Silvio cade ma sono gli stranieri più degli italiani a festeggiare. Almeno a guardare il flusso su Twitter, un getto che, da quando i media stranieri sono riusciti a decifrare il voto di oggi (il rendiconto generale dello Stato è passato sì ma la maggioranza non c’è più) è diventato continuo, così rapido e inteso da rendere difficile la lettura dei messaggi sul monitor di TweetDeck.
Gli italiani, anche tenendo conto che la lingua non è così parlata come inglese e spagnolo, che la Rete in Italia è meno diffusa che nella maggior parte delle nazioni Ocse e infine che Twitter nel nostro Paese non ha ancora i numeri di Facebook, sono molti meno. Almeno agli inizi, nelle prime ore, sembrano non crederci del tutto. Forse attoniti, sembra gli manchino le parole. La situazione migliora ma solo in parte quando inizia Ballarò che fa crescere notevolmente il numero di “cinguettii” e migliora, ma non cambia, anche se si usa anche l’hashtag «#Berlusconi» e non solo la parola «Berlusconi».
I commenti all’estero sono fra i più disparati, si sottolinea come sia una buona notizia per l’economia e per il mondo intero, ma si ironizza anche pesantemente sui suoi costumi sessuali come pure sulle scarse alternative politiche sulla scena. Così un twit in rumeno paragona la caduta di Berlusconi a quella di Saddam e Gheddafi mentre uno in inglese sembra particolarmente consapevole e forse spiega perché gli italiani sembino così pochi: «sono felice che Berlusconi se ne vada, ma guardando i politici italiani c’è poco da celebrare». In un altro di un emittente canadese si sottolinea che nella Borsa locale, quella di Toronto, «i titoli hanno guadagnato su Berlusconi che pianifica le dimissioni». Qualche incredulo c’è anche in inglese come “martinlake14” che consiglia: «non state a scaldarvi, è un grande artista della sopravvivenza politica». “Amguinea” invece scrive in spagnolo che «Berlusconi si dimetterà e farà un grande favore al mondo».
L’indiano di “indiantweeter” pensa invece all’impatto della sua uscita sulle escort sottlineando che «ora che Berlusconi se n’è andato le prostitute di Roma hanno la libertà di andare con chi vogliono loro». In spagnolo “mariaveroguzman” sottolinea che Berlusconi è la quarta vittima della crisi del debito dopo Brian Cowen (irlandese), Jose Socrates (portoghese) e il greco Giorgios Papandreu. Sul pesante, se non deliranti, i toni del francese “FicBreatheAgain” che scrive: «Hitler non era male nel suo genere, Berlusconi è un bambino in confronto a lui».
Gli italiani quindi non sembrano crederci ancora. «Quindi, #Berlusconi si dimette dopo la legge di stabilità, se non dice bugie. Ahahah» scrive @timoteocarpita. Un altro sottolinea che forse con l’arrivo di Montezemolo in campo non c’è molto da scendere in piazza a strapparsi i capelli dalla gioia.
A leggere i messaggi in Twitter viene subito da dare ragione a David Bidussa che in un post pubblicato su Linkiesta poco fa si chiede perché nessuno stia festeggiando l’annuncio di dimissioni del governo. Una domanda che vale quindi per tutte le realtà, materiali e virtuali, per la piazza fisica come per la Rete. Nelle aspettative di molti doveva essere una specie di “liberazione” e dopo vent’anni, e in questa drammatica situazione economica, era legittimo pensare che le piazze si sarebbero riempite. Ma forse perché increduli, forse perché assuefatti, forse perché sfiduciati, forse perché oramai amaramente consapevoli che Berlusconi rimbalza come una palla di gomma, sembra che per noi sia tutto un gioco “straniero”. Il mondo esterno, gli stranieri, il mercato, lo spread, ci hanno commissariato per le nostre colpe e gli stranieri ora festeggiano molto più di noi.