Portineria MilanoBossiani nell’angolo, Maroni ha pronta la lista per “la purga”

Bossiani nell’angolo, Maroni ha pronta la lista per “la purga”

Sono passate da poco le dieci del mattino a Gemonio, quando l’ex leader della Lega Nord Umberto Bossi contattato dall’Ansa afferma: «Io adesso devo stare lontano, non posso fare altro, devo stare un passo indietro, hanno tirato dentro i miei figli in questa cosa tremenda…». È il segnale che il Capo si è fatto davvero da parte dopo le sue dimissioni da segretario federale di giovedì.

È il via libera al piano che il nuovo triumviro Roberto Maroni insieme con i barbari sognanti volevano realizzare da almeno due anni e che presenteranno lunedì al consiglio federale: l’obiettivo è “purificare” ogni angolo di via Bellerio dagli esponenti del cerchio magico o da chi in questi anni, questa è la vulgata finora, non avrebbe fatto altro che «raggirare» il Senatùr. Ci vorrà del tempo. Sarà diluito nei prossimi mesi, ma è certo che per le elezioni politiche del 2013 di filo cerchisti ne resteranno in pochi. «Non si salverà nessuno, il resto lo farà la magistratura», spiega una persona molto vicina a Bobo. E Maroni, sulla sua pagina Facebook poche ore più tardi, ha controfirmato il ragionamento «Pulizia, pulizia, pulizia senza guardare in faccia a nessuno».

La storia ce lo lo insegna. La politica è da sempre stata contrassegnata da «liste di proscrizione». Tra gli antichi romani ci fu Lucio Cornelio Silla. Nell’Unione Sovietica di Stalin c’era Andrey Vyshinsky. Ora dentro la Lega c’è Maroni. Fa quasi sorridere ricordare la lista che Rosi Mauro e la moglie di Bossi Manuela Marrone compilarono a inizio ottobre, dopo che Maurilio Canton era stato eletto segretario provinciale di Varese. Volevano che il Senatùr avallasse l’espulsione dell’ex ministro dell’Interno, del sindaco di varesino Attilio Fontana e degli esponenti dell’associazione Terra Insubre. Non se ne fece nulla. Lo stesso Bossi rispose con una «pernacchia», in un momento di lucidità di fronte al duo «terronico» (copyright barbari sognanti) protagonista in queste ore delle indagini sul tesoriere Francesco Belsito.

Nei bar del varesotto in tanti continuano a ridersela sotto i baffi. La Lega non è più di Bossi. O meglio. Il Capo c’è. Ci sarà. Diventerà magari di nuovo segretario al congresso in autunno, ma consorti, maghe, badanti, consiglieri improvvisati, addestratori di cani Akita, figli e figliastri non avranno più voce in capitolo dentro il Carroccio. E chi in questi anni ha alzato la cresta vantandosi di poter entrare nelle stanze della casa di Gemonio, rispetto a chi invece non riusciva nemmeno a parlare al telefono con il Senatùr, non avrà scampo. «Non me lo passavano mai. Io volevo parlarci con l’Umberto per dirgli che andava tutto allo sfascio, che di Belsito non doveva fidarsi, ma loro niente, mai niente…», spiega uno sconsolato Erminio Boso dal Trentino Alto Adige.

La lista è già pronta. I nomi ci sono tutti. Dall’ex capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni alla vicepresidente del Senato Rosi Mauro. C’è il Trota Renzo Bossi. C’è l’assessore di regione Lombardia Monica Rizzi. C’è Canton naturalmente. C’è Giampaolo Gobbo, segretario regionale del Veneto. Ci sono i deputati Marco Desiderati, Paola Goisis, Carolina Lussana, Alessandro Montagnoli, Francesca Martini, Giacomo Chiappori e Alberto Torazzi. C’è il capogruppo al Senato Federico Bricolo, ex amico del sindaco di Verona Flavio Tosi, poi entrato nella corrente cerchista.

C’è il senatore Giovanni Torri.  Rischia pure l’europarlamentare Francesco Speroni, che è suocero di Reguzzoni. Poi c’è il reguzzoniano consigliere regionale in Lombardia Giangiacomo Longoni, famoso per i suoi cani giapponesi. C’è la sorella di Reguzzoni, Paola, che è amministratore delegato di una municipalizzata a Busto Arsizio. C’è Flavio Tremolada, assessore a Lesmo che l’altro giorno in via Bellerio urlava contro «i maroniani di merda» che avevano diffuso la notizia che Bossi si era dimesso. Ma c’è pure il «democristiano sognante» Roberto Cota insieme a quelli che vengono definiti «i suoi ascari». Qualcuno vorrebbe inserire nella lista pure l’ex ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, ma si aspettano sviluppi e la decisione non è ancora stata presa. 

Il governatore del Piemonte ha avuto in questi mesi un atteggiamento altalenante nei confronti delle beghe interne al partito. Ha preferito spesso astenersi da prese di posizione giudicate a volte «frettolose», sin da quando a inizio legislatura era capogruppo alla Camera. Poi la vittoria in Piemonte e quel filo diretto che lo ha sempre legato a Bossi e alla moglie Manuela. Quando però c’è stato da difendere l’ala maroniana, a quanto pare, il presidente non ha mosso un dito. Da lì il soprannome «democristiano sognante», per questo suo modo di tenere i piedi in due scarpe. Tra i fedelissimi di Bobo c’è chi chiede la sua testa, anche perché, dicono: «non è uno di noi». Insieme con lui, quindi, potrebbe saltare pure il capogruppo regionale Mario Carossa, che ha piazzato dall’insediamento sua figlia nell’ufficio di presidenza del governatore. Rischiano pure gli assessori regionali Elena Maccanti e Giovanna Quaglia.

Ma è soprattutto la folta schiera di badanti a tremare in queste ore. La Rizzi, beccata con una laurea fasulla e indagata a Brescia per i dossier che avrebbero favorito l’elezione del Trota nel 2010, potrebbe essere la prima a saltare. Tanto che si vocifera che lo stesso Maroni ne abbia parlato persino con il presidente di regione Lombardia Roberto Formigoni. Poi la Mauro, segretario del Sinpa, su cui la magistratura e i quotidiani stanno tirando fuori di tutto. Ma pure l’ex sottosegretario Martini, che prima che ci fosse il via libera alle liste civiche di Tosi, spesso si impegnava in veri e propri «panegirici» contro il primo cittadino scaligero. «Pagheranno caro, pagheranno tutto», dicono i barbari.

Che dire poi di Reguzzoni. L’ex capogruppo sta cercando una via d’uscita in queste ore. Avrebbe chiesto persino udienza a Maroni. Il suo nome compare appena nelle indagini. Si è fatto da parte, seppur tra mille mugugni, dalla presidenza del gruppo parlamentare leghista nei mesi scorsi. Ma in queste ore così convulse, tra i maroniani di ferro, c’è chi invita a ricordare un passaggio del suo libro Gente del Nord. Eccolo: «Su tutti, noti e meno noti, si staglia però una figura fondamentale che in parte rappresenta ed è senza dubbio la sintesi del vero militante leghista. Noi la chiamiamo ‘la Manuela’: da sempre compagna silenziosa e riservata del leader, gioca al suo fianco un ruolo in cui solo la storia chiarirà la centralità, spazzando via maldicenza e dicerie che i nemici della Lega si divertono a inventare». A memoria. Per sempre.  

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