Pupi Avati: “Il mio amico Dalla, eterno ragazzino che non poteva invecchiare”

Pupi Avati: "Il mio amico Dalla, eterno ragazzino che non poteva invecchiare"

Ancora adesso, dopo tante ore, Pupi Avati continua ad essere incredulo. Il regista ha ricevuto la notizia della morte dell’amico Lucio sul set di Un Matrimonio, serie televisiva che sta girando a Roma. Appena ha saputo ha interrotto le riprese, affranto.

«Lucio stava vivendo un momento di grande entusiasmo, di grande creatività. Era appena stato a Sanremo, stava progettando diverse iniziative, tra cui un film musicale… era in una fase positiva, che non faceva presumere in alcun modo un epilogo così brusco e drammatico. Sono veramente esterrefatto».

Conosceva Dalla fin dall’infanzia. Che cosa vi legava ancora oggi?
Ci sentivamo sempre. Le nostre telefonate avevano più a che fare con la vita che con il lavoro. Confrontavamo le nostre esperienze di esseri umani. Parlare con lui aveva per me un effetto quasi terapeutico. Io mi lamentavo delle prospettive che, invecchiando, vedo ridursi sempre di più; lui invece era sempre estremamente incoraggiante e ancora molto propositivo. Un aspetto che ho sempre apprezzato molto in lui è la sua religiosità, questo senso di sacralità delle cose, del grande mistero della creatività.

Che senso assume l’arte di fronte alla morte, soprattutto quando avviene in circostanze così improvvise?
Le emozioni che Lucio ci ha dato, e quelle che continuerà a darci, giustificano completamente la sua esistenza. Le sue canzoni non sono mai state canzonette da “disco dell’estate”, non tramontano col tramontare di una moda e con il sorgere di un’altra. Lui è sempre stato coerente con se stesso e la sua musica è sempre stata lo specchio della sua persona. È questo che l’ha resto un grande artista.

Ripensando alla vita di Dalla, riesce ad immaginare un film o un personaggio che, secondo lei, potrebbero ricordare da vicino l’atteggiamento che Dalla aveva verso la vita?
Io mi sono occupato cinematograficamente di Mozart e penso che Lucio avesse diverse affinità con la caratterialità del compositore austriaco. Come tutte le persone di grandissimo talento, aveva il dono dell’autoironia, della leggerezza, del gioco. Nel frattempo però riusciva a scrivere grandissime poesie, rifuggendo sempre l’autocelebrazione tipica degli intellettuali.

Se lei dovesse girare un film su Dalla, come lo intitolerebbe?
Lo intitolerei… non so. Con un titolo che richiami l’infanzia, probabilmente. Credo che Lucio abbia sempre tenuto dentro di sè la sua infanzia. Nel bene e nel male, negli aspetti più dolorosi e malinconici come in quelli più gioiosi. Io Lucio da vecchio non lo so immaginare. Quando penso a Lucio Dalla, penso ancora a quel ragazzino che ho incontrato più di cinquant’anni fa e che da allora non è mai cambiato.

Un giorno potrebbe girarlo davvero, questo film?
No, non credo. Raccontare le persone attraverso i film è un’impresa difficile, farlo con Lucio lo sarebbe ancora di più. Per raccontare Dalla bisognerebbe circoscrivere un singolo momento, perché raffigurare in una pellicola un essere umano come lui significherebbe ridurlo. Solo la presunzione di chi non lo conosce bene potrebbe legittimare un azzardo di questo tipo. Io, Lucio, lo conosco troppo bene per poterlo rivelare agli altri.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter