Sul cruscotto ha un iPhone. «Per tenermi sempre aggiornato sul mondo», dice. Nicola Virzì, 42 anni, fa il camionista, ma è più conosciuto come videomaker del Movimento 5 Stelle. Così come è più famoso di lui il suo soprannome d’arte: Nik il nero («mi chiamano così perché fin da ragazzino mi vesto sempre di nero. Ho una collezione di oltre cento Fruit tutte uguali e tutte nere. E poi ho capelli e occhi neri, e sono scuro di carnagione».
«Ho da sempre una grande passione per la telecamera», spiega, «e quindi ho pensato di rendermi utile con qualche video. Avrei voluto fare il videomaker di professione. Ci ho anche provato per cinque o sei mesi, ma non tiravo su abbastanza soldi, e così sono dovuto tornare a fare il camionista. Il primo video che girammo col gruppo fu sul detersivo alla spina. Poi ne abbiamo fatti tantissimi di denuncia; direi ormai circa 350. Il 60% sono finiti dal mio canale YouTube direttamente sul blog di Beppe Grillo, che li apprezza molto».
Le denunce filmate di Nik il nero hanno aiutato il movimento a crescere, e il suo canale YouTube, aperto il 9 luglio 2008, ha 1.403 iscritti, con i video che hanno totalizzato oltre due milioni e centomila visualizzazioni. Nik lamenta molti tentativi d’imitazione. Quello che lo ha fatto più arrabbiare è la scopiazzatura di una sua idea da parte del team di Nichi Vendola, per le regionali. «I nostri video», racconta, «sono un modo economico ed efficace per comunicare. Sono facili da guardare e spesso anche belli. Un sistema per fare informazione anche con un po’ di ironia. Ironia che abbiamo conservato quando si è trattato di preparare lo spot elettorale nel 2010. Abbiamo messo una ragazza, che rappresentava l’Emilia-Romagna, sul tavolo operatorio. Vendola ha copiato l’idea per la Puglia e io mi sono un po’ incazzato. Ho chiamato il suo regista e quello si è messo pure a insegnarmi il mestiere. Faceva l’offeso. “Ma ragazzi, come potete paragonare i due prodotti? Credete di fare un video in tre minuti? Noi ci abbiamo messo dei giorni tra ripresa e montaggio ed è costato ventimila euro!”. A noi era costato tre euro; i tre euro della cassetta! Questo mi ha dimostrato per l’ennesima volta la differenza tra noi e tutti i partiti. È fondamentale capire che la politica si può fare anche con poche risorse economiche. Grazie all’economia umana. Che vuol dire far sentire motivate le persone. Così lavoreranno anche non per i soldi».
Confronta a pagina 2 lo spot del Movimento 5 Stelle con quello di Vendola
Lo spot del Movimento 5 Stelle
Lo spot di Nichi Vendola
Che i partiti tradizionali copino il Movimento è cosa certa per molti attivisti. L’altro grande accusato è il sindaco di Firenze Matteo Renzi che, per il suo big bang, avrebbe – secondo i grillini – fatto man bassa nel loro programma, scegliendo fior da fiore, soprattutto fra i temi della legalità in politica e del numero massimo di mandati elettivi (che lui porta però a tre, non a due come il Movimento 5 Stelle; altrimenti si sarebbe autorottamato). E alle Invasioni barbariche il consigliere regionale Giovanni Favia glielo ha rinfacciato, come si vede nel video qua sotto: «Quando certe cose le dice Beppe Grillo, è un demagogo; quando le dice Renzi, è un eroe e va sui giornali. Noi ci bollano di antipolitica, lui no». E ha avuto come risposta: «Beppe Grillo lo seguivo da fan. Andavo ai suoi spettacoli da comico. Mi è rimasta impressa un po’ di incoerenza. C’era uno spettacolo in cui Beppe Grillo finiva spaccando un computer, dicendo che la rete avrebbe ridotto tutti noi a degli automi. Ora Beppe Grillo è stato tanto intelligente da sostenere tre anni dopo esattamente il contrario, cioè che la rete è il futuro, tanto è vero che è il principale blogger italiano e uno dei primi dieci al mondo.».
