Se Rimini non apre il portafoglio, Carim rischia la liquidazione

Se Rimini non apre il portafoglio, Carim rischia la liquidazione

Fra pochi giorni si conoscerà l’esito della ricapitalizzazione della Banca Carim-Cassa di risparmio di Rimini. Si chiude, infatti, il prossimo 24 aprile l’offerta di azioni, al prezzo di 5,35 euro, deliberata dall’assemblea straordinaria dello scorso 29 gennaio su proposta dei commissari straordinari della banca riminese. L’obiettivo è raccogliere 118 milioni di euro per garantire la sopravvivenza di una storica banca, alle prese con una crisi senza precedenti.

I numeri evidenziati nella relazione commissariale sul periodo gennaio 2010-30 settembre 2011 hanno infatti rivelato un quadro molto complicato. Le perdite emerse nel periodo in questione ammontano a 229 milioni e sono ascrivibili al deterioramento dei crediti (245 milioni di euro) ed alla completa svalutazione della partecipazione di controllo nel Credito Industriale Sammarinese (42,39 milioni di euro). Per effetto di tali perdite, il patrimonio di vigilanza si è ridotto a 175 milioni, corrispondente a un coefficiente complessivo di vigilanza del 5,30 per cento. Un valore inferiore alla soglia minima regolamentare prevista pari all’8%, nonché in caduta libera rispetto al 10,06% di fine 2009. Sintomatico della perdita di fiducia della clientela locale verso la banca è il crollo della raccolta diretta (voce che comprende i depositi), scesa del 18 per cento. Sul conto economico emerge poi il riflesso delle difficoltà sui crediti: la partite in sofferenza sono salite a 112 milioni, più che raddoppiate sul dato del bilancio 2009. 

Ma come sta andando l’operazione? I commissari della Banca d’Italia, gli unici ad avere il polso della situazione, non hanno finora lasciato trasparire indicazioni. La Fondazione Cassa di risparmio di Rimini, che possiede il 70% della banca, ha già impegnato 23 milioni. Secondo Massimo Pasquinelli, presidente della Fondazione Carim, «si possono già conteggiare, tra versamenti già effettuati e da effettuarsi in questi giorni una sessantina di milioni», escludendo dal computo i piccoli azionisti. Il traguardo, comunque, non è vicinissimo, e va ricordato che l’aumento non è assistito da un consorzio di garanzia. Un fattore quest’ultimo che aumenta i rischi dell’operazione.

Sul prospetto informativo, si legge che in caso di mancato conseguimento dei livelli minimi di sottoscrizione – almeno 67 milioni di aumento di capitale e 37 milioni di prestito subordinato, ovvero un aumento di almeno 104 milioni senza prestito – i sottoscrittori «si troverebbero esposti al rischio della mancata continuità aziendale di Banca Carim». Un altro rischio rilevante è poi il contratto stipulato dalla banca riminese con Banca Partner per la cessione dell’intera partecipazione detenuta nel Credito Industriale Sanmarinese. Senza contare che sulla banca pendono procedimenti giudiziari di natura civile ed amministrativa, da cui potrebbero derivare risarcimenti stimati in almento 54 milioni. 

Nonostante le rassicurazioni della Fondazione, la corsa per la ricapitalizzazione è in salita. Ha sorpreso non poco la decisione, giunta proprio all’avvio dell’offerta di azioni, di sfilarsi dall’aumento di capitale da parte della “cordatina” di industriali locali. La ritirata dello sparuto gruppo di imprenditori, seguita al defilamento di Confindustria – che inizialmente aveva addirittura ingaggiato Kpmg come advisor di riferimento – sarebbe in particolare motivata da un mancato accordo con la Fondazione sulla futura governance. Gli industriali avrebbero chiesto, oltre a due posti nel cda di Carim, un passo indietro della fondazione nella designazione del nuovo amministratore delegato. Ma la trattativa sembra essere saltata: il manager voluto da Pasquinelli – l’attuale a.d. della controllata Credito Industriale Sammarinese, Alberto Mocchi – non avrebbe soddisfatto la richiesta di discontinuità sollecitata dal raggruppamento di industriali.

La situazione è quindi in bilico. Tanto da mettere allarme anche i vertici delle istituzioni locali, che ieri si sono profusi in un pubblico appello all’investimento. «L’invito che come istituzione rivolgiamo oggi a Confindustria, alle associazioni, ai singoli imprenditori privati è quello di non fare mancare il proprio apporto a questa operazione per la città e il territorio», scrivono in una dichiarazione congiunta del sindaco Andrea Gnassi e il presidente della Provincia Stefano Vitali. Mancano ormai pochi giorni alla scadenza fissata per l’aumento di capitale: per centrare l’obiettivo «serve un colpo di reni» in dirittiura d’arrivo, ha detto la Fondazione Carim. A quattro giorni dalla scadenza, sul tavolo c’è la certezza di quella sessantina di milioni di cui ha parlato Pasquinelli, la metà della ricapitalizzazione necessaria. Basteranno a motivare migliaia di piccoli investitori a imbarcarsi su una nave che rischia di arenarsi sui bassi fondali della riviera romagnola, dove la società civile, rappresentata negli organi della fondazione, è riuscita ad affossare una banca? 

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