Il governo uscente ha spesso giustificato sue scelte e sue non scelte con più o meno appodittici riferimenti a pesanti fardelli ereditati dal passato.
Di certo, un bel fardello è quello che Mario Monti ha ereditato proprio da quel governo sul versante fiscale.
L’obiettivo del pareggio di bilancio sul 2013 è infatti stato puntellato da Giulio Tremonti con una manovra nell’ambito della quale mancano ancora oggi all’appello 4 miliardi di euro di maggiori entrate sul 2012, che diventano 16 sul 2013 e 20 sul 2014. Per mettere comunque a bilancio quelle somme, il “creativo Giulio” ha previsto che, ove non fossero state riempite per tempo quelle scatole vuote, con scelte precise di ennesimo aumento delle imposte, la copertura sarebbe venuta dal taglio lineare per pari importo delle centinaia di deduzioni, detrazioni e agevolazioni fiscali e previdenziali ad oggi esistenti.
Inutile dire che, così, sono capaci veramente tutti e che, sempre così, si darebbe luogo a quella “macelleria sociale” che tanto sembra, oggi, spaventare forze politiche che, ieri, avevano serenamente votato una manovra di questo tipo. Come riempire ora queste scatole vuote di maggiori entrate già messe a bilancio dal precedente governo ed evitarla questa famosa “macelleria sociale”?
Nel corso dell’ultimo anno, è stata aumentata la pressione fiscale sui redditi di impresa; è stata aumentata l’Irap alle banche e alle assicurazioni; sono stati previsti contributi di solidarietà sui redditi elevati di dipendenti e pensionati del pubblico impiego e sui redditi molto elevati degli altri; è stata aumentata la tassazione delle rendite finanziarie; è stata aumentata la pressione fiscale sui consumi con l’incremento di un punto percentuale dell’Iva; è stata persino introdotta una surrettizia mini-patrimoniale sui conti di deposito titoli.
Solo gli immobili non sono stati toccati ed hanno anzi beneficiato di un allentamento della pressione fiscale sui redditi derivanti dalla loro locazione, con l’introduzione di una “cedolare secca” tanto bipartisan quanto a dir poco estemporanea.
Se il principio è, come non può essere altrimenti, quello di chiedere sacrifici anzitutto laddove si è sino ad oggi voluto o potuto chiederne meno, non vi è dubbio alcuno che le matrioske fiscali da 4, 16 e 20 miliardi, lasciate in dote dal precedente governo, dovranno essere riempite anzitutto a spese degli immobili.
Non è un auspicio, è una mera constatazione. In quest’ottica, il ripristino dell’Ici sulla prima casa rappresenta, purtroppo, un passo inevitabile che, se accompagnato dal parallelo ripristino di una soglia di esenzione, può tutto sommato considerarsi più doloroso in termini di percezione indotta dal dibattito politico degli ultimi anni che non iniquo in termini di accettabilità sociale.
Sono però anche altri gli interventi sulla disciplina fiscale degli immobili che, seppur comunque insufficienti da soli, possono concorrere a colmare parte delle matrioske che devono essere riempite.
In primo luogo, sarebbe opportuno fare marcia indietro rispetto alla cedolare secca sulle locazioni immobiliari ed eliminare pure quella sulle plusvalenze realizzate da privati con la cessione di unità immobiliari abitative possedute da meno di cinque anni.
Si tratta di redditi di derivazione patrimoniale che non devono per forza essere tassati di più di quelli di lavoro, ma che di certo non ha senso alcuno vengano addirittura tassati di meno.
Inoltre, va prevista l’imponibilità delle plusvalenze immobiliari realizzate da privati anche quando tra l’acquisto e la cessione dell’immobile passano più di cinque anni (oggi illogicamente escluse da tassazione), fatta eccezione per quelle relative alla compravendita dell’abitazione principale.
Infine, bisogna mettere mano alla spropositata agevolazione di cui beneficiano gli immobili di pregio storico e artistico. Una forma agevolativa è sacrosanto che ci sia, atteso che i proprietari di questi prestigiosi e spesso preziosi immobili sono obbligati per legge alla loro costosa manutenzione e patiscono pure alcune limitazioni al loro diritto di disporne.
Attualmente, però, l’assetto normativo consente il verificarsi di autentiche follie, quali ad esempio interi palazzi posseduti da contribuenti che ritraggono affitti per svariate centinaia di migliaia di euro l’anno, completamente esentasse.
Il tutto senza dimenticare, ovviamente, che, mentre si procede con questa solerzia al completamento della più grande stangata fiscale mai progettata, bisogna dare parallelamente segnali altrettanto immediati e concreti sul fronte della soppressione di privilegi insensati, quali, a mero titolo di minimo sindacale, l’abrogazione dei vitalizi per parlamentari e consiglieri regionali.
Diversamente, saranno da considerarsi qualcosa di assai più concreto di un ipotetico rischio vere e proprie rivolte fiscali nel 2012, o al più tardi nel 2013, quando cittadini e imprese sentiranno sulla pelle cosa significa in concreto una pressione fiscale sul Pil oltre il 45%.