CineteatroraKlimt compie 150 anni e Milano festeggia con una mostra

Klimt compie 150 anni e Milano festeggia con una mostra

«Ad ogni tempo la sua arte – libertà per le arti» recita il motto inciso sulla facciata del Palazzo della Secessione viennese. La fine del XIX secolo vede concentrarsi proprio lì i principali fermenti economici e culturali, nella capitale dove da sempre è l’ufficialità a occuparsi dei beni artistici.

Tuttavia, per qualcuno non serve difendere, ma allargarsi e abbracciare modernità, rompere con le esclusioni perbeniste e inaugurare un incrocio di provenienze e avanguardie. Ed è così che nel movimento che si separa dall’organo ufficiale, l’Associazione degli artisti viennesi, e fa capo alla rivista Ver Sacrum (1898-1903) come megafono di opere e idee, compaiono sia simbolisti che naturalisti. La Secessione coi suoi architetti, tra tutti Olbrich, Hoffmann e Wagner, coi suoi pittori e decoratori tra cui Klimt, Hodler, Andri, Stolba e scultori come Klinger, getta scompiglio fondendo i generi in una ribellione all’immobilità del pensiero critico e creativo.

Dopo il 1846 e la rivisitazione della Nona di Beethoven ad opera di Richard Wagner, è quasi un flusso indomito e rigenerante la piega sempre più allegorica che il decorativismo innato di Klimt, quell’abilità appresa alla Scuola di arti applicate sulla scia di Koloman Moser, si traduce in un linearismo dai minimi ritocchi sentimentali, con tensioni estetizzanti già astratte nei paesaggi e impercettibilmente compiaciute. Oggi, a centocinquant’anni dalla sua nascita, Milano coglie l’occasione per rendergli tributo attraverso disegni, manifesti, copertine e una riproduzione in scala del Fregio di Beethoven, l’opera concepita in onore del musicista durante la XIV esposizione del 1902.

Si osserva una voluta ricostruzione di quanto accade sulle tre pareti del Palazzo della Secessione, ed ecco allora il viaggio allegorico del cavaliere armato in vesti dorate di eroe e liberatore spirituale. Una prima immagine non presente nelle sale dello Spazio Oberdan milanese, che invece ripercorre su pannelli scenografici, inevitabilmente freddi e innaturali, la seconda e terza sezione del Fregio: dalla sfida delle forze ostili all’incontro salvifico con i geni fluttuanti della poesia che sfrondano muri invisibili fino al Regno Ideale con il coro di angeli che precede l’abbraccio beato.

L’impressione è che si tratti di un magma, una contaminazione di toni concessi a tutti, quanto gli strilli dei manifesti che indirizzano l’arte alla sua fruizione universale. Si va ben oltre il dichiarato richiamo wagneriano alla totalità e all’Ode alla gioia di Beethoven e Schiller: la nuova architettura converte il decorativismo in opzione costruttiva tra facciate piatte e cupole d’oro, e Klimt non smette di abbozzare su carta da pacchi o lucida giapponese linee femminili in costante ricerca d’appagamento. Il carico di amore e morte, il debito verso quel mistero degli opposti nell’anelito alla gioia suprema non ammette separazioni tra pittura, scultura, architettura, arti grafiche e musica. E da lì va segnando l’interiorità dei volti con profili espressionisti sempre più marcati, con la prefigurazione dei solchi umani e accartocciati su se stessi di Schiele o più caricati e rabbiosi di Kokoschka. Il progetto di restituire al mondo il bacio dell’artista come salvezza fa sì che il tratto, la sinfonia e il pugno chiuso della statua di Beethoven – quest’ultima opera di Max Klinger – rompano le regole allo stesso modo degli schizzi e disegni di Klimt, 4000 in tutto e solo 300 per la realizzazione del Fregio.

Pur nella povertà evidente di questo tentativo milanese diviso tra collezioni private e prestiti, con qualche buona documentazione, un piccolo bookshop costruito ad arte e un catalogo di grido, si riesce a rintracciare la devozione che dell’artista cardine del secessionismo viennese restituisce almeno il retroscena, la preparazione lenta e insistita sui medesimi soggetti.

Si osservano pose di donne colte nel sonno o con una direzione precisa del volto, carni sdraiate e sfilacciate dalla matita o sfumate dal gesso, volumi e arti ancora imperfetti prima degli ori e delle campiture precise. Ma già in Profilo di ragazza rivolto a destra con la testa china si intravede Musica I (1895) o nella visionarietà e insieme iperrealismo di Donna incinta e uomo visto da sinistra si anticipa Speranza I (1903). Un modello, una mappa scandalosa perché erotica o semplicemente vorticante attorno ai corpi degli amanti, espressione di un’estasi. Una tessitura fittissima che Klimt insegue sovrapponendo interventi inesausti di cui si servirà anche nei tre pannelli allegorici Giurisprudenza, Filosofia e Medicina realizzati per l’aula magna dell’università di Vienna. Da qui la verità simile agli interstizi e tormenti del musico che alla fine inneggia: «Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio vada al mondo intero!».

Spazio Oberdan Milano, Piazza Oberdan 
Gustav Klimt. Disegni intorno al Fregio di Beethoven 

Fino al 6 maggio 2012
Orari: mar e gio 10-22 – mer, ven, sab, dom 10-19-30, lun chiuso 
Biglietti: Euro 8/7/6 
Info: www.klimtmilano.com

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