PARMA – Tempi di tecnici non solo a Palazzo Chigi. Nel parterre de roi della finanza italiana riunita nella città emiliana per ascoltare la prima uscita pubblica di Ignazio Visco da governatore della Banca d’Italia, mancano i nomi “più politici” della finanza. Non c’è, causa dimissionamento dalla presidenza delle Generali, Cesare Geronzi. Non c’è l’altro grande vecchio della finanza italiana, Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo. Manca pure un peso massimo delle relazioni di potere a cavallo fra politica, lobby e finanza come Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit.
Il 18° congresso del’Assiom Forex, l’associazione che riunisce gli operatori dei mercati finanziari, quest’anno è avaro di custodi degli equilibri di potere “sistemici”. Su tutti spiccano due volti nuovi: Enrico Cucchiani, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, e il direttore generale di Banca Monte dei Paschi, Fabrizio Viola. Presente, per dovere d’ufficio, il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari. E nel parterre si notano anche l’amministratore delegato del Banco Popolare Pier Francesco Saviotti, Dieter Rampl, presidente di Unicredit, che si è detto oggi disponibile a un nuovo mandato – che comporterebbe l’uscita dal board di Mediobanca, in base alla norma che vieta i doppi incarichi – e il consigliere delegato di Ubi, Victor Massiah.
Giusto un anno fa, Geronzi sosteneva che ci fosse «grandissima armonia» all’interno del consiglio di amministrazione del Leone di Trieste, aggiungendo però che la compagnia assicurativa doveva ancora affrontare il nodo dell’immobiliare. Parole che suscitarono le ire del ceo Giovanni Perissinotto, il quale si affrettò a replicare: «Le performance del settore immobiliare sono ottime». Un passaggio che, di fatto, sancì la rottura insanabile con il top management e l’uscita del banchiere laziale.
Oggi sono parzialmente cambiati i protagonisti, ma a tenere banco nelle conversazioni sono sempre le operazioni “sistemiche”. Generali è infatti ancora al centro dei rumor finanziari per via della fusione tra Unipol e Fondiaria Sai, partita orchestrata da Mediobanca e Unicredit, sulla quale si è inserita Palladio Finanziaria, azionista del gruppo assicurativo triestino, e la Sator di Matteo Arpe. Alle grandi manovre per creare il secondo player del mercato italiano dopo, appunto, Generali, si affiancano quelle per il riassetto di Mps.
Giuseppe Mussari, presente oggi in veste di presidente dell’Abi, la lobby bancaria italiana, lascerà la carica di presidente della banca senese ad aprile, mentre la Fondazione Mps ha venduto recentemente il 15% di Rocca Salimbeni in suo possesso. Mossa condivisa da Viola, che auspica possa portare ad un azionariato stabile e in linea con il management, soprattutto nella delicata definizione del piano industriale. Sul potenziale compratore di quel 15% si è ventilato il nome di Intesa Sanpaolo, tra i grandi creditori della Fondazione, ma Cucchiani, interpellato sul tema, ha preferito non commentare.
I banchieri riuniti a Parma plaudono all’esordio di Visco. «Un discorso coraggioso, scomodo», è l’opinione comune dei signori del credito. Tra l’ex governatore Mario Draghi e il ministro Tremonti, come è noto, non correva buon sangue, mentre l’avvio di un tavolo comune sui doppi incarichi, per evitare i rischi di “concertazioni collusive nei cda”, è stato interpretato dai top manager come un segnale di netta continuità tra Palazzo Koch e via XX Settembre. Condivisione piena anche nel richiamo alla sobrietà nell’erogazione dei dividendi e nei bonus ai vertici delle banche, pur con un «aspettiamo e vediamo» sulle annunciate indicazioni che Bankitalia fornirà agli operatori finanziari in merito.
Il tema della contrazione dei finanziamenti alle imprese, invece, solleva qualche puntualizzazione. «Le esigenze di rafforzamento patrimoniale delle banche italiane che hanno partecipato all’esercizio dell’Eba (il regolatore bancario comunitario, ndr) possono essere soddisfatte senza una contrazione dei finanziamenti all’economia», ha detto Visco. Via Nazionale, peraltro, deve ancora esprimersi sui piani di rafforzamento patrimoniale messi in campo da Mps, Banco Popolare e Ubi per evitare di chiedere agli azionisti un nuovo aumento di capitale in seguito ai rilievi mossi proprio dall’Eba. «Noi non apriremo il portafoglio», dice a Linkiesta Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi, che come Unicredit, Intesa e Banco Popolare ha varato un piano di riacquisto sul mercato di propri strumenti ibridi grazie alla liquidità messa in campo dalla Bce, ottenendo una plusvalenza di 14 milioni di euro.
Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit – istituto che oggi ha incassato i complimenti di Visco («una grande banca ha già portato a termine con successo un forte aumento di capitale») – spiega a Linkiesta che Piazza Cordusio deciderà la prossima settimana se attingere ancora al rubinetto di Eurotower, ammettendo che «si tratta di un’opportunità interessante». Sulla contrazione dei prestiti alle imprese, il braccio destro di Ghizzoni fa notare un passaggio preciso dell’intervento di Visco: «Prestiti a imprese ben capitalizzate richiedono alle banche una minore copertura patrimoniale e possono essere concessi a tassi contenuti». Quasi a dire che Basilea III, che per Palazzo Koch dovrebbe favorire la crescita delle imprese, non fa paura.
Soltanto con l’approvazione dei bilanci sarà possibile capire se la gelata del credito e la fuga dei depositi si saranno arginati negli ultimi tre mesi del 2011, per ora i manager tecnici sbarcati oggi a Parma sono tutti d’accordo con Visco. Al netto delle operazioni “sistemiche”. E si capirà anche se sui bonus i banchieri sono stati coerenti con fatti, oltre che d’accordo a parole.
Twitter: @antoniovanuzzo