In Calabria per trovare un lavoro ci si affida ancora, molto spesso, a un politico. Anche se, qualche volta, il politico non c’è. È successo a Cosenza, dove è iniziato il processo contro Antonio Nigro, 30 anni, accusato di aver millantato «importanti conoscenze politiche» e offerto posti di lavoro fantasma per ottenere, in cambio, migliaia di euro da decine di disoccupati.
I dettagli li fornisce l’accusa, sostenuta dal Pubblico Ministero Antonio Cestone. Nigro, grazie alle sue millantate amicizie in campo politico, avrebbe assicurato la possibilità di aprire l’ennesimo call center, cioè di mettere a disposizione nuovi posti di lavoro. In cambio chiedeva mille euro a testa, necessari per iscriversi a un corso, tutto inventato, di specializzazione nella professione di telefonisti. Una spesa necessaria per raggiungere lo sbocco, assicurato, nel mondo del lavoro.
Tuttavia, dopo aver ottenuto documenti personali e intascato migliaia di euro, l’uomo si è volatilizzato. Le vittime del raggiro sono rimaste a fare i conti con le loro speranze tradite e, intanto, con la rabbia che montava. Eppure, l’inchiesta è nata da una sola denuncia (che poi è stata perfino ritirata) presentata alla Guardia di Finanza di Cosenza da una delle vittime. Si era accorta fuori tempo massimo di essersi fidata dell’uomo sbagliato. Il fantomatico corso di formazione professionale per i futuri impiegati del call center avrebbe dovuto tenersi a Napoli, ma in realtà non era mai iniziato.
I disoccupati, dopo aver affidato il loro denaro a Nigro, avevano atteso a lungo e invano la partenza del pullman organizzato. Era il mezzo che li avrebbe dovuti portare a Napoli per frequentare il corso di abilitazione. Corso che non è mai esistito, se non nei racconti del loro mancato benefattore. Così, stanco di aspettare, uno dei disoccupati ha sporto querela e in questi giorni è cominciato il processo a carico del – presunto – truffatore, presieduto dal giudice Tucci. L’accusa ipotizzata è l’art. 640 del Codice Penale, ovvero la truffa messa in atto attraverso «artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». Per reati così, si rischia da un minimo di 6 mesi a un massimo di 3 anni di reclusione.
Dalla procura non si fanno nomi sulle eventuali personalità politiche coinvolte nel raggiro, anche perché il giovane, che pure millantava amicizie con politici del luogo, potrebbe essersi tranquillamente inventato tutto. Se si ha lo scopo di raggirare le vittime, mostrare di avere contatti importanti è un ottimo mezzo per ottenere fiducia e ascolto. Soprattutto in tema di call center.
Non è strano. Attraverso l’apertura di centri telefonici, spesso fonte di impiego per molti giovani della zona, diverse grandi aziende nazionali pubbliche e private (Enel, Fastweb, Sky, Infostrada e altre) appaltano le proprie campagne pubblicitarie a terzi e pagano i lavoratori in percentuale rispetto ai contratti che riescono a chiudere con i clienti.
Nella zona di Cosenza i call center sono un’alternativa alla disoccupazione dilagante, soprattutto tra i giovani. Allora diventa facile comprendere come le persone coinvolte nella truffa sperassero davvero di ottenere un lavoro. Tutto grazie a quel brevetto da operatore telefonico promesso da Nigro: frequentando quel master così caro e (forse) mai esistito davvero, credevano di poter aprire una fase nuova della loro vita. Ma, adesso, dovranno rivedere i loro piani. Proprio come il giovane (presunto) truffatore.