Più che il canto del cigno, è il colpo di coda del caimano. Silvio Berlusconi è tornato e ha dimostrato ancora una volta che in questo Parlamento la maggioranza ce l’ha ancora lui. È stato a lungo in silenzio, di lui si è saputo molto poco. Ormai, andavano ripetendo in coro i cronisti parlamentari, non fa più notizia, è finito. Previsione sbagliata, l’ennesima.
È tornato, il Cavaliere. E si è messo al telefono per salvare Nicola Cosentino dalla richiesta di autorizzazione all’arresto per concorso in associazione camorristica. E avrebbe persino incontrato di persona il suo alleato di sempre, Umberto Bossi. Grazie a lui è riuscito a rompere il fronte leghista che sembrava – sempre a leggere le cronache degli attenti notisti politici – ormai saldamente nelle mani di Roberto Maroni. I numeri hanno raccontato una realtà diversa: 309 voti contro 298 e Cosentino agli arresti non ci va. Decisivi, con ogni probabilità, anche i voti dell’Udc. Sicuramente quelli dei Radicali.
Ma il dato politico, il titolo per dirla volgarmente con gergo giornalistico, è che il Caimano è tornato. E ha vinto proprio su un tema a lui caro e che lui vede così: l’invasione, più che l’ingerenza, negli affari della politica. Ora, questo voto può essere letto in diversi modi. Anche come l’ultima dimostrazione di forza prima di un inesorabile declino. Di fatto, ormai, lui è fuori dalla scena. Il Paese procede, litiga, dibatte, sciopera, discute senza tenere in alcuna considerazione il suo pensiero, le sue idee: dalle liberalizzazioni all’articolo 18. Ma Berlusconi oggi ha fatto sapere a tutti che in Parlamento lui è vivo e vegeto e i numeri sono dalla sua parte.
Un messaggio inequivocabile, che arriva a Palazzo Chigi e al Quirinale. E nel giorno in cui l’orizzonte di una nuova legge elettorale si sgretola, come peraltro ampiamente previsto, riportando il Porcellum in prima fila anche per le prossime elezioni, la vittoria suona doppia. Forse non sarà il vecchio che avanza, ma è sicuramente il vecchio che non si arrende e si fa sentire.