BERGAMO – Continua a scusarsi con tutti l’ex segretario della Lega Nord Umberto Bossi dal palco della Fiera di Bergamo, durante la serata dell’orgoglio leghista. Mentre il triumviro Roberto Maroni, oltre a tirare qualche bordata contro l’ex tesoriere Francesco Belsito e la «badante» Rosi Mauro («Li faremo dimettere noi al prossimo consiglio di giovedì»), sembra già tirare i remi in barca in vista del prossimo congresso federale previsto per prima dell’estate e del raduno di Pontida. «Se Bossi si ricandida», dice Bobo, «io lo rivoto». Ma sarà così per davvero? O Bobo sta preparando la coltellata finale forte delle vittorie ai prossimi congressi nazionali di Lombardia e Veneto?
D’altra parte, ascoltando la pancia padana, quella nata e vissuta a salamelle sul pratone di Pontida, non è chiaro quale sarà il futuro della Lega. Ci sono dirigenti che butterebbero fuori a calci nel sedere pure «Maroni». Mentre altri che dicono che la colpa «è solo di Bossi». Anche per questo motivo, la serata dell’orgoglio leghista, diventa la serata delle scuse e della pace. «Dio ci chiederà quante volte siamo stati capaci di ripartire», dice Bossi all’inizio del discorso. Le Lega è finita? Forse no, forse sì. L’incertezza regna sovrana. I militanti credono di più ai loro colonnelli, piuttosto che alla magistratura. Ma da qui alle prossime elezioni manca ancora un mese. Poi ci saranno i congressi nazionali e quindi quello federale: su quello che potrà accadere nessuno lo sa. Ma data l’incertezza generale, non è detto che Bossi possa ricandidarsi per tenere a bada le frizioni dentro il partito, dopo aver sacrificato il Trota Renzo e la badante Rosy Mauro. Manca solo la moglie Manuela Marrone.
Il Senatùr si è cosparso il capo di cenere praticamente per tutto il discorso, scusandosi persino con se stesso per riconquistare la fiducia dei militanti. E’ quasi in lacrime per l’ex tesoriere Francesco Belsito («Gliel’ho detto che sbagliava a investire a Cipro dove ricicla la mafia russa e quella calabrese. C’è un complotto»). Si pente per i figli: «Chi ha sbagliato portava il mio cognome, mi scuso». E propone un nuovo regolamento nel Carroccio. «Non ci devono essere più essere parenti di leghisti dentro la Lega». A parte il contraccolpo ricevuto da diversi lumbard, che hanno piazzato in tempi non sospetti figli e figlie nelle amministrazioni locali, è questa la linea con cui il Senatùr sta provando a riprendersi il movimento.
E’ una tattica che, a quanto sostengono alcuni colonnelli, sarebbe organizzata proprio con l’ex ministro dell’Interno, a cui Bossi dice di credere ciecamente. «Non è un traditore», continua a ripetere rivolgendosi a una claque bossiana che prima del discorso del Senatùr aveva fischiato proprio Bobo che era stato il primo a parlare. Alcuni padani vedono in questo una sorta di benedizione per l’ex capo del Viminale, mentre altri dicono che di strada ce n’è ancora molta da fare. Bossi chiede una sorte di «pax padana». «Basta litigare. Basta divisioni tra Bossi, Maroni e Calderoli».
Cerca di cambiare pagina il Capo padano, ma anche se alza la voce sugli ultimi fatti di cronaca, ricordando per l’ennesima volta che c’è un «complotto» dal momento che «siamo all’opposizione del governo Monti», qualche militante lo ricopre impietosamente di fischi. Lui lo blocca. «Aspetta, è il centralismo romano che vuole farcela pagare». Non ci crede nessuno.
Ma la serata di Bergamo forse serve anche a questo. E’ la fase di passaggio. E’ una sorta di limbo per il fondatore della Lega. Il Senatùr ammette tutti i suoi errori, sperando che i militanti lo capiscano. E Bobo pare assecondarlo annunciando lui stesso il nuovo regolamento del Carroccio. Maroni ricorda che «Bossi non centra con questa storia» e che si «è perfino dimesso». Ricorda che chi ha preso i soldi della Lega «li dovrà restituire fino all’ultimo». E infine annuncia che l’obiettivo più importante è «l’unità». Poi rinnova la sua promessa. «Se Bossi si candida io lo rivoto». In una situazione del genere, Bossi potrebbe benissimo presentarsi come segretario, ma i delegati starebbero tutti dalla parte di Maroni.
Ma se la serata bergamasca doveva essere una prova generale del congresso federale, è di sicuro Maroni quello che i leghisti vogliono. Lo dimostrano i militanti arrivati fino alla Fiera. Certo, c’è una piccola claque di fedeli di Bossi, ma viene ricoperta più volta dalle urla «Lega, Lega, Lega». Sarà il tempo a decidere chi sarà il nuovo leader del Carroccio? Il congresso federale sarà espressione dei prossimi congressi nazionali, di Lombardia e Veneto, dove i maroniani dovrebbero avere gioco facile. Sul territorio lombardo, al posto di Giancarlo Giorgetti, dovrebbe spuntarla Giacomo Stucchi ma c’è anche chi vuole l’ultra fedele di Bobo Matteo Salvini.
Mentre in Veneto, la strada è spianata per il sindaco di Verona Flavio Tosi, che dopo la probabile vittoria alle comunali dovrebbe prendersi la Lega. In Veneto, gli esponenti vicini al cerchio magico, dal segretario Giampaolo Gobbo fino a Francesca Martini, temono lo tsunami tosiano. Per questo motivo, in questi giorni chiedono che sia Luca Zaia il prossimo segretario federale da contrapporre a Maroni. Non accadrà. Il governatore ha già detto di no. Ma comunque c’è chi assicura che i problemi potrebbero arrivarne pure da lì. In una situazione così incerta, quindi, pare che Bossi possa ripresentarsi per mettere di nuovo pace tra i militanti.