L’anomalia di Passera: da banchiere di sistema a ministro

L’anomalia di Passera: da banchiere di sistema a ministro

Di fatto la nomina di Corrado Passera alle Infrastrutture e allo Sviluppo è soltanto una formalizzazione del ruolo che l’ormai ex consigliere delegato di Intesa Sanpaolo ricopre da tempo. Lui ha guidato la banca che una volta il Foglio di Giuliano Ferrara aveva ribattezzato “il ministero dell’economia reale”, e ci va, pare, con l’endorsement dell’ex premier Berlusconi. Passera, del resto, ha curato infatti tutti i dossier “di sistema” degli ultimi anni. Con alterne fortune. Basti pensare, soltanto nell’ultimo anno, a Parmalat e Edison e il fondo infrastrutturale F2i, e in precedenza Alitalia e Telecom. Non solo. Passera ha sempre sostenuto, e il bilancio di Intesa lo dimostra, gli investimenti in titoli di Stato italiani, dal supporto all’appello dell’imprenditore toscano sul Corriere all’aumento dell’esposizione in obbligazioni italiane annunciato al Meeting di Rimini. Un’occasione scelta con cura. In un’intervista rilasciata a Linkiesta, aveva detto: «L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo in cui il pubblico non ha dovuto mettere soldi per salvare o rafforzare le banche. Questo dimostra che essere rimasti banche dell’economia reale è stata una buona decisione. In questa seconda crisi, stiamo continuando a dimostrare notevole forza, il solo fatto che il credito all’economia continui a crescere, malgrado le grandi difficoltà, è un buon segno».

I risultati di Intesa al 30 settembre, tuttavia, mostrano una sostanziale stagnazione dei crediti verso la clientela, che, come si legge nella nota di bilancio, «raggiungono  381 miliardi di euro, in aumento dello 0,8% rispetto al 30 settembre 2010 e dello 0,6% rispetto al dicembre 2010, a seguito di una riduzione dei crediti alle grandi e grandissime imprese e di un aumento di quelli alle piccole e medie imprese». Segno che le erogazioni della principale banca votata al territorio in Italia in poco meno di un anno non si sono mosse. Il responsabile della Banca dei Territori, Marco Morelli,– che con il numero uno della divisione corporate Gaetano Micciché e, pare, l’ex Unicredit e Sanpaolo-Imi Pietro Modiano, si giocherà la poltrona di successore di Passera – aveva sorriso amaro a una domanda de Linkiesta sulla contrazione delle erogazioni con i tassi tra il 6 e il 7% sui Btp, a margine di un recente convegno in Piazza Affari. 

Come tutti gli istituti di credito italiani, Intesa Sanpaolo ha sofferto il contagio sui titoli di Stato, segnando una performance del -43% e una capitalizzazione scesa a 18,7 miliardi di euro, per un valore di Borsa (alle 11.22 +4,11% sulla notizia dell’uscita del top manager) di 1,26 euro per azione. Quando Passera è stato nominato consigliere delegato di Intesa, nel 2002 dopo essere stato alla guida per quattro anni di Poste Italiane, il titolo di Ca de’ Sass valeva 2,3-2,5 euro, ma di acqua ne è passata sotto i ponti. Al 30 settembre 2011 l’utile netto si è assestato a quota 1,9 miliardi di euro (-12,3% rispetto a 2,2 miliardi del 30 settembre dell’anno scorso), crediti deteriorati pari a 22 miliardi di euro (+4,6% sul III trim. del 2010), dei quali 8,3 miliardi in sofferenza e 8,9 miliardi (8,2 a settembre 2010) incagliati.

Negli ultimi anni, sulla scrivania del top manager comasco sono passati i principali dossier dell’economia italiana. A cominciare dalla cordata che nell’estate 2008 ha salvato Alitalia dalle mire di Air France. Intesa, che detiene tuttora una partecipazione dell’8,86% nel capitale di Cai, la società nata dalle ceneri della vecchia compagnia di bandiera italiana proprio per iniziativa dell’istituto di credito che ha coordinato i soci italiani su mandato del Governo, che deteneva la maggioranza delle quote nel vettore, grazie alla modifica della Legge Marzano e del giudizio favorevole dell’Antitrust sulla posizione dominante nel mercato domestico dopo la fusione con Air One. Alle accuse di conflitto d’interessi, Passera rispose «Si è partiti da un momento in cui nessuno voleva più Alitalia, si è valutato che la vecchia Alitalia non aveva più i numeri per star su e anche il governo ne ha preso atto, dopo di che ci è stato chiesto se c’era la volontà di cercare altre soluzioni e sono state trovate, chiunque l’ha vissuto dall’interno sa che non ci sono stati conflitti d’interesse». Oggi la nuova Alitalia, dove Air France-Klm detiene una quota del 25%, non ha ancora appianato le perdite, che sfiorano il miliardo di euro, e sta privilegiando le rotte domestiche rispetto a quelle internazionali. La ristruttrazione è comunque ben avviata, come riconoscono anche da Air France, che probabilmente finiranno col prendere tutta Alitalia, dopo le cure dell’attuale ministro.

Diverso il finale dell’altra grande battaglia in difesa dell’italianità, Parmalat. Intesa (fino allo scorso luglio, aveva il 2,47% della società di Collecchio) non è riuscita a organizzare in tempo una cordata che si contrapponesse al colosso caseario transalpino Lactalis. Non solo: uno dei suoi banchieri, Fabio Canè, è finito indagato per insider trading per aver comunicato alla moglie, top manager di SocGen, advisor di Lactalis, il prezzo al quale Intesa avrebbe offerto ai fondi americani l’acquisto del 15,3% della società emiliana. Oggi, la società è controllata all’83,3% dalla Sofil di Emmanuel Besnier.

Anche Telecom Italia fa parte del portafoglio degli investimenti di Intesa, che fa parte della holding Telco (al 22,5%) assieme agli altri soci Mediobanca e Generali, mentre la maggioranza delle quote fa capo al colosso iberico Telefonica. Nei giorni scorsi, a proposito dei rumors relativi alla possibile ricapitalizzazione di Telco, Gatetano Micciché aveva risposto che «La situazione fino a maggio è ben funzionante». 

Dopo Alitalia e Parmalat, lo scudo di Intesa contro le mire francesi è stato invocato anche da A2a, utility a trazione lombarda che ha chiamato la banca guidata da Passera come consulente per sbrogliare l’intricata matassa delle partecipazioni incrociate tra soci italiani e transalpini in Edison. Con ogni probabilità, la vicenda si concluderà a fine mese – i patti parasociali nella holding Transalpina di Energia (che detiene il 61,3% di Edison) sono stati prorogati al 30 novembre – con lo scioglimento della holding e il trasferimento della maggioranza di Foro Buonaparte a Edf in cambio di centrali e cash. Da ministro dello Sviluppo Economico, ora Corrado Passera gestirà in prima persona quest’ultimo tavolo di negoziazione con la controparte francese. 

Come ha sottolineato Mario Monti pochi istanti fa, «la scelta di accorpare il ministero dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture nella logica di crescita economica». Anche su quest’ultimo aspetto peserà l’esperienza di Passera in Intesa, che ha una banca dedicata al loro finanziamento (dalle cartolarizzazioni alle Fs alle grandi autostrade). Si tratta della Biis: Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo. L’istituto è attualmente affidato a Mario Ciaccia, già magistrato della corte dei conti. Il meccanismo delle sliding doors, delle porte scorrevoli fra pubblico e privato, è insomma già rodato.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter