Euro, i dieci anni di una moneta senz’anima

Euro, i dieci anni di una moneta senz’anima

La moneta unica compie i suoi primi dieci anni. Ce ne saranno altri? E’ il dubbio che in diversi modi attanaglia le classi dirigenti e di conserva le opinioni pubbliche europee, di fronte ad un quadro slabbrato di incertezza, di problematica tenuta dei conti, di fragilità sui mercati. E l’ansia è sotto sotto alimentata dalla consapevolezza che i tamponamenti provvisori e i rimedi emergenziali possano alla lunga rivelarsi inefficaci.

Un decennio è un soffio d’ali nella vita della Storia. Ed era appena ieri il saluto entusiasta e condiviso con il quale si celebrava l’inizio della moneta unica, tra balli all’aperto davanti al Quirinale, fuochi d’artificio e la allegra sicurezza che il neonato euro avrebbe portato a tutto il Continente una stabile e irreversibile prosperità.

Non è andata così, e forse neppure tanto per colpa degli europei, quanto di una crisi finanziaria, di una tempesta selvaggia dei mercati privi di automatismi equilibratori. Ma certamente, dentro la crisi, si è colta l’assenza di quello “spirito europeo” che superasse gli egoismi e i pur legittimi e contingenti interessi nazionali, come si prometteva al cambio di Millennio, quando si caricava la moneta unica del compito di potente locomotiva verso la progressiva integrazione comunitaria.

Forse si è pagata (e si paga tutt’ora) l’ambizione esagerata di introdurre una straordinaria novità, un inedito mai accaduto nella millenaria storia dell’umanità: quella cioè di una “moneta senza sovrano”, nell’illusione magari che, attraverso il denaro uguale per tutti, partisse il volano che conduceva in fondo al tragitto agli “Stati Uniti d’Europa”. Un percorso obbligato, tutelato altresì da una Banca centrale indipendente dai governi, che costringesse il primato della politica a seguire il cammino ideale e già tracciato.

Ma è servita (dieci anni dopo un bilancio lo si può accennare) la moneta comune a rendere gli europei più coesi, più consapevoli del destino condiviso, più fratelli di una sola terra ? La domanda è aperta: e forse converrà interrogarsi se l’obiettivo è stato centrato oppure, al di là dei numeretti sullo schermo, della frenesia dei mercati, dell’altalena degli “spread”, c’è una realtà nuova, del “sentirsi europei”.

Non è l’unico motivo ma probabilmente la veste stessa della moneta che usiamo aiuta a comprendere e magari ad interrogarsi più nel profondo sul significato dell’Euro. Basta guardarlo….

È un esercizio poco diffuso: ma avete mai provato a vedere da vicino la moneta che si manipola tutti i giorni, sia per il metallo che per le banconote ? Eppure è sufficiente girare il mondo per notare facilmente come il denaro “fisico” è un evidente simbolo di identità. In Cina e in Egitto, in Brasile e Sudafrica il denaro di carta parla del Paese nel quale circola. E sterlina, rupìa e lo stesso dollaro richiamano nelle figure e nei simboli un segnale di appartenenza, con volti di protagonisti, episodi gloriosi, monumenti e paesaggi della nazione di riferimento.

Sull’euro cosa c’è? A parte qualche riconoscibile legame sulle monetine di minor valore, sui tagli più alti e soprattutto sulle banconote (da quella grigia da 5 a quella viola da 500 euro) compare una dimensione solo virtuale: architetture presunte, edifici anonimi, linee di un ordine estetico forse gradevole ma completamente estraneo alla realtà.

Eppure perché per i cittadini europei è disdicevole e inelegante rammentare sulla propria moneta Dante e Shakespeare e Cervantes; e Bach, Mozart e Chopin; perché dimenticarsi della Tour Eiffel o della Porta di Brandeburgo? L’elenco di personaggi, vicende, monumenti sarebbe chilometrico e riproporrebbe in fondo sempre la medesima domanda: per quale motivo vergognarsi di sé, del vissuto migliore dei propri Paesi, che pure è patrimonio ineliminabile di una comunità di destino?

Dove sta quindi l’identità europea se la scelta iniziale è stata quella di cancellare il passato e il deposito di conoscenza e cultura, di arte e di scienza, che dell’Europa ha sempre fatto nei secoli la guida del mondo ? Se non si capisce “da dove si viene” non si riesce a comprendere “dove si va”. La moneta è anche un simbolo, un biglietto da visita, una forma di espressione di chi si è, soprattutto quando si tende a “mettersi insieme”. Se non c’è fisionomia, forse si ripercuote l’antica condanna per la quale l’Europa resta, come si è sempre detto, “un gigante economico e culturale, un nano politico e un verme militare”. E che ha vissuto in questo decennio, anche attraverso i segnali visivi e spirituali, un “deficit” di identità. Come si fa ad imparare ad “amare l’Europa”, a sentirsene protagonisti e partecipi, se tutto passa da una moneta senza faccia e quindi senz’anima ?

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