Giovanni Favia è considerato politicamente fotogenico e viene spesso invitato in tv. Nik il nero della tv non ha una bella opinione. «La odio quanto la carta stampata. Non mi sembrano mezzi veritieri. Salvo solo i giornalisti che scrivono per tre euro a pezzo, ma non i redattori, che stanno al caldo e tirano i fili dell’informazione. Sono andato due volte ospite da Santoro, quando ancora era in Rai e faceva Annozero (dopo che avevamo esposto un cartellone “Napolitano dorme” e la Digos ce lo aveva strappato) ma sono rimasto molto deluso. In tv tutto è falso. Solo internet è genuino. Ti parlo solo perché sei di un giornale online, se no mica ti parlavo. Se dici le cose vere, bene. Se dici il falso, o qualcosa di sbagliato, entro cinque minuti sul web hai 50 commenti che ti massacrano. Spero che entro 5/10 anni la “carta da bar”, come io chiamo i giornali, scompaia. Solo così ci sarà più verità. Sarebbe già spartita se quei gran paraculi non avessero trovato mille modi di finanziarsi a spese della gente».
Anche sul movimento (sua moglie, Serena Saetti, è una dei sedici consiglieri eletti nei quartieri) e sul panorama politico italiano ha una visione non a mezze tinte: «Tra noi attivisti non è tutto rose e fiori. Più si va avanti e più ci sono discussioni, anche aspre, come nelle migliori famiglie. Se i consiglieri, per esempio, non lavorano bene, noi li critichiamo, anche scornandoci. Le battaglie fanno male, ma vanno combattute. Non bisogna sedersi mai. Quanto alle elezioni politiche, non so se siamo pronti o no. Di certo loro – i partiti – sono autodistruttivi, sia a destra che a sinistra. Ma dobbiamo fare attenzione: forse è caduto il tumore Berlusconi, ma la politica italiana è tutta in metastasi».
Il ruolo di internet per un movimento politico nato come una costola da un blog di grande successo, resta indubbiamente centrale, basta guardare quanto Grillo è stato più cercato di Silvio Berlusconi e di Pierluigi Bersani sul web e la differenza di contatti tra il suo blog (su cui poggiano anche le pagine del Movimento) e i siti di Pdl e Pd.
Quanto internet sia importante per il Movimento, oltre ai freddi numeri e ai video di Nik il Nero, lo testimonia la storia di Nunzio Diana, calabrese di Saracena (Cosenza), ora consigliere comunale a Castenaso (➲geolocalizza), comune del Bolognese ad appena 14 chilometri dalle due torri.
«Qualche mese prima delle elezioni del 2009 ho inserito il mio indirizzo in una mailing list sul blog di Beppe con la mia disponibilità a candidarmi. A fine aprile arriva una mail di convocazione. Vado all’appuntamento ed eravamo in dieci! Dieci ragazzi di Castenaso che, come me, avevano mandato la mail. E nessuno di noi si conosceva! Ognuno aveva agito da solo, davanti al pc, nella sua stanzetta. Dieci persone in un paese di 14 mila abitanti! Si dovette cercare qualcun altro per arrivare al numero minimo necessario per presentare una lista e poi io fui scelto come candidato sindaco. Più che altro perché gli altri non volevano: alla fine era un bell’impegno…».
«La grossa difficoltà è stata raccogliere le firme, perché nessuno, né tra i consiglieri del Pd né tra quelli del Pdl, ci dava una mano come certificatore. I banchetti sono inutili se non c’è un pubblico ufficiale che certifica le firme. Solo dopo che siamo riusciti a far uscire un articolo critico sul Resto del Carlino ci ha aiutato uno dell’Udc e poi hanno fatto a gara i partiti maggiori di maggioranza e di opposizione, per far vedere quanto erano democratici».
«A Castenaso non abbiamo un MeetUp. Sono venuti a darci una mano alcuni militanti di Bologna. Abbiamo fatto pochi voltantinaggi, pochissimi manifesti, molti post sul sito, che ora però funziona a corrente alternata perché ci vuole tempo. Abbiamo speso per la campagna elettorale 300 euro e organizzato una salsicciata. Abbiamo preso l’11,80%: 1.043 voti e due seggi in consiglio».
«La politica mi ha portato molti litigi in famiglia, con la mia compagna. Avevamo da poco avuto un figlio e il Movimento mi porta via molto tempo. Lo faccio con entusiasmo ma ci sono anche momenti di scoramento. Non mi aiuta nessuno, vorrei che la gente fosse più coinvolta. Alle regionali sono stato il primo dei non eletti in provincia di Bologna, ma sono contento del lavoro svolto in comune. Stiamo ottenendo risultati meravigliosi. La crisi ci ha dato una grossa mano. Ha messo il Pd, qui egemone, nella condizione di non poter più difendere l’indifendibile. Prima avrebbero cementificato tutto e dato tutto ciò che è pubblico in gestione ai privati».
