Da un lato l’effetto del governo Monti, che secondo il coordinatore nazionale Denis Verdini «ci fa perdere lo 0,3 % nei sondaggi ogni settimana». Dall’altra uno scontro interno senza precedenti in vista dei congressi provinciali e cittadini di febbraio, con i capibastone a darsele di santa ragione sul territorio, dall’Emilia Romagna al Lazio fino alla Lombardia e al Veneto. In mezzo il vuoto, dove falchi come Fabrizio Cicchitto e Ignazio La Russa continuano a guadagnare terreno e a dettare la linea, a scapito di un sempre più «emarginato» che segretario Angelino Alfano. Nel frattempo il leader Silvio Berlusconi sembra non sapere dove sbattere la testa, incalzato dall’ex alleato della Lega Nord Umberto Bossi che lo minaccia un giorno sì e l’altro anche, di far crollare la regione Lombardia di Roberto Formigoni.
A 18 anni dalla sua entrata in politica è questa la radiografia che alcuni pidiellini fanno fuori dai microfoni del partito dello statista di Arcore. Il Popolo della Libertà, partito che fu lanciato dall’ormai famoso predellino di piazza San Babila nel novembre del 2007, fresco del nuovo sito internet pdl.it, è in caduta libera nei sondaggi. Ma è soprattutto dilaniato al suo interno, tra arresti eccellenti, connivenze con la criminalità organizzata, buchi di bilancio, tessere false e persino difficoltà a racimolare i soldi per la prossima campagna elettorale.
Se il Cavaliere rimase di sasso di fronte alla vittoria di Giuliano Pisapia a Milano su Letizia Moratti, è probabile che alle prossime amministrative possa pietrificarsi di fronte ai possibili responsi delle urne. Marcello De Angelis, dalle colonne del Secolo d’Italia ha lanciato l’allarme con un editoriale dal titolo «Pdl sveglia: le elezioni sono vicine». E poi ha riassunto così il momento che sta attraversando il partito. «Un partito che si era costretto a essere solo “il partito di governo”, con gruppi parlamentari chiamati solo a fare pigia-tasti, all’indomani delle dimissioni di Berlusconi si è manifestato per la sua inesistenza». Del resto, i sondaggi che arrivano ogni mattina sul tavolo del Cavaliere sono a dir poco sconfortanti. Giovedì 25 gennaio il quotidiano Libero di Maurizio Belpietro attestava il Pdl intorno al 22 %. Ma ormai c’è anche chi in via dell’Umiltà a Roma, sede del partito, assicura che «siamo già sotto al 20». L’annuncio dei congressi, che doveva rilanciare il dibattito democratico del partito di plastica caro a Daniela Santanchè, ha in realtà fatto emergere divisioni e spaccature.
In Lombardia, oltre agli arresti dei consiglieri regionali Massimo Ponzoni e Franco Nicoli Cristiani, ci si interroga sulla prossime mosse del governatore lombardo Roberto Formigoni. Tra le fila pidielline più laiche si fa notare che il Celeste stia lavorando di più con il Terzo Polo per il suo futuro politico, piuttosto che per sistemare il partito. Ma il peso del Celeste si fa sentire in regione. Non solo per l’imminente rimpasto annunciato, dopo l’ondata di arresti degli ultimi mesi. Nelle roccaforti cielline Formigoni sta provando lentamente a scalzare il peso dei berluscoani. Come a Varese dove l’eurodeputata Lara Comi deve vedersela a livello provinciale contro l’assessore ai Trasporti Raffaele Cattaneo.
Anche in Piemonte a pesare sono gli arresti degli ultimi mesi. Nel luglio dello scorso anno, l’inchiesta Minotauro sulla ‘ndrangheta ha scosso il partito e i vertici regionali. Il coordinatore regionale Enzo Ghigo avrebbe radunato le truppe nell’ultimo mese promettendo posti e nomi in lista alle prossime amministrative in modo da costrastare l’avanzata dell’ex aennino Vito Bonsignore.
In Veneto è in corso una guerra che va avanti da almeno un anno. Giancarlo Galan, ex governatore continua a colpire a testa bassa l’ex ministro al Welfare Maurizio Sacconi, reo di aver stretto amicizia con gli ex di Allenza Nazionale, rinunciando alla vocazione laica e liberale del partito. A Vicenza è esploso lo scandalo delle tessere false, dove sono risultati iscritti dei cittadini defunti e perfino il deputato del gruppo misto Massimo Calearo. Dall’altro lato del Po, in Emilia Romagna, Carlo Giovanardi e Isabella Bertolini hanno ingaggiato una guerra dagli esiti ancora incerti. Lei lo accusa di «essere un vecchio», lui risponde che è stata lei con le sue iniziative a far crollare «il governo Berlusconi». Lo scontro tra i giganti pidiellini prosegue a sud, con le lotte fratricide in Campania, dove appena il 24 gennaio è arrivato il commissario straordinario Nitto Palma al posto di Nicola Cosentino. Idem nel Lazio, dove il 29 si svolgeranno le primarie di Frosinone: sono le prime e tra i berlusconiani di ferro si teme un effetto domino in tutta la penisola.
Ma più che a congressi e primarie, ai pidiellini in questo momento sembrano stare particolarmente a cuore i buchi nel bilancio. In Lombardia è la guerra dei lunghi coltelli. All’ultimo coordinamento qualcuno ha chiesto risorse per i gazebo elettorali: in cassa non c’è un euro. E il coordinatore Mario Mantovani ha accusato alcuni deputati e assessori di non aver versato i contributi. Il quotidiano Libero ogni giorno spara qualche nome per smuovere le acque: tra i morososi sui pagamenti ci sarebbero Massimo Buscemi e proprio l’ex assessore Ponzoni.