E così, alla fine di un Natale austero e ansioso, se n’è andato Giorgio Bocca. Complice l’assenza dei quotidiani di carta e il regime di forze ridotte delle redazioni degli on line, il dibattito su come ricordare o archiviare Bocca, l’ha impostato e condotto senza troppi punti di riferimento la rete, e in giornate in cui non c’era davvero niente di “nuovo” di cui discutere. Ventiquattr’ore dopo siamo insomma tutti saturi, e non abbiamo nessuna voglia di sembrare gli altri, gli ultimi, che provano a dire la cosa più brillante di tutti.
Proprio le discussioni e il fiume di parole e “tags” che abbiamo visto in rete, tuttavia, fanno venire la voglia di mettere ordine nei pensieri, a trarre qualcosa che resti di un parabola umana e professionale. Visto che si tratta di un’eminente personalità della cultura di massa italiana del Novecento, la sua storia, questa morte e il dibattito che ha scatenato e già quasi esaurito, dicono molto anche del nostro paese.
Abbiamo visto insulti, beatificazioni, commozioni acritiche, anatemi e veri e propri rigurgiti d’odio. Nei confronti di Bocca; di chi era criticato, attaccato o disprezzato da lui; di chi lo criticava o lo insultava. Attorno a una figura apertamente divisiva, non incline alle sfumature, tendenzialmente manichea, del resto, è facile che si cristallizzino divisioni profonde e a tratti violente.
Il suo istinto a stare “di qua o di là”, e le categorie intellettuali formatesi durante il fascismo e poi l’antifascismo più integralista – quello di Gl -, gli hanno impresso indelebilmente una modalità interpretativa. C’è il bene e c’è il male, ci sono i buoni e ci sono i cattivi, c’è il bianco e il nero. Così, durante il fascismo giovanile non mancò di sostenerne la versione “razziale” e antisemita; durante l’anti-fascismo e il primo post-fascismo stava dalla parte di Giustizia e Libertà e di chi meno voleva la pacificazione, e più una giustizia senza perdoni. E ancora, all’espoldere dell’antipolitica e di tante contraddizioni italiane, agli inizia degli anni Novanta, ammise e rappresentò quanto profonda e trasversale fosse la divisione tra Nord e Sud, fino a riconoscere in pubblico, più volte, il proprio aperto e radicato anti-meridionalismo.
Quando arriva Berlusconi, finalmente, Giorgio Bocca ritrovò infine uno schema della realtà che ben si adatta a quella mentalità senza spazi vuoti, quasi totale, che aveva appreso e coltivato da ragazzo. Di fatto, per leggere, rileggere, scrivere e riscrivere la sua invettiva contro il berlusconismo, non usa mai altro schema che non sia l’accostamento a Mussolini, passando per la griglia interpretativa del fascismo. Anche quando non lo citava esplicitamente, gli anni di Berlusconi sono semplicemente, per Bocca, anni di libertà negata, di regime illiberale, di menzogna sostenuta e radicata grazie alla propaganda. Di lotta dura, frontale, tra i buoni con cui sta lui e i cattivi capitanati da Silvio Berlusconi che spesso è definito da Bocca come “non migliore” di Mussolini. Da questo schema è risolta con un tratto di penna ogni complessità, ogni sfumatura, ogni radice fisiologica di sincero consenso. Perfino quella questione settentrionale irrisolta che Bocca sentiva sua diventa marginale nell’analisi di Berlusconi.
Giorgio Bocca se ne va nei giorni delle Feste, proprio mentre di Berlusconi sembra rimasto solo il fantasma, il ricordo è tenuto vivo da pochi accoliti e rinfocolato da qualche poco credibile promessa di eternità. L’Italia guidata ancora una volta dai tecnici – proprio come negli anni in cui Bocca fu stregato dalla lingua da strada della Lega Nord – ha paura del suo futuro. Un futuro in cui schemi antichi e divisioni manichee sono una zavorra, mentre la nostra democrazia dovrà rifondarsi per sé stessa, e non contro qualcuno. Giorgio Bocca ha rappresentato tanto, e magistralmente, del Novecento di questo Paese, ma di tutte le linee di conflitto interno da lui descritte e interpretate, sembra restare viva solo quella di un paese spaccato e diviso: che dopo vent’anni di vario potere leghista si ritrova più squilibrato di prima.
Il nuovo millennio sta insomma già girando un film tutto diverso, in cui le raccolte e gli scritti di Bocca sono già pronti a diventare prodotti di buon successo e gadget identitari per chi guarda indietro. Per gli altri, conflitti e antidoti stanno tutti davanti.