Il Giappone ha esaurito la sua creatività tecnologica? Si potrebbe pensare di sì: mentre gli anni Ottanta e i primi anni Novanta sono stati segnati da rivoluzionari prodotti hi-tech made in Japan come Walkman, Game Boy e PlayStation, il primo decennio del 2000 è stato all’insegna della tecnologia nordamericana con BlackBerry, Xbox, iPhone, iPad, etc. Forse la causa principale è stata la crisi finanziaria che ha investito il Giappone dal 1989 in poi. Un dato su tutti: in dieci anni il Nikkei è crollato da quasi 40mila punti a meno della metà. Il cosiddetto “decennio perduto” ha bloccato il credito, destabilizzato il sistema bancario, distrutto innumerevoli aziende (anche high-tech), fatto vacillare perfino colossi come Sony.
La crisi però non sembra aver prosciugato, per fortuna, la vena immaginativa del Giappone. Che continua a sfornare manga, anime e videogiochi di grande successo. Come la saga Final Fantasy, iniziata nell’ormai lontano 1987. Quell’anno la software house all’opera sul primo capitolo, la Squaresoft, navigava in brutte acque: i suoi ultimi videogiochi erano stati dei fiaschi e, se Final Fantasy non avesse avuto successo, avrebbe dovuto chiudere i battenti una volta per tutte. Ecco perché chiamarono il gioco Final Fantasy, “Fantasia Finale”. Per fortuna il gioco andò bene, anzi benissimo, e diede origine a una lunga serie di sequel e spin-off. L’ultimo di questi, Final Fantasy XIII-2, è uscito da poche settimane.
Come i suoi predecessori (su tutti l’indimenticabile Final Fantasy VII) Final Fantasy XIII-2 è ambientato in un mondo sull’orlo della distruzione. In realtà la dolorosa consapevolezza della fragilità e finitudine della realtà va ben oltre la saga videoludica Final Fantasy. È tipica di tutta la civiltà giapponese, per secoli esposta a terremoti, tsunami, invasioni nemiche e, più di recente, esplosioni nucleari. Manga e anime come Ken il guerriero o Akira, ambientati in terrificanti mondi post-apocalittici, ma anche le opere di un grande autore come Murakami Haruki, riescono a veicolare egregiamente queste angosce. Anche se la paura che tutto finisca è temperata dalla speranza che la vita, in qualche modo, continui. E infatti un celebre haiku di Kobayashi Issa, poeta dalla tragica esistenza, recita: un mondo di rugiada / questo è proprio un mondo di rugiada / eppure, eppure…
L’ossessione di una fine imminente, e il convincimento che tuttavia le forze della vita siano più forti di quelle della morte e del tempo, coesiste anche in Final Fantasy XIII-2. Il videogioco è ambientato in epoche diverse; compito della protagonista, la giovane e bella Serah Farron, è esplorarle tutte alla disperata ricerca di un portale spazio-temporale attraverso cui raggiungere la sorella misteriosamente scomparsa. Serah deve poi “riparare” i paradossi temporali generati da un inspiegabile ma letale fenomeno, scongiurando così la distruzione del tempo stesso e la fine di tutte le cose. Ad accompagnarla durante le sue peregrinazioni ci sono Noel Kreiss, fuggito da un futuro apocalittico, e Moogle, un buffo animaletto tipico del favolistico bestiario di Final Fantasy.
È interessante notare come il gioco, pur essendo ricco di personaggi e creature inventate ex novo come i Chocobo (grossi gallinacei caratteristici della saga), attinga a varie tradizioni mitologiche, e in particolare a quella scandinava. Per esempio la sorella della protagonista, la valchiria Lightning, si trova a guardia di una specie di Valhalla, e al suo fianco combatte Odino, il “padre degli dèi” della mitologia nordica. Questa compresenza di elementi nipponici e occidentali, antiche leggende e suggestioni fantascientifiche, è uno dei tratti tipici di Final Fantasy. Non a caso è uno dei videogiochi giapponesi più famosi: in un quarto di secolo ha venduto oltre cento milioni di copie in tutto il mondo, generando un merchandising che va dalle action figure alle bevande, dai fumetti a ben due film in computer grafica. Perché, a differenza di altri videogiochi made in Japan come la saga di Metal Gear Solid o quella di Resident Evil, Final Fantasy non rinnega ma anzi esalta la matrice culturale nipponica, contaminandola però con la cultura occidentale e quella di altre realtà asiatiche.
Il gameplay riflette tutto ciò: il giocatore è libero di vagare per le diverse aree di gioco, come l’eroe di un romanzo picaresco occidentale o uno dei leggendari personaggi del cinese Viaggio in Occidente. Durante le sue peregrinazioni deve cercare tesori, portare a termine numerose missioni, risolvere enigmi, svelare antiche verità e affrontare migliaia di mostri. Il sistema di combattimento a turni, un classico dei GdR (giochi di ruolo) nipponici, è abbastanza simile a quello di Final Fantasy XIII, ma presenta alcune novità. Il giocatore può controllare solo Serah o Noel, decidendo di volta in volta quale ruolo fargli ricoprire e quali attacchi utilizzare. Ecco quindi che i due possono diventare guerrieri, maghi, curatori, sentinelle, o incantatori di vario tipo. A ogni classe di appartenenza sono legate decine di abilità, ognuna delle quali richiede alcuni secondi per essere “caricata” e utilizzata. Mano a mano che i due sconfiggono i nemici, si possono “arruolare” in squadra i mostri sconfitti, in modo da schierarli al proprio fianco. Il giocatore può quindi scegliere il terzo combattente tra centinaia di creature, tutte con capacità uniche e potenziabili. Anche le abilità dei due protagonisti possono essere accresciute come meglio si crede, privilegiando questo o quel ruolo. Peraltro i combattimenti sono meno tattici che nei precedenti capitoli della saga, ma il risultato è comunque dinamico e particolarmente scenografico. Ogni duello è ricco di effetti speciali e acrobazie, e il tutto è accompagnato da una veste grafica di grandissimo impatto, e da un sonoro assai curato.
E anche se non è lungo quanto Viaggio in Occidente o l’Odissea, Final Fantasy XIII-2 è longevo. Molto longevo. Merito pure dei tanti DLC (Downloadable Content) scaricabili online, con nuovi personaggi da reclutare e minigiochi da provare. Perché anche se il mondo rischia la fine, il gioco proprio no.