Frecciarossa e faccetta nera. Sì, su Trenitalia adesso possono davvero viaggiare tutti, perfino gli immigrati. Ma sia chiaro, non mescolati. Che significa? Presto detto.
Dopo aver detto addio alla ormai obsoleta suddivisione in prima e seconda classe, il nuovo servizio ne propone ben quattro. In ordine di importanza, sono i pacchetti della Executive, la Business, la Premium e infine la Standard, quella più a buon mercato.
Chi viaggerà con quest’ultima avrà «un viaggio con la velocità, la sicurezza e le dotazioni tecnologiche del Frecciarossa a prezzi competitivi», recita la pubblicità. Splendido. Con un limite, però: «ai clienti del livello Standard non è consentito l’accesso alle carrozze Premium, Business ed Executive». Non possono nemmeno andare nella carrozza ristorante. Ma se l’apartheid dei viaggiatori può sembrare poca cosa di fronte al vantaggio di un servizio vantaggioso ed economico, si può anche sorvolare. O no? Dipende.
Come si può vedere, ogni classe è esemplificata da un’immagine. Nella Executive chi c’è? Vediamo top manager che approfittano del viaggio per spiegare le loro nuove strategie d’impresa. Bene. La Business, invece, appare vuota, ma con la grinta di chi non ha nemmeno il tempo da perdere per sedersi.
Scendendo di grado, ecco la Premium: qui una bella cameriera è felice di servire una coppia middle class, anche quella sorridente.
E nella Standard, quella isolata dalle altre, chi troviamo? Una famigliola di neri. Felici anche loro, forse perché, chissà come, sono riusciti a permettersi un treno.
Un’associazione fin troppo semplice: nella Standard ci vanno i poveri, che poi sono sempre loro, gli immigrati. Nessun nero figura nelle altre immagini, e non per mancanza di spazio. Avrebbero potuto metterne uno nella Business, ma è rimasta vuota. È un caso di razzismo? Sembra di sì. Ma, purtroppo, sono cose che capitano a tutti. O meglio, a chi, per forma mentis, decide di dividere i viaggiatori sulla base del reddito. E di tenerli separati a tenuta stagna.
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