Il pugno nero di Tommie Smith e John Carlos a Messico 68, il gesto di protesta più eclatante della storia delle Olimpiadi
Non criticherai il tuo compagno di squadra né prima né dopo le Olimpiadi. Non rivenderai il kit in dotazione su e-bay e lo terrai sempre in buon ordine. Non parteciperai a conferenze non ufficiali con la medaglia al collo o indossando la divisa olimpica. Non farai un tatuaggio che testimoni idee politiche o di marketing. Non parlerai male degli sponsor anche se hai una controversia legale in atto.
Non sono i dieci comandamenti visti al contrario, ma trentaquattro pagine fitte fitte di regole alle quali i 560 atleti della squadra olimpica britannica dovranno sottostare, e firmare, se vorranno partecipare ai prossimi Giochi olimpici. La pena più lieve è una multa, quella più pesante l’addio ai sogni a cinque cerchi. In verità i mugugni da parte della squadra d’oltremanica ci sono eccome ma tant’è, le Olimpiadi valgono bene qualche rinuncia. Anche perché queste trentaquattro pagine sono frutto di un anno di contatti tra Comitato olimpico e manager degli atleti. Sul tavolo delle trattative cosa si può e cosa non si può fare onde evitare di incorrere in disguidi. Più volte in passato, gli atleti erano stati bacchettati dal comitato olimpico per essere andati oltre il seminato.
Il “Team Member’s Agreement”, come le parti hanno chiamato questo opuscolo di regole, non prevede solo rinunce, ma anche liberatorie e riconoscimenti. Ad esempio il fatto che i vincitori di medaglie d’oro olimpiche cederanno la loro immagine per mille sterline alle Poste reali per l’emissione di una serie di francobolli che saranno emessi dopo i Giochi. Oppure sapere che mantenere la rettitudine morale potrà servire ad entrare nella lista della costituenda Hall of Fame dello sport britannico.
Il “Team Member’s Agreement” affonda le sue radici in quel che accadde prima delle Olimpiadi del 2000 svoltesi a Sydney quando Kieren Perkins, recordman del mondo dei 1500 stile libero, avviò un’azione legale per la protezione dei suoi dati personali che, a suo dire, non potevano essere pubblicati neanche sugli annuari se non ci fosse stato il suo specifico consenso. Ed allora, olimpiade dopo olimpiade, il Comitato Britannico si è sempre trovato a dover rincorrere ora una polemica, ora uno sponsor, ora un atleta comportatosi in maniera disdicevole. Da qui l’idea, grazie a questa firma, di farsi rilasciare anche una liberatoria per poter pubblicare non solo i dati in un apposito database, ma finanche le impronte dei piedi ed un messaggio audio registrato.
Tra gli altri divieti che gli atleti dovranno rispettare: vietato modificare parti della divisa ufficiale realizzata da Stella McCartney, vietato scommettere sulle gare, fare pronostici o saltare la festa di fine Giochi programmata dal Comitato olimpico per il 14 agosto. Sir Joe Sebastian Coe, presidente del comitato organizzatore applaude, ma gli atleti fanno sapere: “Tutto bene, ma forse hanno un po’ esagerato”