Elena Panaritis è una parlamentare del Pasok, il partito socialista alla guida della Grecia nella bufera finanziaria. 42 anni, economista con un curriculum internazionale, ha lavorato per anni alla Banca mondiale, parla sei lingue, ed è autrice del testo “Prosperity Unbound” (Palgrave Macmillan). Alla fine di settembre The Guardian ha pubblicato un suo editoriale, intitolato “La Grecia non dovrebbe essere costretta ad agire da sola”, dove si legge che “quasi come un canarino in una miniera di carbone, la crisi in Grecia è diventata un avvertimento non solo agli altri membri dell’eurozona, ma anche ai paesi con un alto rapporto debito/Pil.”
E l’immagine del povero canarino nella miniera satura di gas ritorna nell’intervista che la Panaritis ha concesso a Linkiesta. La parlamentare socialista parla con la grinta di chi vede il proprio Paese messo alla berlina internazionale. Parla senza fare sconti a nessuno: né a un’Europa troppo riluttante, che “deve decidere cosa fare”, né a chi pensa che la “crisi greca” sia, appunto, solo un problema greco.
L’economia è un disastro, ma quali sono ora le previsioni?
Le previsioni sono abbastanza cupe. Siamo sperimentando una dura recessione, ma contiamo di avere, se i programmi saranno rispettati, un avanzo primario in qualche momento nel 2012. Comunque è tutto ancora piuttosto complicato. È una situazione impegnativa: abbiamo molta disoccupazione, il rapporto debito/Pil è oltre il 158%. Non è certo una situazione molto rosea, ma le cose miglioreranno…
Il governo greco ha annunciato il taglio di 30mila dipendenti pubblici. Si tratta di una nuova, difficile misura. Come riuscirà il governo a persuadere i greci che misure così draconiane sono necessarie ?
Se lei viene in Grecia vedrà e vivrà ogni giorno la recessione. Non serve molto per far capire che si dovranno fare delle riforme, non è necessaria troppa opera di persuasione. La misura a cui lei si riferisce è una delle tante misure che stiamo prendendo e che continueremo a prendere. Il problema con il settore pubblico non è solo che ha tantissimi dipendenti, ma che un’intera base economica è molto legata al settore pubblico. Più del 50% del Pil dipende dal settore pubblico, così tagliare posti pubblici non è fine a se stesso, ma è parte di una riforma organica del modo in cui facciamo business.
Michalis Chrysochoidis, ministro dello sviluppo e della competitività, ha recentemente dichiarato che il governo greco è “completamente solo, nelle politiche di riforma. L’opposizione conservatrice vorrebbe poter ritrattare le condizioni dei crediti ricevuti. E la sinistra vuole uscire dall’Unione europea.” È vero? Il governo greco è solo?
Non è vero, il 70% delle leggi e delle riforme varate dal governo greco sono state votate anche dalla Nuova Democrazia [il partito conservatore], però è vero che la retorica del signor Samaras [il leader della Nuova Democrazia] è, diciamo, molto caustica. Votano le leggi ma poi ne parlano male, e questo non è un atteggiamento molto buono, perché alla fine non aiuta l’implementazione delle riforme. Forse Michalis Chrysochoidis cercava di dire che si tratta di un compito difficile, e che alla fine dobbiamo essere noi socialisti, che abbiamo la maggioranza di governo, a trovare la soluzione. Dobbiamo, e vogliamo, e abbiamo fatto tutto il possibile per lavorare con gli altri partiti. Generalmente lavoriamo bene con loro, però sembra che il leader della Nuova Democrazia Samaras appartenga un poco di più alla politica tradizionale, dove c’è bisogno, per chi non è al governo, di criticare. E quindi i membri della Nuova Democrazia votano e poi criticano, perché hanno imparato a fare politica così…
In Italia i media tradizionali si occupano sempre meno della “crisi greca”. Qual è la sua opinione a riguardo ?
L’Italia si trova nella condizione che i suoi bond a dieci anni rendono piu di 6%. Noi con questi dati siamo entrati nel programma di sostegno del Fondo Monetario Internazionale e della Troika. Ogni mattina io leggo i giornali italiani, e della crisi economica si parla sempre a pagina 10. Questo vuol dire che la gente è in uno stato di rifiuto, e trovo ciò molto pericoloso…
Quindi lei è preoccupata per l’Italia ?
