«I lavoratori sono garantiti, da dicembre partirà la nuova Termini Imerese». Parola di Domenico Arcuri, numero uno di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa del Ministero delle Finanze, società attuatrice dell’accordo sulla trasformazione dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, in un’intervista rilasciata in settembre al quotidiano Il Messaggero. «Puntiamo a chiudere il passaggio a Dr Motor e alle altre quattro società entro i primi di dicembre», continuava l’amministratore delegato di Invitalia. Sembrava fatta, si direbbe in questi casi. Il nodo Termini Imerese era (quasi) sciolto. Dr Automobiles Groupe ha, come recita il sito dell’azienda, «il suo quartier generale ad Isernia. I suoi stabilimenti produttivi, dai quali escono gli attuali modelli, si estendono su una superficie di 560mila metri quadri. Occupa 200 dipendenti diretti e un indotto di altri 200».
L’iter per arrivare all’accordo con Dr Motor era stato lungo. La mediazione avrebbe dovuto favorire l’intesa sull’uscita in mobilità di circa seicento lavoratori che non saranno comunque assorbiti dalla Dr Motor di Massimo Di Risio, che si dice «disponibile a rioccupare poco più di 1.300 dei circa 1.600 dipendenti Fiat di Termini Imerese». Ne rimarrebbero fuori all’incirca 300, più altrettanti dell’indotto. Tutti i sindacati, al di là delle polemiche settimane nelle settimane precedenti all’accordo, sottoscrivono l’intesa. La Cgil arriva a dire che l’accordo è «positivo». Mentre secondo la Fiom, «la Fiat avrebbe fatto un dispetto riducendo del 20-30 per cento l’importo degli incentivi rispetto alle tabelle normalmente utilizzate dal Lingotto in queste circostanze». L’amministratore delegato di Invitalia Arcuri si dice più che soddisfatto: «Avevamo un bacino di 1.916 lavoratori, oltre 1.500 della Fiat e 350 dell’indotto. Con la mobilità ne andranno in pensione 640. Il progetto di Di Risio prevede 1.312 assunzioni dirette e 300 addetti all’indotto. Dunque alla fine avremo creato 350 nuovi posti di lavoro». Nell’operazione la Fiat spenderà 21,5 milioni di euro ai quali andrebbe aggiunto il valore dello stabilimento. Ma, spiega Arcuri, «lo stabilimento verrà consegnato alla Dr alla cifra simbolica di un euro, impianti compresi. Naturalmente la Dr avrà la piena proprietà della fabbrica solo quando avrà assunto tutti i lavoratori previsti».
Il primo dicembre si era chiuso ufficialmente la lunga vertenza di Termini Imerese: dopo 40 anni Fiat abbandona il sito siciliano, ed entra ufficialmente la Dr Motor di Massimo Di Risio. L’investimento dell’imprenditore molisano sarà di circa 110 milioni di euro. Il sito siciliano produrrà autovetture di segmento A, B, C. Più un Suv. «Con questa intesa», sottolineava Di Risio in quei giorni «diventiamo di fatto il secondo costruttore italiano di automobili in grado di dare un nuovo impulso al mondo del lavoro in Italia». Addirittura l’advisor Arcuri si sbilanciava: «Gli occupati saranno in numero superiore di quello che c’era ad inizio crisi». In realtà ad oggi, marzo 2012, non c’è ancora traccia della Dr Motor a Termini Imerese. Il passaggio del testimone tarda ad arrivare, e i sindacati esprimono sempre maggiore preoccupazione. L’azienda di Di Risio è «alla prese con una crisi che oggi mette a repentaglio anche il pagamento degli stipendi». Tant’è che qualche giorno fa l’amministratore delegato di Invitalia ha evocato l’ingresso di nuovi investitori dai quali Dr Motor «potrebbe trarre giovamenti». E chi sarebbe i nuovi investotori?
L’unica ipotesi che circola vedrebbe «un ingresso della Regione nel capitale dell’azienda molisana in difficoltà economica» Enzo Emanuele, neo presidente dell’Irfis, Istituto regionale per il finanziamento alle Industrie in Sicilia, non la esclude: «Al momento è un’ipotesi, ma esiste». Roberto Mastrosimone della Fiom spiega a Linkiesta, «noi l’abbiamo sempre sostenuto: è importante che la Regione sia dentro il capitale di questa società perché ci sentiamo più tutelati». Ma, anche dalla Regione guidata da Raffaele Lombardo ci sarebbero dei dubbi legati alle normative europee, che sanzionano gli aiuti diretti dello Stato alle imprese. Nel 1970, quando fu aperto lo stabilimento, la denominazione era Sicilfiat, perché la Regione siciliana, con la Sofis, l’allora ente di finanziamento alle industrie, deteneva il 40% delle azioni.
Ieri intanto si è tenuto un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico fra Corrado Passera, le parti sociali, Dr Motor, la Regione Sicilia e Invitalia, in qualità di advisor. Si è concluso con un rinvio: le parti si rivedranno il 3 maggio. Per Savino Caputo, presidente della commissione attività produttive dell’Ars, l’assemblea regionale siciliana, «L’indicazione fornita di aggiornare il tavolo tecnico a Roma tra quattro settimane è la conferma che l’Azienda Dr Motor non è in condizioni di potere dare garanzie di investimenti e di avvio delle produzioni a Termini Imerese, e che gli impegni assunti a dicembre si spostano sine die». E ha aggiunto che «siamo ad un punto morto». Questo anche se la regione «ha investito oltre 200 milioni di euro» per il rilancio del sito.