Ci voleva una casalinga di Vedano al Lambro, Roberta Ciceri, per spezzare l’asse La Russa-Brambilla sulla gestione dell’autodromo di Monza. Sembra la sceneggiatura di un film, ma è la cruda realtà dopo che questa socia dell’Aci (Automobil Club Milano) ha vinto il ricorso al Tar per le irregolarità nel consiglio di amministrazione dell’ente che si era insediato nel luglio del 2010 tra polemiche e proteste degli ex soci. La vicenda è alquanto complessa e delicata, perché in un modo o nell’altro va a toccare le polemiche che negli ultimi anni aveva innescato il progetto di portare un Gran Premio anche a Roma come il ricco giro d’affari che ruota intorno al circo della Formula 1 di Bernie Ecclestone.
Il tribunale regionale con sentenza depositata il 13 febbraio (vedi in basso il testo integrale), quindi, ha stabilito che in base all’art. 6, comma 5, d.l. 78/2010, i consiglieri possono essere al massimo 5 e non 9. Ovvero: «tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, provvedono all’adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, nonchè il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti».
Il consiglio si era insediato appena 53 giorni dopo l’introduzione della legge e in questi anni da corso di Porta Venezia si eranno affannati nel ricordare che nessuno dei componenti riceveva emolumenti o gettoni di presenza. Non c’è stato nulla da fare. L’Aci ha già annunciato che si rivolgerà al consiglio di stato, ma il board dove sedevano Geronimo La Russa, figlio dell’ex ministro della Difesa Ignazio, e Eros Maggioni, compagno di Michela Vittoria Brambilla è di fatto decaduto. Non è tutto. Perché a traballare, come spiega l’avvocato Alberto Salvadori che ha seguito il ricorso della Ciceri, è soprattutto il consiglio direttivo della Sias (Società Incremento Automobilismo e Sport), controllata dell’Automobile Club Milano che gestisce appunto le attività dell’autodromo.
Un bel pasticcio. Perché era appunto il giro d’affari intorno al Gran Premio, tra appalti di ristorazione e manutenzione comprese le sponsorizzazioni, per un brand che vale secondo la Camera di commercio di Monza e Brianza circa 4 miliardi di euro, l’obiettivo ultimo degli allora ministri del Turismo e della Difesa. Basti pensare che nel 2011, secondo dati della stessa Camera di Commercio, solo per la settimana del Gp l’indotto per l’accoglienza turistica è pari a oltre 31 milioni di euro «a cui vanno aggiunti quasi 4,5 milioni di euro di benefici per il comparto degli allestimenti, comunicazione, spedizioni, allestimento impianti e facchinaggio della Brianza che lavora direttamente per la manifestazione e per gli eventi collaterali della settimana».
È un business che tocca tutte le province lombarde e che diventerà particolarmente importante in vista dell’Expo 2015, dal momento che il Gran Premio di Monza è già stato inserito tra i top event. Nel 2011 circa 10,3 milioni sono arrivati dallo shopping dei turisti, 10,4 dagli alloggi del cosiddeto ‘popolo dei motorì, circa 8,5 dalla ristorazione e 2,4 milioni di euro da parcheggi e trasporti. A livello territoriale, il giro di affari rimane per 16,2 milioni di euro a Monza e in Brianza, mentre a Milano vanno 9,6 milioni e oltre 4 milioni tra Como e Lecco. E ora cosa potrebbe accadere? In teoria spetterà all’attuale ministro del Turismo Piero Gnudi nominare un commissario all’Aci. Ma di mezzo c’è il tempo, anche perché Gnudi ha già diverse altre questioni in ballo messe in piedi dalla Brambilla, tra cui anche un giornale on line finanziato dal ministero e fermo dopo un altro ricorso al Tar.
In ogni caso, l’avanzata del duo del Popolo della Libertà verso la pista brianzola era stata lenta ma inesorabile. Nel luglio del 2010 su disposizioni del ministero del Turismo, l’Aci Milano veniva commissariato con la nomina di Massimiliano Ermolli, figlio di Bruno, presidente di Promos molto vicino all’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Poi le elezioni, con l’esclusione della «Lista per la Trasparenza», che aveva presentato ricorso senza però ottenere risposte. A questo punto, nel dicembre di quello stesso anno si insediava il nuovo direttivo della Sias con a capo Paolo Guaitamacchi, indicato da Geronimo La Russa, insieme con i consiglierli Pierfausto Giuliani, tra i fondatori dei Circoli della Libertà della Brambilla, Pietro Mazzo, Michele Nappi e Fabrizio Turci. Tutto a posto? Non proprio. In questi due anni infatti la procura di Milano ha continuato a indagare dopo il ricorso da parte della Lista per la Trasparenza. In ottobre i magistrati hanno convocato persone informate sui fatti, ma al momento, dopo la vittoria della casalinga tutto potrebbe bloccarsi. Come spiegano gli avvocati dello studio Nava, infatti, i ricorsi potrebbero essere ritirati.