CATANIA – Era il 23 ottobre del 2009 quando, in una piazza Università gremita di contestatori, Francesco Bellavista Caltagirone, oggi fermato ad Imperia, ricevette la laurea ad honorem dall’ateneo catanese in “Governo e gestione delle Amministrazioni e Imprese”.
In un’aula magna blindata, per la presenza di ospiti di prestigio, tra i tanti anche l’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, la cerimonia si svolse in un’atmosfera quasi surreale, nonostante la laudatio del professor Giuseppe Barone avesse sottolineato come l’imprenditore romano, ma di origini siciliane, sia stato «un modello di cultura d’impresa da proporre ai nostri giovani universitari». Ma erano proprio i giovani universitari a contestare l’assegnazione della laurea al costruttore, ritenendo che fosse una vetrina promozionale per il rettore Antonino Recca e dimenticando le vicende giudiziarie che in città avevano coinvolto il gruppo Acquamarcia in città.
Francesco Bellavista Caltagirone è il cugino di Francesco Gaetano Caltagirone, padre di Azzurra, la moglie del leader dello leader dell’Udc Pierferdinando Casini, e ai tempi il rettore Recca era in piena ascesa politica proprio all’interno della formazione di centro, tanto che ne diverrà per un breve arco di tempo il coordinatore regionale, abdicando poi, come spiegherà in una nota, per motivi di opportunità. Proprio per questo motivo molti studenti e ricercatori avevano inscenato una protesta tanto originale quanto inconsueta: avevano fotocopiato le loro lauree e le avevano strappate proprio mentre Caltagirone Bellavista riceveva la sua.
A Catania, infatti, il recente arresto dell’imprenditore, sta facendo puntare nuovamente i riflettori su uno degli ecomostri che deturpano la città: il complesso dell’Acquamarcia costruito proprio all’ingresso della città, di fronte al porto.
Si tratta di un’enorme struttura di circa 25mila metri cubi, con un garage contenente oltre 100 posti auto, tutta bianca e con ampie vetrate a specchio a soli 60 metri dal mare. Nel marzo del 2009, quindi appena pochi mesi prima della concessione della laurea ad honorem, la Procura etnea aveva disposto il sequestro dell’immobile che svetta sul waterfront cittadino. Per il reato di lottizzazione abusiva sono state indagate undici persone, tra cui amministratori di AcquaMarcia e personale del Comune, perché da un semplice recupero di un’area industriale dismessa si è passati ad un aumento della cubatura voluminoso, contravvenendo al piano regolatore.
Arrivarono le richieste di rinvio a giudizio per abuso d’ufficio per Giovanni Beneducci, amministratore della Acqua Marcia holding Spa, società poi confluita nella Acqua Pia Antica Marcia amministrata da Fracesco Caltagirone e per un ex componente della commissione edilizia etnea. L’affare dell’ex Mulino Santa Lucia, di un valore stimato oltre i 40 milioni di euro, nasce nel lontano 1991 quando viene data una concessione edilizia per il risanamento conservativo dell’edificio, per il consolidamento statico e il cambio di destinazione d’uso. Poi nel 2000 una tragedia sconvolge i lavori di ristrutturazione: in un incidente muoiono due operai. Successivamente si saprà che venivano pagati 60mila lire al giorno. In quello stesso anno la “Delar Immobiliare” chiede una nuova concessione per adibire gli immobili in albergo, uno dei maggiori business del gruppo guidato da Bellavista Caltagirone, ma la commissione edilizia rispose picche, poiché l’area secondo il piano regolatore doveva essere destinata a verde pubblico.
Non demordendo nel 2003, stavolta la società “Grand Hotel Bellini”, chiede un riesame del progetto presentato nel 2000 sottolineando che le volumetrie sarebbero rimaste identiche ai fabbricati preesistenti e che la destinazione d’uso si sarebbe semplicemente tramutata da commerciale a turistico-alberghiera. Il progettista dell’opera è Giancarlo Mappa. Nel 2003 la commissione edilizia stavolta dice di sì, e Giancarlo Mappa è anche membro di quella commissione, anche se al momento della decisione sul suo stesso progetto esce dall’aula e non prende parte alla seduta.
Nel 2004, però, la Grand Hotel Bellini comunicò al sindaco che ai sensi della legge 17/94 voleva dare inizio ai lavori per adibire l’edificio a uso direzionale e commerciale. La legge è quella sul silenzio-assenso: dopo 120 giorni dalla richiesta, se l’amministrazione non si pronuncia, la concessione si intende data. I silenzi dell’amministrazione etnea, allora guidata da Scapagnini, favorirono, nonostante le sollecitazioni dell’assessorato all’Urbanistica in senso contrario, la costruzione della struttura.
Per la Procura etnea la società Acquamarcia «dopo aver acquistato vari fabbricati ha posto in essere, in violazione della legge, la ristrutturazione urbanistica di un intero isolato, demolendo i precedenti fabbricati che, nel secolo scorso, avevano una destinazione industriale, per costruire una serie di edifici, collegati tra loro, ad uso negozi, uffici e centro direzionale».
Proprio la vicenda dell’ex Mulino Santa Lucia aveva fatto montare le proteste degli universitari e di parte della “società civile” catanese. Ma a fare gli auguri all’allora neo dottore c’era gran parte della Catania che conta: l’allora procuratore generale Giovanni Tinebra e il potente editore Mario Ciancio si complimentarono con Caltagirone Bellavista. Quest’ultimo alle domande della stampa sulla vicenda giudiziaria ha sempre risposto dicendo di «avere fiducia nelle decisioni della Magistratura». La prossima udienza del processo, che si celebra davanti alla terza sezione penale del Tribunale etneo, è prevista per il prossimo mese.