LONDRA – Italia sempre e comunque “Cenerentola” costretta a inseguire – copiando – i primi della classe? Per quanto riguarda lo scottante tema dei denari di chi ci governa per la verità no; o meglio, sì e no. La mossa decisa dall’esecutivo guidato da Mario Monti di pubblicare online i redditi dei ministri va infatti oltre rispetto a quanto si usa fare in Gran Bretagna, paese tradizionalmente attento al tema della trasparenza.
Sapere che macchina possiede un ministro di sua maestà o quanti metri quadri misuri la sua seconda casa sono dettagli ritenuti troppo “personali” e nocivi rispetto al diritto alla privacy – altro concetto fondamentale al di là della Manica. Dall’altro lato, però, Londra si è dotata di un codice di condotta ministeriale e di strutture codificate – ad esempio la figura dell’Independent Adviser, che ha un suo ufficio – per assistere i membri del governo ad essere più bianchi del bianco, per citare una celebre espressione del Tony Blair delle origini.
Inoltre, particolare non da poco, anche gli affari di Lord e deputati sono vincolati al pubblico scrutinio e si rintracciano facilmente sul sito internet del Parlamento. Ecco allora che per avere un quadro completo – spiegano al Cabinet Office, il ministero che gestisce i ministri – la cosa migliore da fare è leggere “in parallelo” i rapporti pubblicati con scadenza semestrale da Westminster e dal Cabinet Office. La stella polare, in entrambi i casi, è evitare il conflitto d’interesse. Il codice ministeriale d’altra parte parla chiaro: «I ministri devono impedire il sorgere di ogni conflitto d’interesse tra i loro incarichi pubblici e gli interessi si natura personale, sia finanziari che di altro tipo».
La lista include interessi detenuti dai ministri – e dai membri stretti delle loro famiglie – considerati “rilevanti”. Incrociando i dati si può allora vedere che il premier David Cameron riceve il suo stipendio da primo ministro – 142mila 500 sterline; quello dei ministri è per tutti 134mila 565 (101mila 038 se sono Lord) – e possiede «un appartamento a Londra da cui riceve un affitto». A quanto ammonti, però, non è dato sapere. In compenso si può facilmente scoprire che la signora Cameron ha un impiego di consulente creativo per Smythson e che la moglie di Nick Clegg, oltre ad essere partner di uno studio legale, è Independent Adviser per Acciona.
Detto questo, i redditi nero su bianco non ci sono. È il motivo è presto spiegato. «La lista – si legge – non è un resoconto di tutti gli interessi finanziari detenuti da un ministro o dai suoi parenti stretti. Se così fosse, sarebbe un’ingiustificabile intrusione nono solo nei suoi affari privati ma anche in quelli della sua famiglia. Più che altro è un elenco di interessi che sono, o potrebbero essere, direttamente rilevanti per la particolare funzione pubblica del ministro in questione». Tra l’altro, se certi beni sono stati liquidati prima di assumere la carica i beni «non vengono riportati». Anche le prime case – vale la residenza – non vengono dichiarate. La radiografia – che si applica anche a viceministri e sottosegretari – non è dunque intesa come indagine patrimoniale ma piuttosto come, per l’appunto, elenco di interessenze.
Ecco dunque far capolino incarichi onorifici, presenza o meno in consigli di amministrazione (e se sono retribuiti o meno), regali o rimborsi spese ricevuti da chi e perché. Spulciando il dossier dedicato ai deputati si può allora vedere che il ministro Jeremy Hunt ha ricevuto a partire dal dicembre 2009 mille sterline al mese per due ore di consulenza alla settimana dall’azienda Hotcourses (di cui Hunt possiede delle azioni) e che possiede il 50% di una casa in Italia (da cui riceve un affitto). Segue poi un fitto elenco di collaborazioni (una a caso: 360 sterline per aver recensito un libro per il Daily Telegraph). Se il ministro della Cultura gira in Aston Martin e la casa in Italia ce l’ha a Portofino, però, sono fatti suoi.