Guarda un video di un comizio di in piazza di Nunzio Diana, in cui attacca il Pd perché «ha messo nel programma la green economy ma costruisce inceneritori e tangenziali».
«Addirittura», prosegue Nunzio Diana, «alcune nostre proposte sono state approvate col voto della maggioranza. Appena due anni fa era impensabile un atteggiamento del genere. È stato votato sia l’utilizzo negli asili dei pannolini lavabili che dei piatti lavabili. Pensate che il Comune aveva acquistato le lavastoviglie ma non le usava e inquinava con migliaia di piatti di plastica ogni anno. Siamo il cane da guardia, insomma. Quando succede qualcosa che prima era ineluttabile, noi rompiamo le scatole e protestiamo e facciamo uscire comunicati stampa di fuoco che finiscono sui giornali e su internet finché non sono costretti a trovare una soluzione».
«Nel mio Comune è capitato che, per la prima volta nella storia, sono rimasti fuori dagli asili nido circa una quarantina di bambini. Il sindaco ha detto che “su 15 mila abitanti, 40 famiglie erano un danno accettabile”. L’opposizione di centrodestra ha accettato la cosa. E prima sarebbe finito tutto lì. Noi abbiamo fatto il diavolo a quattro con i comunicati stampa e portato i 42 bambini e gli ottanta genitori a sorpresa in consiglio, e il sindaco non ha più potuto dire che era un danno accettabile. Ha dovuto trovare una soluzione e l’ha trovata. A volte fanno dei guai perché sottovalutano un problema. Noi siamo lì affinché nessun problema della cittadinanza sia sottovalutato. Su queste cose riusciamo a trovare assieme a loro soluzioni di buon senso. Su altre, è inutile parlare. Su Hera, la multiservizi, non si può aprire bocca, che impazziscono. È come bestemmiare in chiesa».
«Ora abbiamo imparato un trucco. Prendiamo delle cose che ci piacciono già realizzate da qualche altra giunta di centrosinistra, magari a trenta chilometri di distanza. La ripresentiamo pari pari. Loro ci attaccano, ci dicono che non sta né in cielo né in terra, ci richiamano alla realpolitik, ci dicono che sono voli pindarici. Allora diciamo “Ma come? L’ha fatto il vostro compagno taldeitali in quel tale paese” e li mettiamo in crisi. Gli fumano gli orecchi. Non possono più dirci di no. O devono motivarlo. Non basta più dirci che sono castronerie populiste che ci ha messo in testa Grillo, mentre lui in realtà è ricco e ci ha la barca. Muoiono di gelosia perché stiamo captando e catturando simpatie tra il loro elettorato».
Nunzio Diana lamenta i tagli ai costi della politica, fatti dal basso invece che dove i privilegi ci sono davvero. «Non ci sono risorse. Prendo 20 euro lordi a consiglio, il che vuol dire 30/40 euro al mese. E ora ci hanno tagliato i permessi! Così uno come me che lavora, quasi non ha il tempo per studiare bene le delibere».
«Il compito del nostro Movimento è far capire alla gente che deve occuparsi di politica. Io lo faccio col mio esempio. Dico “Guardate me, e fatelo anche voi. Ho paura del futuro come voi, mi ha quasi lasciato la compagna per l’impegno in politica, ma il tempo e la voglia li trovo sempre!”». Anche lui, come tutti, ha le sue preoccupazioni per come il Movimento sta evolvendo…
«Non abbiamo organismo direttivo; nessuno che ci controlla. Gli scambi a volte sono frenetici, centinaia di mail, molte polemiche e discussioni. Però sentirsi un vero gruppo è esaltante, anche se ci sono dissidi, episodi di scontro duro, presunti editti. Ma sono incidenti di percorso inevitabili…»
«C’è la tentazione di capitalizzare la crescita, ma il timore che per farlo si metta in moto una macchina che finisca per trasformarci in un partito. In fondo il bello del Movimento era che ti candidavi a sindaco mandando una mail e ti trovavi con altri dieci sconosciuti – in un paese di meno di 15 mila anime! – che avevano fatto lo stesso. Tutti sconosciuti tra noi e per gli altri. Però c’è la necessità di uscire dal gruppo chiuso, di aprirci di più per crescere elettoralmente, anche se spaventa la possibilità di contaminazioni e sabotaggi. Quanto alle elezioni politiche, visto il momento, forse sarebbe meglio non partecipare. A livello nazionale le dinamiche locali che rendono forte il Movimento non sono riproducibili. Rischiamo di snaturarlo. È in corso un po’ di discussione al riguardo sulla bacheca di Nik il nero».
