«Io mi ricordo. Era l’8 maggio 2008: stavamo facendo i pacchi, Tommaso e io», comincia l’ex premier Romano Prodi, intervenendo, con il presidente della Consob Giuseppe Vegas in un incontro alla Fondazione Balzan a Milano, in memoria di Tommaso Padoa-Schioppa, «era appena finito il governo. Lui mi guarda e mi dice: “Romano, lasciamo una grande eredità dietro di noi: oggi lo spread è a 37”». Un mondo fa, sembra voler dire. Oggi, invece, è 465 (e stamattina 511). I ricordi sono importanti, certo, non vanno trascurati. E Prodi lo sa: anche se ne approfitta per lanciare dichiarazioni esplosive sul mondo economico e finanziario attuale. E sulla politica, ovvio.
Non risparmia l’Europa, accusata di essere ormai «una partita a due tra Germania e Francia, anche se il ruolo della Francia non lo si è capito bene». Invece che funzionare come coagulo degli altri 25 paesi europei, preferisce irritarli tutti e riunirsi a porte chiuse con i tedeschi. Che tanto, però «sono loro a dettare le regole». Ma le critiche a un continente «frammentato, privo di spirito unitario», come lo definisce Vegas, che non rinuncia a mo’ di monito, a citare Tucidide – guarda caso, un greco – sulla necessità di restare uniti non si fermano qui. Il Professore prosegue, anzi, va a tutto campo.
Il G20 è stato un’occasione buttata via: «si doveva discutere sulla riforma del sistema, sulle nuove regole da introdurre per frenare il sistema». E invece «si è parlato solo di Grecia e Italia». Il vertice è stao comunque «sotto i riflettori», ma per i motivi sbagliati. Ma perché «l’ipotesi di questa riforma è sparita?» Semplice: né Usa (che godono di una posizione privilegiata, ora) né la Cina (che prevede di goderne in futuro) hanno interesse a cambiare. L’Europa, che questo interesse ce l’ha, «però è divisa». Insomma, riforma impossibile, modifiche dimenticate. Vuoi per colpa della crisi, o delle manifestazioni, diverse, dell’interesse politico dei vari paesi. Un’impasse.
Ne ha anche con le regole, e il rispetto imposto a tutti. «Io mi ricordo: Francia e Germania fanno le prediche a tutti, ma anche loro non rispettavano i parametri», sottolinea maligno «quelli che avevano fissato loro, poi. Io mi son permesso di farlo notare, suscitando una reazione sdegnata». Sono sempre loro che, di fronte alla proposta di istituire un’autorità di controllo dei conti dei paesi europei, «qualcosa che poteva fare anche l’Eurostat», sussurra, si sono rifiutati. No. E ora? Ora che l’euro è in crisi, tutti hanno paura. Però, spiega, «a nessuno conviene lasciarlo». Nemmeno alla Francia, neppure alla Germania, che ne hanno tratto enormi benefici.
E, tra i problemi del rapporto economia e finanza, diversi per ogni paese, c’è spazio anche per una stoccata contro le agenzie di rating. «Ormai sono squalificate, non significano nulla». Toglierle, però, no. «Sarebbe come se, in una partita ormai irregolare, si volesse togliere l’arbitro», spiega. Ma ce ne vorrebbero altre, più eque e chiare. «Queste sono tutte americane, operano in un mercato chiuso, sono gestite da fondi che spesso hanno investimenti e operano sul mercato: cioè, c’è anche un conflitto d’interesse». Non solo: «non possono essere in disaccordo tra di loro, operano congiuntamente e niente le può contrastare». E poi «sono inaffidabili, irresponsabili». L’Italia è il secondo paese industriale d’Europa, eppure ci hanno tagliato. Ma perché? «Politica. Una ragione puramente po-li-ti-ca».
E così, colpisce e affonda anche Silvio Berlusconi, ormai sconfitto dai mercati. L’antico rivale non si prende nemmeno la briga di nominarlo. «Quando ho portato l’Italia nell’Euro, il debito era uguale: 120%. Ma nessun accanimento. Oggi, invece, c’è l’attacco dei mercati. La spiegazione non è nel deficit o nel debito. O nel sistema economico. Ma è da cercare nella credibilità politica», aggiunge, per rendere ancora più chiara la spiegazione. In ogni caso, ora, le cose sono un po’ meglio. «Hanno aperto la porta a una persona coerente e credibile», ha spiegato, parlando di Monti. Il suo governo farà proprio quello che Silvio non ha potuto fare: «restituire credibilità internazionale al Paese». C’è da fidarsi, spiega il Professore, «se fa 100 punti di spread in un giorno..».
E così, nel giorno in cui Monti diventa senatore a vita, l’unico che ha saputo battere Berlusconi lo incorona. Prodi, in formissima, con le idee chiare e il coraggio di criticare l’intero sistema, si avvia all’inizio di questi primi giorni della nuova era. Quella dell’Italia, che alla fine, è stata de-berlusconizzata.