“Mussolini, il Gran Somaro”: il Gadda autocensurato che ora possiamo leggere

“Mussolini, il Gran Somaro”: il Gadda autocensurato che ora possiamo leggere

Negli ultimi anni si è spesso parlato di censure a giornalisti e scrittori ma anche uno dei più celebri autori del Novecento italiano ha imposto una sorta di autocensura preventiva alle sue opere. È il caso di Carlo Emilio Gadda, scrittore milanese di nascita ma romano d’adozione, dedicatosi alla scrittura soltanto dopo aver assecondato la famiglia che lo voleva ingegnere. Probabilmente a causa del senso di colpa originato dalla repressione delle sue attitudini letterarie, Gadda ha sempre sentito il dovere morale di giustificare il proprio lavoro, prima ancora di sottoporlo a case editrici e colleghi.

Esattamente come accadeva ai primi romanzieri ottocenteschi, i quali per convincere i lettori a non scappare di fronte alle scene immorali raccontate, li rassicuravano fin dal frontespizio sulla presenza del lieto fine, così Gadda assicurava agli editori di aver ripulito i suoi testi da toni troppo gravi ancor prima di sottoporli al loro giudizio, oppure li allertava rispetto a ciò che avrebbero letto. Ciò accadde spesso con il suo Eros e Priapo, pubblicato da Garzanti nel 1967. Feroce pamphlet anti-mussoliniano, secondo critici come P.Hainsworth e G.Dombrowsky è stato scritto più in risposta ad una tardiva delusione delle speranze giovanili riposte nel Fascismo, che ad una convinta repulsione nei confronti dello stesso movimento.

In Eros e Priapo Gadda ripercorre il ventennio in chiave satirica, attraverso un’ analisi psicoanalitica del fenomeno. Secondo lo scrittore, il Duce riuscì ad ottenere il consenso spostando l’attenzione della popolazione dal piano politico-amministrativo al piano emozionale, producendo una fascinazione collettiva non basata su atti pratici, ma su immagini suggestive. Per rendere l’idea del carattere dell’invettiva usata dallo scrittore milanese, ecco alcuni degli appellativi con cui viene descritto il Duce nel testo: appestato, batrace, bombetta, maramaldo, fava, farabutto, impestato, Gran Somaro, Gran Pernacchia, merda, Fottuto di Predappio, Provolone, Finto Cesare.

Perciò nel ‘45 Gadda sente il bisogno di scrivere queste righe all’editore Falqui: «La prosa del libello è destinata a creare scandalo non piccolo nei cuori putibondi», ovvero niente di più lontano «dalla Domenica del Corriere». Sempre con l’intento di giustificare preventivamente il suo lavoro, Gadda continua: «La caricatura e il sarcasmo a sfondo erotico ha precedenti letterari di prim’ordine (Aristofane, Plauto, Catullo)». Come a voler dire che attraverso la citazione di gloriosi esempi del passato, Eros e Priapo acquisisce autorevolezza e una base di sostegno alla sua struttura. La rivista Poesia dell’editore Falqui respinse il manoscritto con tanto di commento censorio sullo scritto «intollerabilmente osceno». Gadda evidentemente deluso, risponde al rifiuto con scuse che appaiono comunque eccessive «per aver sottoposto un simile obbrobrio ad un periodico..Eros e Priapo è notevolmente sconcio e redatto con estrema libertà di linguaggio».

L’anno successivo sarà l’editore stesso a consigliare a Gadda di rivolgersi a Mondadori, fin da subito entusiasta del progetto, forse perché ancora ignaro delle incombenti pregiudiziali dell’ex ingegnere. Come scrivono Paola Italia e Giorgio Pinotti nel loro saggio Edizioni coatte d’autore: il caso di Eros e Priapo, Gadda opporrà numerosi rinvii all’editore finendo per non rispettare il contratto firmato. La causa della sua condotta va ricercata nel rifiuto di Falqui a pubblicare il primo capitolo di “Eros e Priapo” sulla rivista Poesia (diretta da Gianna Manzini, moglie di Falqui), che forse cambia definitivamente in negativo la percezione che Gadda ha di se stesso come scrittore. Le dubbiose e preventive arringhe difensive dell’autore si erano ormai trasformate in critiche negative che gli arrivavano a posteriori dagli addetti ai lavori. Così, scrive Pinotti citando le lettere con cui Gadda giustificava le sue pratiche dilatorie all’editore Mondadori, l’autore considera «Il testo già redatto non pubblicabile ora (…) bisognerebbe riscriverlo, edulcorarlo da cima a fondo: e ancora ci procurerebbe odi e seccature, processi e minacce». Eppure nonostante tutto, «le ragioni addotte da Gadda potrebbero apparire pretestuose: fra il maggio del 1955 e il febbraio del 1956 la rivista Officina ospita in quattro puntate il secondo libro di Eros e Priapo», annota Pinotti.