Del resto, come dice il manifesto di Beppe Grillo, erano i Comuni il centro dell’attività politica del Movimento, perché «i Comuni decidono della vita quotidiana di ognuno di noi. Possono avvelenarci con un inceneritore o avviare la raccolta differenziata. Fare parchi per i bambini o porti per gli speculatori. Costruire parcheggi o asili. Privatizzare l’acqua o mantenerla sotto il loro controllo. Dai Comuni si deve ripartire a fare politica con le liste civiche. Le liste che aderiranno ai requisiti avranno la certificazione di trasparenza beppegrillo.it».
«Per la ribalta non siamo pronti anche perché il momento è delicato. Come si fa a rimanere fermi alle nostre idee, imparziali – in una parola puri – in queste condizioni politico-economiche? Adesso ci sono decisioni molto importanti da prendere per l’Italia, e vanno prese. Per noi è meglio attendere uno step successivo. Intanto io continuerei a lavorare bene sul territorio, dove possiamo dire la nostra. Noi non dobbiamo candidarci per forza ogni volta. A volte in politica bisogna non far niente. Bisogna solo star lì ad aspettare. Molti mi dicono “Diventerete come gli altri”. Può essere. Ma sarebbe un delitto. Vedo il Movimento crescere. C’è grande fermento attorno a noi. Forte curiosità della gente, almeno in Emilia Romagna. Non capisco perché i giornali diano tanto spazio a Udc e Idv. Seguono pure ogni dichiarazione dei quattro gatti dell’Api di Rutelli. Ma noi, quelli, li massacriamo alle urne. Non lo capiscono i giornalisti che siamo noi il terzo polo?».
Nicola Virzì, in arte Nik il Nero. Originario di Erice (Trapani), è nato il 18 maggio 1969. Camionista di professione, è il videomaker del Movimento 5 Stelle emiliano ed è marito di Serena Saetti, consigliere nel quartiere di Bologna Borgo Panigale. Ha due figli, di 21 e 16 anni. Di sé e di Grillo dice: «Beppe è un personaggio carismatico, ma quando sei a contatto con lui è un uomo semplicissimo e che non ti impone mai niente. Mi sono avvicinato al movimento, all’inizio, perché sono un po’ dovuto andare dietro a mia moglie. Era andata a vedere uno spettacolo di Beppe ed era tornata diversa, decisa a fare qualcosa per cambiare le cose. Ho iniziato con lei durante l’organizzazione del primo V-day. Era un delirio totale. C’era tanto entusiasmo e zero organizzazione. Ero ancora un po’ trascinato, allora. Poi però, proprio durante quel V-day, mi è scattato qualcosa. Ho visto questi ragazzi disposti a lavorare gratis fino oltre mezzanotte e mi sono innamorato di questo gruppo di persone che, secondo me, rappresenta l’élite del popolo».
Nunzio Diana, di Saracena (Cz), è nato Cosenza il 27 gennaio 1975 e vive a Castenaso (Bologna) dove è consigliere comunale dal 2009. Di sé e di Grillo dice: «Vengo dalla sinistra ma mi sentivo tradito. Al mio paese, quando avevo 18 anni anticipammo il cosiddetto grillismo. Destra e sinistra si avvicendavano senza che nulla cambiasse, nella profonda Calabria, e noi giovani creammo una movimento civico, che ora è una associazione culturale, l’Uvip Una voce in più. Sono venuto a Bologna per l’università, ma non mi sono mai laureato. Sono fuori corso, mi mancano 5 esami e la tesi. A Beppe mi sono avvicinato perché frequentavo il suo blog. Poi sono stato trascinato in politica con pochissimo preavviso. Lavoro full time come liquidatore in una compagnia di assicurazioni (fino a sei mesi fa ero team leader in un call center). Anche quel lavoro era molto politico, e psicologico. Questo meno. Ma mi fa vedere quanto sia marcio il Paese. Tutti cercano di imbrogliare. A volte torno a casa la sera e mi chiedo cosa c’entra questo lavoro con la vita che volevo. Per questo faccio yoga una volta a settimana e un corso di teatro per l’infanzia, la mia vera passione. E sempre per questo faccio politica».