“Twice the pride, double the fall”. L’adagio molto british ha colpito in pieno il delfino James Murdoch, costretto a dimettersi due volte nel giro di poche settimane. L’intercettazioni-gate, insomma, non se ne vuole proprio andare via. Partito come la classica bufera in un bicchier d’acqua (un giornalista mela marcia in un altrimenti specchiato cestino), ora assomiglia di più allo tsunami che ha spazzato via la centrale atomica di Fukushima. E le scorie sono ovunque. Tanto che, su entrambe le sponde dell’Atlantico, l’impero fondato dallo squalo Rupert Murdoch rischia di perdere le licenze di trasmissione. La partita è dunque complessa e News Corporation non può permettersi di sbagliare una mossa.
Ecco allora che le dimissioni di Murdoch Jr dal vertice di BskyB – sebbene il delfino abbia mantenuto l’incarico di direttore non esecutivo – assumono un significato tattico molto rilevante. «Non voglio diventare un attira-fulmini per la società», ha infatti spiegato nella nota a spiegazione delle dimissioni. Decisione apprezzata da molti commentatori visto che di fulmini, all’orizzonte, se ne prevedono parecchi. Intanto entro la fine di aprile arriverà il rapporto stilato dalla commissione d’inchiesta del Parlamento sullo scandalo delle intercettazioni al News of the World. Per James, in quanto ex capo di News International, la controllata di News Corp che abbraccia gli interessi britannici dei Murdoch, non si aspettano parole gentili.
Il delfino è infatti rimasto intrappolato nel terribile “algoritmo della vergogna” in vigore nelle società anglosassoni: se era al corrente delle pratiche inconfessabili in vigore al News of the World, allora è colpevole; se davvero non si era reso conto (nonostante le testimonianze di parere avverso) di quanto stava avvenendo sotto il suo naso, allora è un incompetente. In entrambi i casi l’unica soluzione è inforcare la via d’uscita. La sorpresa, all’ombra del Big Ben, non è tanto che siano arrivate le duplici dimissioni, ma che siano arrivate solo ora – segno evidente di quanto sia difficile da scardinare l’arrocco dei Murdoch. Non è un caso se John Whittingdale, presidente della commissione parlamentare, pur accogliendo le dimissioni del delfino come la «decisione giusta», ha anche criticato la scelta di rimanere nel board perché così facendo «non si recide il nesso tra News International e Sky».
Detto questo, se la partita con il Parlamento è ormai giocata, l’uscita di scena di Murdoch Jr – al suo posto andrà Nicholas Ferguson, affiancato da Tom Mockridge nel ruolo di vicepresidente – punta a incassare punti nel match con l’Ofcom, l’autorità per le telecomunicazioni del Regno Unito. L’Ofcom ha infatti aperto un’inchiesta ufficiale per stabilire se News International, che possiede il 39,1% di BskyB, e il suo management abbiano i requisiti necessari per detenere la licenza. È il famoso, quanto labile, criterio “fit and proper”. Espressione che contiene al suo interno anche un riferimento al concetto di etica. Meglio dunque non scherzare: la rimozione di James Murdoch sottolinea che l’azienda fa sul serio. BskyB è d’altra parte la gallinella dalla uova d’oro di News Corp, con una crescita che l’anno passato ha fatto segnare il 16 per cento. Facile capire perché gli azionisti abbiano gli occhi puntati sulle sponde del Tamigi.
E proprio l’universo degli azionisti non di “area” rappresenta un altro fronte per i Murdoch. Christian Brothers Investment Services (Cbis), il blocco che lo scorso autunno ha dato il là a una vera e propria ribellioni degli azionisti contro il vertice aziendale (il 67% dei votanti non legati alla famiglia si era opposta alla rielezione di James Murdoch), ha chiesto che il padre-padrone Rupert segua la strada imboccata dal figlio e lasci lo scettro a un manager indipendente. Secondo Julie Tanner di Cbis Rupert Murdoch è chiamato ad assumersi le sue responsabilità. «Questa – ha detto al Guardian – è una situazione che va risolta ai vertici. Questa società ha una lunga storia di dubbi sulla sua governance e non è una sorpresa che non sia riuscita a gestire lo scandalo delle intercettazioni». Come se non bastasse, padre e figlio potrebbero essere presto chiamati a testimoniare davanti alla commissione Leveson, l’organo che sta valutando gli standard etici della stampa britannica nonché il rapporto troppo intimo fra grande politica e grandi proprietari. Il che significa altre prime pagine per i Murdoch.
Ma non è finita qui. Lo scandalo, infatti, potrebbe avere un’eco anche a Washington, dove il governo è intenzionato a rivedere le regole sulla concentrazione dei media nelle mani di società come News Corporation, Comcast e Walt Disney Company. La Federal Communications Commission ha sempre considerato il ramo britannico dello scandalo come “separato” dalla questione del pluralismo. Di certo c’è che meno si parla delle magagne di News Corp meglio è per i Murdoch. Che alla fine potrebbero vedersi costretti a mollare la stretta sulla compagnia e a diluire il loro coinvolgimento nella gestione dell’impero. La licenza di “fit and proper” in fondo val bene una dimissione.