Io sono preoccupata per tutta l’Europa. E sono molto più preoccupata quando vedo che tutti i nostri partner stanno facendo un gran dramma per la Grecia ma non vedono ciò che sta succedendo a loro, a tutta l’Unione Europea, all’intero sistema finanziario dietro l’euro. Io penso che in parte si tratti di rifiuto, e in parte di rabbia…
Tuttavia c’è forse chi, con la crisi, ci ha guadagnato. Grazie all’euro debole l’export tedesco è diventato ancora più competitivo, e i capitali in fuga dai Piigs si rifugiano proprio in Germania.
Si è trattato di un guadagno a breve termine. A molto breve termine. Certo, la Germania ci ha guadagnato, ma ora c’è un trend negativo che non farà bene neanche ai tedeschi. È molto importante far capire a tutta la famiglia europea, che vuol dire questa maledetta crisi economica, qual è il suo impatto quotidiano.
Come giudica la crisi greca rispetto alle crisi che ha conosciuto quando lavorava alla Banca Mondiale come specialista di riforme strutturali?
La nostra è una situazione molto difficile, perché non c’è piena consapevolezza della crisi nell’Unione europea. Si sa che qualcosa di difficile sta accadendo, ma già il fatto che nei giornali italiani la questione è in fondo, è un problema. C’è una sottovalutazione della crisi, se vogliamo, e una sopravvalutazione di chi sia il responsabile.
E la sottovalutazione della crisi è una delle cause dell’inerzia europea, che certo non piace ai mercati.
Quando i mercati temono la stessa cosa, e fanno toccare il 6% ai titoli di Stato italiani, fanno crescere il rendimento di quelli francesi, domani magari anche di quelli tedeschi, allora non si può incolpare al 100% gli speculatori. Gli speculatori ci sono perché hanno spazio. Approfittano di una situazione. I mercati lavorano come la natura: se un campo non viene coltivato, presto vi cresceranno delle erbacce.
Gli speculatori attaccano i più deboli. Come i lupi, che colpiscono, in un branco, gli animali più deboli.
Ecco! Perché dobbiamo essere deboli ? È un paradosso. Il punto è che l’euro è una moneta molto più forte del dollaro e dello yen, ma dove è la capacità degli europei di reagire ? I mercati stanno cercando di reagire, stanno reagendo a una sorta di aggiustamento, di correzione.
La Grecia è diventata un termine di paragone negativo, soprattutto in Germania, e in generale nei Paesi del nord Europa, dove i Piigs sono visti con profondo disprezzo.
Io penso che la Grecia sia stato un canarino nella miniera di carbone. L’ho scritto nel mio articolo su The Guardian… Comunque è interessante, dicono che abbiamo delle politiche populiste che ci bloccano dove siamo, e noi accettiamo questo giudizio. Ma io penso che la ragione delle nostre politiche populiste sia la storia. E oggi ogni greco paga sei volte in più di ogni altro cittadino occidentale in termini di difesa, perché stavamo a sud del blocco sovietico e vicino alla Turchia, e contribuivamo alla Nato cinque volte più di ogni Paese.
Dunque i tedeschi avrebbero una memoria corta…
È una cosa molto umana, tutti hanno memoria corta. Ma alla fine per favore non si venga e dire che noi siamo populisti. Quello che sta succedendo in Germania e in molti altri paesi europei é anche populismo: siamo un paese democratico con un parlamento e con partiti politici come tutti gli altri paesi europei. Le decisioni politiche tengono in conto la volontà del popolo.
Lei è ottimista ?
Io sono ottimista sul futuro della Grecia perché conosco i greci. I prossimi tre, cinque anni saranno anni difficili, però saranno degli anni che modernizzeranno la Grecia, e faranno cambiare in meglio il modello economico che usavamo. E veramente credo che si tratta di un’opportunità grandissima per noi…
Lei definisce la crisi un’opportunità ?
Ovviamente. Completamente. È il momento migliore per cambiare.