Il ritorno dei cattolici in politica, secondo Maurizio Lupi

Il ritorno dei cattolici in politica, secondo Maurizio Lupi

«Politica, con la P maiuscola», sintetizza Maurizio Lupi, parlamentare PdL, e definisce così l’appoggio della maggioranza al governo Monti. Insomma, «abbiamo anteposto le ragioni più alte, in questo caso del Paese, a quelle, anche giuste, del partito». Un atto politico, quindi. Lo conferma nella presentazione del suo nuovo libro, “La prima politica è vivere”, in Cattolica a Milano. Insieme, ne parlano tre suoi amici: Enrico Letta, parlamentare del Pd, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli e Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica ma, soprattutto, neo-ministro della Cultura. A lui vengono riservati calorosi applausi da parte della sala, nella sua università.

Una nuova stagione è iniziata? Forse sì. Nell’incontro si parla del libro di Lupi, che è una sorta di autobiografia dello stesso, ma i temi che vengono alla ribalta girano intorno a un nucleo solo: i cattolici e la politica. Meglio: i cattolici in politica. «Il neo-ministro ne può parlare bene», anticipa De Bortoli «in un governo in cui i cattolici non sono certo in minoranza», spiega. Ma il tema davvero caro a Lupi, aggiunge, è la «sussidiarietà», intesa come principio di incontro tra le varie componenti della società, che sulla base di una parola d’ordine di Cl ha dato origine all’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, che funziona da anni.

Gli spunti vengono tutti dal libro, ma sono occasioni per parlare dell’attualità. «Ci sono temi spinosi, ad esempio l’ultima fase del governo Berlusconi. Il reato e il peccato, e la moralità in politica». Un modo, al morale, per introdurre la questione dei cattolici, che «sono da sempre inclusivi, e dediti al compromesso». Inteso, «come compimento nobile della politica». Il compromesso, quindi. L’inclusione, la convivenza. L’inciucio, forse? «Non faremo accordi al ribasso», spiega Lupi, per anni considerato il ciellino più vicino a Berlusconi. L’atmosfera resta di grande armonia. Enrico Letta parla di «incontro» e di «capacità di astrarsi da sovrastrutture che dividono». Maurizio Lupi di «amicizia», e Lorenzo Ornaghi di «età della pacificazione».

Alla base di tutto, il comune sentire dei cattolici, che di Comunione e Liberazione o meno. La politica «è una professione, se funziona come una vocazione», spiega ancora Ornaghi. Poi ricorda come la «passione» di Lupi fosse nata nell’incontro con Don Giussani, fondatore di CL, mentre la sua carriera universitaria viene descritta, con un filo di ironia, come «non eccezionale». Pazienza, perché la rivoluzione nella vita di Lupi è anche una rivoluzione nella storia dei cattolici in politica: «ci sono sempre stati, e nei momenti di emergenza intervengono per la ricostruzione», spiega il neo-ministro Ornaghi. Ma da quando c’è CL, si entra dal basso, da giovani, con una selezione tutta diversa. Un percorso, insomma, nato anche nella sua università. Il tutto porta a una visione del cattolicesimo «profonda», che supera «anche le divisioni partitiche».

Non a caso, Lupi conclude spiegando che «la politica è proprio la più alta forma esigente di carità», cioè, in altre parole, altruismo e dedizione alla società, e che «si devono superare le rivendicazioni delle proprie parti politiche in nome di una visione generale più alta, come il bene del Paese», quasi tenendo come implicito che i partiti, al bene del Paese, non ci pensino molto. Il riferimento, va da sé, riguarda la stagione politica appena conclusa e quella appena iniziata. Qui «occorrono capacità di dialogo e confronto, ma senza perdere l’identità», con un terreno comune da cui partire.Alla conclusione dell’incontro, sembra proprio che una nuova stagione sia iniziata, in nome di una nuova politica. Con apporti vari e ampi, ma che ha «una P maiuscola» e, a quanto pare, anche altre lettere. Come C e L.