Fini mette le mani sul ministero degli Esteri

Fini mette le mani sul ministero degli Esteri

Le mani del presidente della Camera si allungano sulla Farnesina. Prima la designazione del ministro Giulio Terzi di Sant’Agata, poi la nomina del deputato futurista Alessandro Ruben a consigliere per gli affari economici. Da quando il governo Berlusconi si è dimesso il ministero degli Esteri è diventato terra di conquista per i fedelissimi di Gianfranco Fini. A dispetto di un futuro politico incerto, di alleanze e ruoli ancora da decifrare e di un consenso tutto da ricostruire.

Il primo finiano a insediarsi alla Farnesina è stato Terzi di Sant’Agata. Un ministro in quota Terzo polo. Anzi, direttamente in quota Fini. Nei giorni in cui Mario Monti dava vita al governo tecnico i candidati più accreditati per guidare il dicastero erano il segretario generale Giampiero Massolo e gli ex ambasciatori Gianni Castellaneta e Giancarlo Aragona. Alla fine il giro di veti e controveti dei principali partiti politici ha obbligato tutti a fare un passo indietro. E a spuntarla – anche grazie al placet del Pdl – è stato l’uomo di Gianfranco Fini. Una nomina quasi a sorpresa, ma non una seconda scelta. Già ambasciatore italiano presso gli Stati Uniti, il ministro Terzi di Sant’Agata vanta un curriculum di tutto rispetto. Tra i tanti incarichi è stato il rappresentante permanente del nostro Paese alle Nazioni Unite e vicesegretario generale del ministero. Il suo rapporto con Gianfranco Fini risale al 2003. In quell’anno l’erede di Giorgio Almirante approfitta di una visita istituzionale in Israele per sconfessare ufficialmente l’ingombrante passato del suo partito. È la svolta della sua carriera politica. La regia dell’incontro è proprio di Terzi di Sant’Agata, in quel periodo ambasciatore italiano a Tel Aviv. Riconoscente, il leader futurista continuerà a collaborare con lui anche durante i due anni da ministro degli Esteri.

Non solo Terzi di Sant’Agata. Quando a Gerusalemme Fini pronuncia la famosa abiura – «Il fascismo è il male assoluto» – al suo fianco c’è Alessandro Ruben. Avvocato ed esponente della comunità ebraica romana, è lui il vero regista dell’operazione israeliana. A capo della sezione italiana dell’Anti Defamation League, qualcuno lo descrive come il “Gianni Letta” del presidente della Camera. Un consigliere fidato e capace, sempre al riparo dalle luci della ribalta. «È il suo ministro degli Esteri personale», raccontano alcuni parlamentari del centrodestra con un po’ di invidia. Non è un mistero che gli ex colonnelli di Fini non lo abbiano mai troppo amato. «All’establishment di Alleanza Nazionale Ruben non è mai andato giù – racconta un deputato del Pdl – gli hanno sempre rimproverato la provenienza dalla società civile e l’assenza di un passato politico». Il partito di provenienza, del resto, era pur sempre quello di quell’Alessandra Mussolini che, contestando la svolta, gridò una volta in Transatlantico ai dirigenti aennini: «Questo vi fa circoncidere a tutti».

Eletto alla Camera dei deputati nel 2008, passato a Fli nel 2010, la scorsa settimana Ruben è stato nominato consigliere del ministro degli Esteri per gli affari economici e i rapporti con il mondo imprenditoriale. Un incarico che svolge a titolo gratuito, come spiega al telefono. «Il mio unico obiettivo è quello di dare una mano al Paese. I soldi non c’entrano: in questo momento di crisi vorrei aiutare le imprese italiane a sviluppare il proprio business anche all’estero». 

Stipendi o meno, con l’avvento del governo tecnico il ministero degli Esteri rischia di trasformarsi in un feudo finiano. «Questa è una vostra valutazione – risponde Ruben – La realtà è diversa: nell’ultimo mese sono stati confermati anche tanti consiglieri del vecchio ministro». Lo stesso Ruben non è nuovo a questo tipo di incarichi. Nel 2007 ha offerto una consulenza legale alla direzione per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina (parcella di circa 20mila euro). Nel 2008 è stato consigliere per gli affari istituzionali al ministero della Difesa. Quasi sconosciuto in Patria, oltreoceano il deputato finiano è considerato uno dei principali esponenti della diplomazia italiana. È stato lo sherpa di numerosi incontri bilaterali degli ultimi anni: nel 2003 ha accompagnato negli Stati Uniti Silvio Berlusconi (il Cavaliere fu ospite nel ranch texano di George Bush), nel 2006 era a New York con Walter Veltroni quando l’allora sindaco di Roma presentò il progetto del Museo della Shoah. Ma il legame più stretto resta quello con il leader di Futuro e Libertà. ll diretto interessato conferma. «Per me è un vanto essere considerato un uomo vicino al presidente della Camera – spiega ancora Ruben – Un onore. Fini è una persona per bene». 

Durante gli incontri internazionali del presidente di Montecitorio, il suo “ministro degli Esteri” è quasi sempre presente. Nel 2009 Fini e Ruben sono insieme in Libano, in visita al contingente militare italiano. Lo scorso anno sono a Washington, dove il leader di Fli incontra il vicepresidente Joe Biden e la speaker della camera dei rappresentanti Nancy Pelosi. Altro protagonista di quel viaggio, immancabile presenza in tutti gli incontri, l’ambasciatore italiano. Un certo Giulio Terzi di Sant’Agata. 

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