Tragedie marittime di queste proporzioni sono fortunatamente rare, ma quanto è successo alla Costa Concordia della Costa Crociere, in navigazione presso l’Isola del Giglio, è destinato a imprimersi nell’immaginario collettivo a fianco di eventi disastrosi come l’incendio del Moby Prince.
Mentre scriviamo, il bilancio è ancora provvisorio (3 vittime, di cui 2 due turisti francesi e un membro dell’equipaggio peruviano, e un imprecisato numero di feriti e dispersi) ed è naturalmente presto per una valutazione delle cause dell’incidente. Tuttavia, pur non escludendo l’ipotesi di un guasto tecnico, dai primi riscontri (frutto dell’incrocio delle dichiarazioni rilasciate dal comandante con quelle fornite da alcuni testimoni e da un esperto comandante che ha chiesto l’anonimato) sembra più probabile che a causare l’impatto con lo scoglio che ieri sera ha squarciato la nave per diverse decine di metri, causandone l’abbattimento su un fianco, sia stato un distaccamento dalla rotta tracciata e il conseguente eccessivo avvicinamento alla costa (pratica non rara sulle navi passeggeri, con evidenti fini turistici), in acque costellate di scogli non (o poco) segnalati sulle carte nautiche della zona.
Il comandante della nave, Francesco Schettino (già sentito dalla Magistratura che ha aperto un’inchiesta), preso atto dell’incidente avrebbe poi optato per la manovra di avvicinamento all’Isola del Giglio, che di fatto ha relativamente facilitato i soccorsi. In ogni caso il rischio per lui è di essere incriminato per omicidio colposo, qualora gli venga attribuita la responsabilità di essersi avvicinato troppo alla costa durante la navigazione. Al momento è in stato di fermo.
Mentre si concludono le operazioni di soccorso alle persone, (sulla cui gestione ci sono dei punti interrogativi), la priorità sarà quella di evitare sversamenti di agenti inquinanti. A tal fine sono già stati allertati e sono già all’opera gli esperti dell’azienda olandese Smit, una delle più importanti realtà mondiali nel settore dei salvataggi marittimi, che si coordineranno con quelli della Fratelli Neri di Livorno. Sentita da Linkiesta, una fonte vicina all’azienda olandese ha detto che è presto per una valutazione del rischio di sversamenti in mare e della tipologia e dei tempi di intervento, essendo molte le variabili in gioco, dalla collocazione delle cisterne che contengono il carburante della nave all’accessibilità alle stesse. In generale Smit, nel cui staff figura anche una squadra di sommozzatori, agisce con la tecnica dell’hot tapping, che consiste in breve nell’individuare i serbatoi, forarli e risucchiarne il contenuto. I dettagli dell’operazione restano tuttavia ancora da definirsi e per un quadro più completo occorrerà attendere le prossime ore.
Il secondo passaggio consisterà nel valutare la possibilità di raddrizzare la nave – un gigante da 114mila 500 tonnellate di stazza lorda, costruito nel 2006 dalla Fincantieri di Sestri Ponente e pagato 450 milioni di euro, lunga 290 metri e capace di ospitare 3mila 800 passeggeri, gemella dell’ammiraglia della flotta Costa Favolosa – dopodiché occorrerà capire se Costa Concordia potrà tornare a navigare.
In questo senso entreranno in gioco valutazioni di natura finanziaria ed assicurativa. Le navi sono assicurate per un determinato valore che viene corrisposto in pieno all’armatore solo in caso di “perdita totale”. Costa Crociere dovrà quindi valutare il da farsi sulla base della sua polizza “corpi e macchine”, della possibilità di riportare in operatività la nave, dell’eventuale costo e dei tempi di inservibilità della nave collegati all’eventuale riparazione, anche in ragione del riposizionamento della clientela che aveva già prenotato sulla Concordia (un commerciale della compagnia ha rivelato di esser stato chiamato al lavoro, insieme alla maggioranza dei colleghi, già nella tarda serata di ieri). E, per quanto possa apparire improprio un simile ragionamento in questo momento, è impossibile nascondere che un’eventuale decisione di Costa di riparare la nave potrebbe avere riflessi significativi sulla situazione dello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, che la costruì.
Rimanendo in ambito assicurativo, va ricordato poi come per la responsabilità per danni a terzi le compagnie armatoriali utilizzino le cosiddette polizze P&I (protection and indemnity) fornite dai Clubs, una sorta di associazioni mutualistiche fra armatori. A quanto è stato possibile ricostruire Costa si avvale sia per l’assicurazione “corpi e macchine” (che, come detto, copre i danni alla nave) che per quella P&I del broker statunitense Aon (Costa Crociere è parte del gruppo crocieristico Carnival, che ha sede a Miami), uno dei maggiori operatori assicurativi al mondo. Come spiega un broker esperto di P&I, in generale queste polizze prevedono la copertura dei danni ai passeggeri e ai membri dell’equipaggio, degli eventuali danni ambientali e delle relative sanzioni e della rimozione del relitto qualora imposta dalle autorità.
Per ogni ulteriore valutazione i tempi sono prematuri: nella speranza che il bilancio dei morti nell’incidente non si aggravi, l’urgenza ora è anche quella di evitare conseguenze per l’ambiente, dopodiché l’inchiesta avviata dalla Magistratura farà luce sulla dinamica dei fatti.