«Monti? Lasciatelo lavorare». La risposta concessa da Silvio Berlusconi agli intervistatori è il termometro di un mutato atteggiamento del Pdl nei confronti dell’attuale esecutivo. Sono ormai alle spalle le battute rilasciate alla riunione del gruppo Pdl al Senato («Pronti a staccare la spina al governo in qualunque momento»), che tradivano una certa debolezza politica del leader del centro destra. Sono alle spalle anche le forti irritazioni di chi riteneva i ministri tecnici pescati per lo più a sinistra, con il risultato di aver costruito una sorta di “Ulivo in serra” mescolando uomini da sempre espressione del Pd come Piero Giarda, figli di storici esponenti del Pci come Fabrizio Barca e uomini palese espressione delle gerarchie vaticane come Lorenzo Ornaghi e Andrea Riccardi.
Il motivo? È presto detto. Poiché la stagione del governo tecnico è in realtà il ritorno della politica vera, nella nomina dei sottosegretari è avvenuto un “riequilibrio” tale da soddisfare il centrodestra. Certo, un ministro vale dieci sottosegretari, ma le deleghe andranno comunque affidate e ora i principali collaboratori di Mario Monti hanno dei “cani da polpaccio” graditi al centro destra. Vediamoli, anima per anima del Pdl.
La gamba rotta non ha impedito a Giulio Tremonti di spingere per la collocazione del suo candidato a Bankitalia nel ruolo di vice ministro con delega all’Economia. Lo stesso vale per Maurizio Sacconi, l’ex ministro del Welfare che si era battuto con energia perché Berlusconi non rassegnasse le dimissioni e poi perché il Pdl pretendesse elezioni anticipate, era rimasto non poco seccato per la nomina della sinistrorsa della cognata di Enrico Deaglio, la ministra Fornero. Ma anche Sacconi ha avuto compensazione con la delega al Lavoro per Michel Martone, suo collaboratore al ministero gradito anche a Stefania Craxi, visto che Martone è presidente del comitato economico della fondazione Bettino Craxi. Con uno dei suoi amici più fidati e di lunga data può dirsi soddisfatto anche il capogruppo Pdl a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto: Gianfranco Polillo, ex dirigente di palazzo Chigi e uomo-macchina della fondazione Riformismo e Libertà, indicato all’Economia, è uomo di provata fede. Socialista. Il presidente del Senato, Renato Schifani, non è rimasto estraneo all’indicazione di nominativi. Non è un caso quindi che il vice segretario generale di palazzo Madama sia capitato come sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento.
Renato Brunetta non ha certo osteggiato l’indicazione del suo capo di gabinetto al ministero, Filippo Patroni Griffi, quale suo successore al dicastero della Funzione pubblica. Lo stesso vale per Ignazio La Russa: alla Difesa è finito, guarda la coincidenza, il suo ex capo della segreteria, Filippo Milone.
Gianni Letta ha visto di buon grado l’indicazione dell’amico Giovanni Ferrara, ex presidente del tribunale di Roma, come sottosegretario all’Interno e certo non potrà dirsi scontento Claudio Scajola: per un suo ex collaboratore, Carlo De Stefano, c’è la delega alla Pubblica sicurezza.
E se, giunti a questo punto, al di là delle grida manzoniane di qualche esponente pidiellino proveniente da Alleanza nazionale, anche il Pdl lavorasse convintamente perché Monti resti a palazzo Chigi fino al 2013?