Termina così l’oblio dell’autore, che l’anno successivo dà alle stampe un’ opera che gli restituisce fama e successo: “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” (Garzanti, 1957). Il romanzo ambientato a Roma darà nuova linfa allo scrittore milanese, che riuscirà a far pubblicare anche Eros e Priapo, uscito nel 1967 non più per Mondadori ma per Garzanti. Da quel momento in poi Gadda vive una rinnovata stagione editoriale e si pubblicano molti dei testi che erano stati scritti vent’anni prima nel periodo più tormentato, ma più fecondo della sua produzione (1920-1940).

Ripercorrendo le orme di Alessandro Manzoni, che non aveva un buon rapporto con gli stampatori per via delle sue infinite pratiche correttive, Gadda rivede più volte le sue opere dopo averle ultimate e prima che vengano date alle stampe. Così facendo, crea una finora inedita «divaricazione tra pubblico e privato, cioè tra quanto Gadda ha scritto ma tenuto nei suoi leggendari bauli e quanto invece in una vita sofferta, spesso disperata, gli è riuscito di dare alle stampe» racconta Dante Isella, curatore scomparso dell’opera unica degli scritti gaddiani con i cinque volumi della storica collana Garzanti dei Libri della Spiga.
Con Gadda si è assistito a una discrasia tra ordine di composizione e ordine di pubblicazione delle opere probabilmente mai riscontrata prima.

Lo stesso Eros e Priapo, terminato dall’autore nel 1945 e pubblicato solo nel 1967, cambia sostanzialmente in ogni ordine di apparizione su riviste e volumi per volontà dell’autore stesso. Non a causa di ampliamenti alla struttura iniziale del ‘45, bensì attraverso privazioni ed edulcorazioni di anno in anno dei contenuti ritenuti eccessivi dall’autore stesso. Succede anche «che interi capitoli di un libro (o suoi brani cospicui) ricorrono eguali anche in un altro libro (o in più di uno)» e che avvenga una «continua metamorfosi di testi assoggettati negli anni a interventi più o meno incisivi sulla lezione (testo definitivo per l’autore, ndr) da fissare secondo l’ultima volontà accertata dell’autore», scrive ancora Isella.

Il rapporto tribolato che Gadda intrattiene con i suoi scritti si ripercuote anche nelle relazioni tra l’autore e i suoi editori. Accusati dallo scrittore di comportarsi come «amanti gelose che piangono come Didone», negli anni ’50 e ’60 Garzanti ed Einaudi si combattono per avere i suoi testi, essenzialmente perché Gadda stesso non scioglie mai completamente le riserve sulle sue scelte. Nel ’67 “Eros e Priapo” finisce a Garzanti soltanto perché, assecondando i suoi frequenti ripensamenti, Gadda aveva ceduto pochi anni prima i diritti di pubblicazione de “La Cognizione del Dolore” e del “Giornale di guerra e prigionia” ad Einaudi. A 38 anni dalla sua scomparsa, lo scrittore ha trovato casa in Adelphi, che ha cominciato a ripubblicarlo iniziando dai racconti degli “Accoppiamenti giudiziosi”.

Importanti novità emergeranno a breve anche dalla scoperta dell’Archivio Liberati a Villafranca (VR), lascito ereditario di Gadda che ci consentirà di illuminare i rapporti dello scrittore con famigliari, amici, letterati, editori attraverso l’emersione di documenti, lettere, libri postillati, fotografie, cimeli. Ma soprattutto, finalmente potremo leggere Eros e Priapo nella sua versione originaria del 1945 e non più in quella censurata e ammorbidita dai timori reverenziali dell’autore. Nell’ Archivio Liberati è stato ritrovato l’autografo (manoscritto con grafia autentica dell’autore, ndr) di Eros e Priapo scritto nel 1945, che uscirà nel 2013 per Adelphi sotto la supervisione di Italia e Pinotti. Ciò avverrà anche grazie alla scadenza dei diritti d’autore detenuti dai vecchi editori, che solitamente avviene a 40 anni dalla scomparsa dello scrittore di qualsiasi opera. E così sembra proprio che Gadda, morto nel 1973, finalmente troverà pace anche in libreria.

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