Continua il braccio di ferro tra il leader della Lega Nord Umberto Bossi e Flavio Tosi sulla lista civica personale del sindaco di Verona da presentare alle prossime elezioni amministrative. Durante un battibecco a distanza, il Senatùr ha replicato all’intervista concessa dal primo cittadino scaligero alla Stampa. «Se presenta la sua lista è fuori dal partito», queste le parole del Capo, che però non sembrano scalfire più di tanto l’animo di Tosi, che in serata avrebbe ribadito ai suoi l’intenzione di portare avanti il suo progetto.
Lo sponsor del sindaco veronese è Roberto Maroni, l’ex capo del Viminale, che in questi giorni si è tenuto abbastanza distante dalle polemiche interne, ma che proprio oggi ha incassato una vittoria importante al congresso provinciale di Milano. Tra i maroniani ne sono sicuri. «Sarà Bobo a decidere cosa farà Tosi, dipenderà dai congressi in Veneto». Già lo scorso autunno il Senatùr definì «stronzo Tosi», uno che portava «i fascisti nella Lega», minacciandolo di espulsione. Poi, però, non accadde assolutamente nulla.
E appunto oggi, mentre Bossi si recava in Piemonte a incoronare ancora una volta Roberto Cota segretario nazionale (regionale ndr), in via Bellerio, sede del movimento nel capoluogo lombardo, è andata in scena l’ennesima debacle del cerchio magico bossiano. A spuntarla questa mattina è stato infatti Igor Iezzi, giornalista della Padania, vicino a Maroni e all’europarlamentare Matteo Salvini, riconfermato per 54 voti a 42 segretario provinciale milanese. Contro di lui i cerchisti hanno schierato il consigliere comunale meneghino Max Bastoni, fedelissimo dell’europarlamentare Mario Borghezio, appoggiato nella sua sfida contro Iezzi pure dalla vicepresidente del senato Rosi Mauro e da Davide Boni, presidente del consiglio regionale lombardo da poco indagato per corruzione.
Bossi sarebbe dovuto passare in mattinata in sede, qui ha diritto di voto, ma non si è fatto vedere, preferendo le lande piemontesi. Ha lasciato così spazio ai barbari sognanti che hanno incassato l’ennesima vittoria sul territorio lombardo, dopo Brescia e Varese città, altro tassello del mosaico di controllo di Maroni dentro al partito. Solo unendo i puntini tra i congressi a Milano e in Piemonte si può capire che la battaglia che Tosi sta portando avanti dentro alla Lega va al di là delle prossime elezioni. Lo stesso sindaco lo ha spiegato alla Stampa, ricordando che entro la fine di giugno è previsto il congresso nazionale in Veneto, dove con tutta probabilità lancerà l’assalto alla segreteria del bossiano Giampaolo Gobbo. «Non è tanto Bossi» diceva questa mattina Tosi prima che il Senatùr lo minacciasse per l’ennesima volta di espellerlo. «Non la vuole qualcun altro che tende a confondere due piani che dovrebbero restare distinti: le elezioni di Verona e il congresso regionale della Lega Veneta che si terrà in giugno».
La battaglia è quindi legata a questioni interne più che alle amministrative. Il Capo sa bene che Tosi ha terreno facile per vincere a Verona, difficilmente lo metterà fuori gioco data l’importantanza della partita, ma vuole, secondo voci trevigiane, ostacolarlo in vista dei congressi. Anche perché alla fine dei congressi nazionali i bossiani potrebbero restare a bocca asciutta, potendo contare solo su Cota, definito tra i maroniani come «un democristiano sognante», per via della sua capacità di non sbilanciarsi mai tra l’uno e l’altro gruppo.
In Veneto ribolle la rabbia. Qui si devono ancora celebrare i congressi di Padova e Treviso, dove i cerchisti Federico Bricolo e lo stesso Gobbo stanno provando a temporeggiare, ben sapendo che i tosiani avrebbero terreno facile per vincere. Insomma, è un braccio di ferro che potrebbe continuare ancora a lungo, ma che secondo i barbari sognanti pro Maroni ha già un finale. «Tosi con tutta probabilità non presenterà una lista con il suo nome, sarà qualcosa legato a Verona, ma in cambio il partito sarà nostro». Oltre al Veneto, ai primi di giugno, ci sarà pure la battaglia per il congresso nazionale lombardo. Qui Giancarlo Giorgetti, attuale segretario, maroniano ma pure lui spesso altalenante per i suoi buoni rapporti con il quartier generale di Gemonio, non potrebbe ricandidarsi. È al secondo mandato e secondo lo statuto della Lega dovrebbe cedere il passo. Il condizionale è d’obbligo, perché c’è chi dice possa essere derogato il suo incarico, per un accordo di massima tra Bossi e Maroni.
Il problema è sempre lo stesso. Chi vincerà i congressi nazionali avrà l’ultima parola sui candidati delle prossime elezioni nazionali, nel 2013. Il cerchio magico non vuole essere fatto fuori, nè in Veneto nè in Lombardia. Ma è soprattutto sul territorio lombardo che ci sono le apprensioni più forti per la famiglia Bossi. In caso di caduta della giunta di Roberto Formigoni, il consigliere regionale Renzo Bossi, chiamato anche il Trota, si ritroverebbe senza lavoro. Troppo giovane al momento per un’elezione alla Camera, dovrebbe puntare alle prossime europee. Una situazione complessa, che preoccupa la moglie del Senatùr Manuela Marrone. Per questo motivo, il Senatùr avrebbe chiesto a Maroni di assicurare un futuro politico a suo figlio. Un “salvacondotto”, per quando il capo non sarà più lui.