Ad oltre due mesi dall’incidente della Costa Concordia, in attesa che la magistratura stabilisca le responsabilità dell’incidente, ci si interroga sul futuro dell’industria delle crociere, per capire come la tragedia del Giglio possa incidere su uno dei pochi settori a non esser stato finora travolto dalla crisi.
Partiamo da Carnival Corporation, il gruppo statunitense, leader mondiale del comparto e proprietario di Costa Crociere. Dalla tragedia della Concordia il titolo Carnival ha ceduto a Wall Street il 18% rispetto all’indice generale S&P 500 (quello della concorrente Royal Caribbean l’11%). Meno delle previsioni più pessimistiche e nel frattempo, a dispetto del nuovo inconveniente della Costa Allegra, Carnival ha recuperato oltre il 3%, tanto che Morgan Stanley ha alzato il prezzo obiettivo da 27 dollari a 30 dollari per azione.
Intanto Carnival ha chiuso a fine febbraio il primo trimestre dell’esercizio 2012 (cominciato a dicembre), registrando, a dispetto di un fatturato cresciuto da 3,4 a 3,6 miliardi di dollari, una perdita netta di 139 milioni di dollari a fronte di un utile netto di 152 milioni di dollari nel corrispondente trimestre dicembre 2010 – febbraio 2011. Il gruppo ha precisato che il risultato include spese per 29 milioni di dollari determinate dal naufragio della Costa Concordia, ma, per bocca dei vertici, il Ceo Micky Arison e il Coo Howard Frank, ha ribadito la convinzione nella ripresa del marchio italiano, sottolineando come, mentre nelle prime quattro settimane dopo l’incidente le prenotazioni (di Costa) sono state dell’80-90% inferiori a quelle di un anno prima, in quelle successive la differenza si sia ridotta al 40-50%. E ciò considerando che Costa ha temporaneamente abbandonato ogni attività di marketing.
A dimostrare poi la fiducia di Costa nel rilancio è arrivato nei giorni scorsi l’incarico affidato a McKinsey&Company, un cui team di 6 persone è stato ingaggiato per affiancare nei prossimi quattro mesi il top management della compagnia genovese, al fine di ricostruire la reputazione del brand, aumentare le vendite e definire nuovi standard di sicurezza.
Quanto all’andamento delle prenotazioni per il resto del 2012, Carnival, che ha portato la previsione dell’utile per azione a 1,40-1,70 dollari (sono stati 2,42 dollari nel 2011) contro la precedente stima (di dicembre) di 2,55-2,85 dollari, in vista dell’atteso passivo nel bilancio di Costa (100 milioni di dollari contro gli oltre 400 di utile previsti prima dell’incidente) e in ragione del preventivato incremento di costo del carburante (407 milioni di dollari in più), ha rivelato che, escludendo quelle di Costa, il livello è più basso del 3% rispetto a quello registrato un anno fa e che, però, il prezzo medio del prodotto è leggermente cresciuto. In sintesi, con l’esclusione dei risultati di Costa, il gruppo americano prevede di archiviare l’intero esercizio annuale 2012 con ricavi netti in linea con quelli dell’esercizio precedente, mentre includendo Costa è atteso un calo del 2-4%.
Guardando al mercato in generale, alcuni operatori hanno fatto notare come sia difficile avere stime certe sul pur probabile calo delle prenotazioni in vista dell’estate. Primo perché l’estate è significativa solo per il bacino del Mediterraneo, mentre gran parte del giro d’affari del comparto è sviluppato nei Caraibi, dove a farla da padrone è il periodo invernale e soprattutto natalizio. Ma soprattutto perché nessuno degli operatori del settore vuole rendere noti i primi dati post-naufragio della Concordia, per paura di generare una spirale perversa. In Italia lo ha fatto Astoi, l’associazione di Confindustria che riunisce i tour operator, stimando un calo delle prenotazioni tra 15% e il 22%, per quanto molti clienti starebbero aspettando il last minute per strappare condizioni migliori.
