Post SilvioFinmeccanica e gli altri: aboliamo il familismo

Finmeccanica e gli altri: aboliamo il familismo

In Italia, ogni volta, torniamo al punto di partenza. I cicli politici e i blocchi di potere si sgretolano, rivelando la radicata e nefasta abitudine a dare incarichi, consulenze, remunerazioni ad amici, parenti e famigli. Il caso più emblematico, in questa fase da “fine impero”, è rappresentato dallo scandalo (e dai pessimi risultati operativi) che stanno travolgendo Finmeccanica, fiore all’occhiello delle partecipazioni statali e dell’industria italiana. La storia ormai è nota: alla guida della Selex, società di servizi integrati controllata al 100% da Finmeccanica, sta Marina Grossi, moglie del presidente di Finmeccanica stessa Pier Francesco Guarguaglini. La Grossi è in carica dal febbraio del 2005, è indagata da un anno, e appena l’altro giorno ha ribadito la propria volontà di resistere in carica, anche adesso che il capo-azienda – e capo-famiglia – Guarguaglini l’ha raggiunta nel registro degli indagati. Il caso-Guarguaglini è il più evidente e palese evidente di familismo italiano, e merita di essere preso a (cattivo) esempio, a prescindere dall’evoluzione giudiziaria di uno scandalo che si ingrossa ed entra nel cuore del sistema politico italiano.

Non è infatti accettabile che la nomina di un consorte ai vertici di un’azienda controllata dallo stato diventi un caso solo quando si muove la magistratura. Non è pensabile che in futuro situazioni del genere si ripetano nell’indifferenza complessiva. Non è purtroppo realistico credere che, il caso della famiglia Guarguaglini, sia unico e isolato nel vasto mondo delle partecipazioni statali. Del resto, proprio l’ampio coinvolgimento tri-partisan delle forze politiche, nella vicenda, conferma l’ampio “consenso” di cui gode la gestione relazionale di queste grandi società: controllate dallo stato, ma quotate in borsa.

Mario Monti, un uomo di mercato alla guida di un governo di tecnici e studiosi, ha la possibilità e forse il dovere di operare una cesura profonda, con il passato. Ieri ha giustamente invitato Guarguaglini a trarre in fretta le conclusioni dalla situazione che si è creata. Da oggi può invece agire in modo netto per il futuro: introducendo nuove regole che impediscano a situazioni come queste di venire in essere. Ponendo regole chiare sugli incarichi – non solo dirigenziali, ma anche consulenziali – che vengono affidati a parenti di amministratori e dirigenti. Rendendo la “pratica” molto difficile e imponendo l’obbligo di dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che si sia scelta la persona migliore e più competente. Siamo ai principi base della meritocrazia, che devono iniziare davvero a valere per tutte le aziende a partecipazione pubblica: dall’ultima municipalizzata su su fino ai colossi nazionali dell’energia o delle armi.

Si dirà che i partiti che sostengono il governo tecnico sono parte del problema, visto che in proporzioni diverse tutti hanno beneficiato – secondo le ricostruzioni della procura – del sistema. Proprio per questo, tuttavia, non potranno sottrarsi a un riforma rigorosa, netta e chiara del sistema delle partecipazioni e della loro gestione.
È facile liquidare questi auspici come parte di un libro dei sogni destinato a rimanere tale. E invece no. È arrivata l’ora, ed è questa, di decidere se vogliamo finalmente diventare un paese serio. Il momento è quello giusto. Il governo, probabilmente, pure. Procediamo al più presto, Professor Monti.  

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