Dopo la guerra «termonucleare» arriva la «strizza» per il risultato delle prossime elezioni amministrative dentro la Lega Nord a tre punte. Il rischio è di farsi superare in numeri elettorali dal movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che nella sua difesa di Umberto Bossi («È vittima del sistema») sembra aver dato il bacio della morte a tutto il movimento padano.
C’è un motivo, quindi, se Roberto Maroni ha deciso di accantonare le polemiche degli ultimi giorni con Bossi, tra gli scandali sul tesoriere Belsito e gli imbarazzi su «the family» di Gemonio. «Ma sì…», ha detto Bobo scostante, quando i cronisti gli hanno domandato se vedrà o non vedrà il Senatùr per chiarire il presunto dossier di Belsito. Meglio parlare di qualcosa d’altro, insomma, perché – ha spiegato l’ex ministro dell’Interno – «questa campagna mediatica ci penalizzerà». E lo farà sin dalle prossime elezioni comunali e provinciali, del 6 e 7 maggio, dove il Carroccio a inizio legislatura confidava di fare il pieno. E anzi, dopo l’insediamento del governo Monti, dopo la rottura con Silvio Berlusconi, c’è chi puntava persino a diventare il primo partito del nord (copyright Maroni), camminando sulle macerie del Popolo della Libertà.
Già nel 2008 la Lega sognava di riscuotere successi in Emilia Romagna, conquistando un comune strategico come quello di Piacenza con il deputato Massimo Polledri. Oppure confermarsi nel Veneto dove governa Luca Zaia, già forte del risultato del 2010, quando da queste parti si portò a casa il 33%: la speranza adesso è di vincere con Flavio Tosi a Verona almeno al primo turno e confermarsi nei comuni con più di 15 mila abitanti come Cittadella, Iesolo o San Giovanni Lupatolo. Ma soprattutto, sogno dei sogni leghisti, oltre a qualche comune in più nel Piemonte rosso governato da Roberto Cota, era quello di scavalcare definitivamente il Popolo della Libertà di Silvio Berlusconi in Lombardia, dopo il pareggio di due anni fa: una carta da giocare per scalzare il presidente Roberto Formigoni pure lui travolto dagli scandali.
Sogni infranti. Anzi incubi. Fa impressione guardare i sondaggi che escono qua e là negli ultimi giorni sui quotidiani nazionali. La paura vera in via Bellerio è appunto quella di soccombere al leader del Movimento cinque stelle Beppe Grillo. È impietosa la ricerca dell’Unità del 17 aprile effettuata da Tecnè Srl. Eccola. Se nel 2008 l’8,3 % degli italiani aveva intenzione di votare Lega Nord, a quattro anni di distanza il dato è dimezzato: solo il 4% darebbe la propria preferenza al movimento dei triumviri Maroni, Calderoli e Dal Lago. Pensare che invece i grillini nel 2008 nemmeno venivano considerati, ora si attestano al 6%. Anche un sondaggio Swg del 16 aprile, dà la Lega Nord al 7,1 % e Grillo al 7,2. Solo una ricerca Emg degli stessi giorni rivela una distanza tra i due partiti di due punti a favore dei leghisti.
Altro che primo partito in Lombardia o Veneto. La paura di Bobo e dei barbari sognanti è di perdere quel consenso a favore di Grillo come già accaduto in Val Susa negli ultimi 10 anni. Proprio qui, tra i valligiani che protestano contro la Tav, c’era una volta un bacino elettorale immenso per il Carroccio che è stato ridotto in frantumi dopo il cambio di passo di Cota e di Mario Borghezio. Se quindi in Bellerio sono convinti di vincere solo nel feudo di Verona, oltre a sperare in un Pdl in frantumi, iniziano a fare i conti sulla possibilità di perdere tante amministrazioni. A cominciare dalla province di Como e Vicenza, senza contare quella di Belluno caduta lo scorso anno dopo uno screzio tra l’ex presidente Gianpaolo Bottacin e gli alleati berluconiani.
In Emilia e Romagna, separate nel verbo padano, c’era appunto Piacenza da conquistare, ma ora c’è la possibilità di perdere pure il feudo Castrocaro Terme, simbolo dell’avanzata leghista nelle regioni rosse. In Liguria Edoardo Rixi a Genova farà davvero fatica a cancellare le focacce genovesi che Belsito portava in via Bellerio a ogni consiglio federale. E dopo lo scioglimento del comune di Ventimiglia per mafia, amministrazione un tempo in mano al centrodestra, da levante a ponente di verde padano non resteranno neppure i cespugli. «Le comunali potranno essere il nostro rilancio», ha detto il piemontese Robeto Cota. Ma tra militanti e dirigenti non ce n’è uno che ha deciso di seguirlo in questo slogan quasi funereo.
Il bagno di sangue è previsto in Lombardia. Matteo Salvini, eurodeputato, maroniano, sempre più volto televisivo del Carroccio, sta facendo il diavolo a quattro per ricordare a tutti che la Lega Nord non è morta dopo gli scandali su «tombolotto» e la «badante» Rosi Mauro. E oltre alla provincia di Milano bazzica soprattutto quella di Varese, dove i lumbard hanno davvero paura di perdere città fondamentali come Tradate, Cassano Magnago, Cardano al Campo, Gerenzano, Besozzo, Sumirago o Marchirolo. Città che forse non raccontano nulla dal nome, ma che oltre alla storia del Carroccio, a Cassano è nato Bossi, sono vitali per tutto il sistema infrastrutturale e imprenditoriale varesino, tra aereporto di Malpensa e grandi aziende statali come Aermacchi. Ma in Lombardia la Lega potrebbe perdere anche Crema, Cantù, Meda o Lissone. E poi c’è Monza, dove Marco Mariani si ripresenta dopo una spaccatura storica con il Pdl sul Pgt targato Paolo Romani&Paolo Berlusconi.
In Veneto, come detto, l’unica speranza è Tosi, che dopo mesi di battaglie è riuscito a portare a casa le liste civiche con il suo nome, anche se il Senatùr ha provato fino all’ultimo a stopparle. E anche qui i leghisti masticano amaro. «Vince Tosi, non la Lega». E a Cittadella resisterà l’onda verde? A Feltre? Sono altri comuni con più di 15 mila abitanti, altre zone di operai, imprenditori, alle strette per la crisi finanziaria, ma anche «incazzati» neri con un partito che non ha fatto altro che litigare nell’ultimo anno. A rischio pure San Giovanni Lupatoto, più di 20 mila abitanti o Thiene, altre zone dove il Carroccio è divisto, tra i tosiani pro Maroni e i fedelissimi di Giampaolo Gobbo, segretario regionale da sempre fedele all’Umberto, sin dalla scissione del ’99 di Fabrizio Comencini.