A tracciare un quadro approfondito relativo al mercato italiano ci ha provato nei giorni scorsi la genovese Cemar Agency Network di Genova, presentando come tradizione il suo studio previsionale alla Cruise Shipping Conference, la più importante fiera di settore appena conclusasi a Miami.
Le proiezioni indicano che il 2012 si chiuderà con 10.748.000 passeggeri movimentati (-0,76% rispetto al 2011) e 4.891 approdi (-5,59% rispetto al 2011) nei porti italiani. «Un calo irrilevante – secondo il presidente di Cemar Sergio Senesi – considerati il trend di crescita degli scorsi anni (+17% solo nel 2011), gli incidenti occorsi negli ultimi mesi e, soprattutto, il perdurare della grave situazione economica globale». Civitavecchia dovrebbe confermarsi il principale porto crocieristico italiano anche nel 2012, con 2.420.000 passeggeri movimentati, seguita da Venezia (1.798.000) e da Napoli (1.207.000). Al quarto posto Livorno, che per la prima volta supererà il milione di passeggeri, e poi Savona, Genova, Bari, Messina, Palermo, Catania, Salerno, Olbia e Cagliari. In totale la stagione crocieristica 2012 coinvolgerà 47 compagnie di navigazione, 148 navi e 66 porti.
Quel che è certo è che la lobby delle crociere sta lavorando alacremente per scongiurare l’effetto Concordia e rinsaldare il feeling con la clientela, in un contesto già complicato dalla crisi economica. Sempre a Miami, ad esempio, l’European Cruise Council, l’associazione lobbistica di settore a livello europeo, non si è concentrata sul 2012, ma ha preferito sciorinare i rutilanti numeri del 2011, evidenziando solo, in chiave futura, come il mercato europeo abbia un grande potenziale, rappresentando i crocieristi solo poco più dell’1% della popolazione del continente. Nel 2011 infatti sono stati 6 milioni i crocieristi europei (+9% rispetto al 2010), con gli italiani (920.000) al terzo posto dopo UK (1,7 milioni) e Germania (1,4). ECC ha poi sottolineato come ad oggi in Europa più di 300.000 persone operino complessivamente nel settore (+55% rispetto al 2005), fra attività diretta (55.000) e indotto. Un’attività economica che ha generato un impatto sull’economia europea di circa 35 miliardi di euro nel 2011, cifra che secondo ECC potrebbe raggiungere i 156 miliardi di euro nel prossimo triennio (2012-2014).
Ma se, in ragione del peso che le previsioni hanno sugli effettivi andamenti economici, è scontato che operatori e lobbisti di un settore produttivo, soprattutto in un momento di difficoltà, debbano mediaticamente mostrarsi fiduciosi, lo sono di meno azioni che di tale fiducia rappresentino un segno tangibile. Eppure, proprio negli ultimi giorni, due fra i principali operatori a livello mondiale, dopo aver dato ampio risalto ad alcuni studi statistici che dimostrerebbero come i crocieristi continuino a ritenere sicura questa tipologia di vacanza, hanno dato un segnale concreto al mercato, piazzando un paio di commesse per nuove costruzioni.
Ad un anno dall’ordine per la costruzione della prima nave da crociera della nuova classe “Sunshine”, il gruppo statunitense Royal Caribbean Cruises (che aveva già 3 navi in costruzione) ha esercitato l’opzione con il cantiere tedesco Meyer Werft relativa alla realizzazione di una seconda nave della medesima classe (158.000 tonnellate di stazza lorda, 4.100 passeggeri, circa 700 milioni di euro di valore). MSC Crociere (che a maggio prenderà in consegna la nuova MSC Divina) ha dal canto suo investito 550 milioni di euro per rilevare dal cantiere francese STX France la nave (140.000 tonnellate di stazza per circa 4.000 passeggeri) che a questo era stata ordinata dalla compagnia libica Gnmtc (commessa poi saltata col tracollo del regime gheddafiano).
Insomma, pur essendo presto per trarre conclusioni, l’effetto Concordia sembra fare meno paura all’industria crocieristica rispetto a qualche settimana fa.