Come affittare un freelance da un continente all’altro

Come affittare un freelance da un continente all’altro

Le imprese lamentano leggi sul lavoro troppo restrittive. I giovani protestano per i contratti precari. La più importante fabbrica di automobili è stata bloccata da uno sciopero. Parliamo dell’India, un paese che ha bruciato le tappe e oggi si confronta con tematiche di tipo “europeo”. Con due eccezioni: non si parla di crisi ma di una crescita impetuosa. E i vincoli delle leggi di impostazione socialista si superano con grandi agenzie interinali – il caso di TeamLease è il più celebre, la dirige un quarantenne laureato in Pennsylvania – che propongono manodopera in outsourcing a multinazionali di tutto il mondo. Oppure “affittando” lavoratori da un continente all’altro tramite piattaforme nate su Internet.

Si chiamano oDesk, Getacoder, Elance. Sono concepite per far incontrare – solo virtualmente – domanda e offerta di lavoro. Grafici e traduttori, giornalisti e programmatori si iscrivono gratuitamente. L’azienda – secondo i suoi criteri – sceglie il migliore e paga on line, solitamente con Paypal. I giovani indiani (metà degli abitanti del paese ha meno di 25 anni) hanno in genere tre caratteristiche: buona preparazione, specie in campo informatico; ottima conoscenza dell’inglese; costano poco. Una rupia equivale a un centesimo di euro e a due di dollaro. Uno stipendio di 345 dollari (18000 rupie) è considerato discreto, spiega il New York Times in un reportage pubblicato qualche giorno fa.

Le piattaforme per il lavoro on line – fenomeno sconosciuto da noi ma popolarissimo tra Stati Uniti e India – sono piene di giovani asiatici che offrono le loro competenze e imprese americane che cercano profili cui affidare un lavoro. Tutto si svolge a distanza. E la distanza può essere quella dell’oceano. Emigrano le competenze ma i cervelli rimangono in patria. Negli ultimi anni è diventato un fenomeno di massa che ha fatto spostare tanti dollari sulle economie emergenti, ma che pone importanti interrogativi.

Per prima cosa, le dimensioni. Elance dichiara 27.706 nuove offerte di lavoro negli ultimi 15 giorni. Gli utenti sono aziende come singoli freelance. Il totale è di 540.735. GetACoder elenca 2.472 nuove offerte nell’ultimo mese. Su Odesk sono oltre 35.000. Come funziona il sistema? L’impresa inserisce il suo annuncio, spiegando di cosa ha bisogno: una traduzione dal russo, il clone di un sito esistente, un sistema per automatizzare l’invio di e-mail. Il lavoratore inserisce il curriculum e una scheda molto dettagliata delle proprie competenze. Alcuni sistemi prevedono il superamento di un esame on line che certifica le competenze dichiarate, ad esempio la conoscenza dell’inglese o la capacità di programmare in php.

Come viene selezionata la migliore offerta? Le imprese vogliono risparmiare ma il costo minore non è l’unico criterio. Valgono le competenze certificate, i lavori già fatti e i feedback ricevuti, secondo il sistema inaugurato anni fa da eBay. Meglio quindi un operatore che costa molto ma che risulta affidabile rispetto a uno che si svende senza referenze. Stessa cosa per le imprese. Un datore di lavoro scorretto – che non paga, che cambia idea rispetto al progetto iniziale – riceverà un feedback negativo e avrà più difficoltà a reperire lavoratori. Un sistema di autoregolazione che tende a eliminare i conflitti da una parte e dall’altra.

Se ti serve una copia di Facebook… “Se ti serve una copia di Facebook, noi siamo in grado di farla”. È il claim di aCoobe, azienda di New Dehli che “affitta” il suo team di programmatori per una tariffa oraria. I sistemi di lavoro a distanza funzionano in due modi: a forfait oppure a ore. Nel secondo caso le piattaforme offrono una serie di strumenti: dal software per la videoconferenza a quello per la condivisione del desktop, oltre ad aree per mettere in comune i file del progetto, l’agenda, il calendario.

Gli italiani sono molto pochi. Contano la diffidenza, la scarsa padronanza dell’inglese e la convenienza in molti casi nulla. Convertendo i dollari in rupie, anche 15 dollari l’ora (la cifra media offerta per un’ora di programmazione) possono essere sufficienti. Se parliamo di euro, no.

Ma anche tra gli indiani cresce la consapevolezza del proprio valore. In rete sono nati blog, forum e guide per i lavoratori dell’outsourcing globale. “Molti pensano che basta avere un’idea e un pugno di dollari per avviare un progetto on line”, dice un programmatore su un forum. “E che l’India è un paese povero e affollato per cui anche un budget molto basso può essere quello giusto”. In rete circola una guida in inglese sugli errori più comuni per un freelance. Il primo è quello di non comprendere le esigenze del committente. Per esempio non comprendere subito che le richieste formulate sono assurde. Oppure sottostimare il lavoro da fare per realizzare il progetto. Un frequentissimo è quello di incaricarsi anche della gestione del progetto e non la semplice esecuzione delle sue fasi. Un altro problema di grande rilievo è quello fiscale. Le piattaforme hanno quasi sempre sede negli Stati Uniti e propongono il modulo “w9”.

Nate per l’informatica, le offerte sono oggi estese a qualunque tipo di lavoro che si può svolgere a distanza. Call center, data entry, amministrazione, grafica, persino avvocati e consulenti finanziari. Il lavoro giornalistico sarà coinvolto? Sicuramente. Le offerte del settore “writing” riguardano per ora la scrittura di articoli, e-book, traduzioni. Su Elance spiccano 103 proposte rivolte ai “ghost writer”. Gli articoli sono soprattutto contenuti per blog che hanno interesse ad arricchirsi di contenuti e monetizzare – con le inserzioni pubblicitarie – le visite ottenute.

Ultima arrivata è la piattaforma italiana scribox.it, dove “editori” e autori si incontrano. Le ultime offerte pubblicate riguardano tutorial per iPhone e Facebook e articoli sulle assicurazioni e la zincatura. In media, si pagano 10 centesimi di euro a parola. 

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