato alla commissione Parlamentare Antimafia, lanciano i loro avvertimenti e tornano sulla scena incutendo timore per la tenuta della maggioranza, e li stanno mettendo anche nero su bianco in un documento per ora più o meno riservato. 

Pisanu non usa le mezze misure: «Questo governo non è in grado di reggere il peso enorme della crisi economica e sociale ». Per molto meno Gianfranco Fini fu cacciato dal Pdl. Altri tempi, altri numeri. Scajola più cauto rimarca di «muoversi alla luce del sole», di voler procedere per gradi. L’obiettivo è «aprire alle forze migliori, allargare la maggioranza alle altre forze moderate del centrodestra». Per Berlusconi una specie di ultimatum: «è bene che la nuova fase venga aperta da Berlusconi, altrimenti passi la mano per completare la legislatura». Tradotto se ci sarà un no sul documento preparato degli scajolani contenente quattro emendamenti al decreto sviluppo, addio Berlusconi e al via una fase di transizione con l’Udc.

Ecco la tenaglia Scajola-Pisanu. I due hanno recuperato un drappello di deputati e senatori pronti a fare lo sgambetto a Silvio Berlusconi. Peones in cerca d’autore, all’incirca una ventina, conquistati in cene e colazioni in trattoria, che chiedono di rottamare questo governo e farne uno nuovo con l’appoggio dell’Udc, motivati dalla consapevolezza di non essere rieletti alle prossime elezioni. Perché in caso di voto anticipato il Pdl perderebbe circa 120 deputati e di certo a loro “toccherebbero solo le briciole” ammette uno dei frondisti. Meglio lanciare l’allarme, meglio provarci. Tanto più che se riescono nell’impresa di scalzare Silvio Berlusconi. Saranno osannati e avranno la poltrona.

Ecco chi sono alcuni dei malpancisti in cerca di salvezza. Ci sono i berlusconiani della prima ora arrivati dalla Toscana di Denis Verdini. Come il senatore Paolo Amato, entrato nel partito di Berlusconi nel lontano 1996 e amico, ai tempi del cenacolo di Spadolini, dell’allora giovane Denis. Insieme a lui, nella fronda di Pisanu, a sorpresa anche il senatore Massimo Baldini. Arrivato a palazzo Madama dal 1992 con il Partito socialista, ha poi aderito a Forza Italia ed è uno dei legali di fiducia di Silvio Berlusconi. Vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, dal 2007 è presidente nazionale dei Circoli dell’Opinione e dal 2010 è presidente dell’associazione Cambiare l’Italia.

Tra i primi ad aderire al progetto liberale di Forza Italia e ora pronti a mollare anche il medico Roberto Antonione, ex coordinatore nazionale di Forza Italia dimessosi proprio per una frattura con Claudio Scajola, e il sardo Salvatore Cicu, sottosegretario alla difesa dei primi governi Berlusconi.

Ci sono poi quelli che Berlusconi lo conoscono bene anche per altre vicende. Come Massimo Berruti, deputato sessantaduenne siciliano, ex ufficiale della Guardia di Finanza, ex commercialista ed anche ex consulente Fininvest, con un po’ di condanne alle spalle: a otto mesi, gia’ passata in giudicato, per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza, e un’altra non ancora definitiva e a rischio di prescrizione, a due anni e dieci mesi, per riciclaggio, nel processo per i diritti televisivi e sui fondi neri Mediaset.

E poi due uomini del nord-est non leghista. Da un lato il senatore Paolo Scarpa Bonazza Buora, imprenditore agricolo veneto, presidente della Commissione Agricoltura del Senato, folgorato sulla via della Coldiretti, dapprima si era infatti dichiarato a favore degli Ogm per poi arrivare “alla convinzione non ideologica che fanno male all’economia agricola italiana, alla sua identità”. Dall’altro Giuseppe Saro, meglio noto come Ferruccio. Il senatore e agronomo friulano che non ha mai nascosto le sue opinioni, nemmeno quando non erano in accordo con la posizione ufficiale del Pdl. Lui, amico di Beppino Englaro, si è sempre schierato sulla necessità del principio dì autodeterminazione in merito al testamento biologico.

E ancora due liguri, Roberto Cassinelli e Franco Orsi. Cassinelli per tre volte consigliere comunale di Genova del Partito Liberale, tra i fondatori di Forza Italia in Liguria, uno dei deputati più attenti all’innovazione e alla rete e Franco Orsi, giovane senatore savonese, una vita in politica consigliere comunale nel lontano 1985, eletto al senato nelle fila del Pdl dal 2008. «In questi quindici giorni si deve decidere il progetto di fine legislatura, cose da fare. La priorità è licenziare un buon decreto di sviluppo economico e verificare se ha un senso proseguire la legislatura e realizzare riforme. Quindici giorni sono una deadline di buon senso» fa sapere Orsi. E se gli nomini il fuggiasco Santo Versace, Orsi non ha dubbi: «Mi chiedo come si possa dare un contributo andandosene così, ci fossero stati con lui altri trenta magari si cambia qualcosa». I numeri contano. Per andarsene e soprattutto per restare.

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