La Germania non è più il “porto sicuro” d’Europa

La Germania non è più il “porto sicuro” d’Europa

Il rendimento dei titoli di stato tedeschi a lungo termine era sceso moltissimo, fin sotto il 2%. L’inflazione attesa possiamo immaginarla eguale all’obiettivo della Banca centrale europea – ossia pari al 2%. Il risultato è un rendimento lordo reale su dieci anni pari a zero. Alle aste di questa settimana il Tesoro germanico non è riuscito a collocare tutta la propria offerta. Da qualche tempo il rendimento tedesco sta risalendo, seppur di poco. Come mai è prima sceso e poi risalito?

L’obbligazione tedesca a dieci anni (il Bund) era giudicata il “porto sicuro” nel corso della crisi dei debiti pubblici europei. Un rendimento così basso può – seppur con fatica – essere giustificato se la la crisi in corso mette in difficoltà tutti i debiti pubblici tranne quello tedesco. Perché diciamo “con fatica”? Semplificando per arrivare al dunque, si immagini che l’obbligazione tedesca abbia una durata finanziaria di dieci anni. Se il rendimento passa dal 4% al 2%, si ha una crescita del prezzo del 20%.

Quando arriva al 2%, per avere ancora una crescita del prezzo si deve pensare ad un rendimento che si muove verso l’uno per cento. Un rendimento dell’uno per cento è un rendimento giapponese. In Giappone però ha senso, perché si ha deflazione – ossia il livello generale dei prezzi flette – e dunque il rendimento reale è maggiore dell’uno per cento. In Germania però c’è inflazione, seppure molto contenuta. Il 2% è perciò il limite del rendimento di un’obbligazione tedesca, a meno che si pensi ad una sua rivalutazione attraverso il cambio. Nel caso della Germania, qualcuno pensava che potesse tornare il Marco, che sarebbe letteralmente esploso con la rottura del meccanismo della moneta unica – l’euro.

Da quando si cerca, con il fondo Efsf (European financial stability facility), di salvare il debito dei paesi mal messi e di ricapitalizzare le banche, questi rendimenti nulli – per di più in assenza del ritorno al marco, che non avrebbe senso, perché altrimenti il salvataggio non verrebbe tentato – non sono più giustificati. Infatti, se qualcosa si bloccasse, la Germania si troverebbe a doverne pagarne il costo. Il costo dei salvataggi si ripartisce secondo il peso dei paesi. La Germania è il maggior contributore del fondo Efsf, seguita dalla Francia e dall’Italia. Esiste perciò un rischio di vedere crescere il debito pubblico tedesco.

Per questa ragione, la possibile crescita del debito pubblico al di là dei deficit correnti di bilancio, comincia ad essere chiesto un rendimento maggiore alle aste. Il rendimento del Bund resta molto basso, ma non è basso come quello di una volta. Alle aste di questa settimana il Tesoro germanico non è riuscito a collocare tutto il debito in offerta.

Insomma, per l’agire di questo meccanismo

  • 1) nella fase precedente il salvataggio il debito tedesco era considerato indipendente da quello dei paesi malmessi,
     
  • 2) nella fase del salvataggio il debito tedesco si lega ai problemi del debito altrui e delle ricapitalizzazioni delle banche,

è ragionevole pensare che i rendimenti salgano ancora (i prezzi del Bund scendano), perché è richiesto un qualche premio per il rischio. 

*Direttore di Lettera economica del Centro Einaudi

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