Quanto vale la finale di Champions League? Mastercard lo scorso anno si divertì a calcolare il Pil di una notte, quella in cui si assegna la coppa dalle grandi orecchie. Ne uscì una cifra impressionante: 369 milioni di euro. Il rapporto fu firmato dal professor Simon Chadwick considerato uno dei maggiori esperti mondiali dello sport business, direttore del “Centre for the International Business of Sport” della Coventry University. Passando dai 310 milioni del 2009 (finale disputata a Roma), ai 351,5 del 2011 (gara vinta dall’Inter a Madrid), ai 369 di Londra 2012, non è difficile prevedere che per Bayern Monaco-Chelsea di oggi la cifra arriverà poco sotto i 400 milioni. Il ritorno per la squadra vincitrice si calcola in oltre 130 milioni di euro. La perdente si dovrà accontentare di poco più di 75.
C’è poi un indotto di 100 milioni su base europea calcolato grazie a quanti sceglieranno di vedere la partita in pub o ristorante bevendo birra e mangiando una pizza piuttosto che un hot dog. Solo per la città che ospita la partita il ritorno immediato è di 50 milioni di euro senza contare le ricadute future per l’immagine che avrà nel mondo, la possibilità di ospitare altri eventi e così via. Quest’anno è Monaco e l’Allianz Arena avrà il suo da fare. Adagiato nel nulla della periferia monegasca, questo stadio dalla struttura che varia dalla navicella spaziale al maxicopertone di auto a seconda che lo si ami o lo si guardi con diffidenza, è un gioiello in quanto a funzionalità e visione della partita. All’interno regna indiscussa l’Arena card. E’ una carta prepagata con cui si può comprare di tutto, dal merchandising ufficiale alla più classica delle birre. Nello stadio non girano soldi se non per comprare la prepagata in una delle 54 casse allestite. In realtà sono degli omini con un palloncino arancione attaccato alla schiena per farsi riconoscere e una sorta di calcolatrice che valida le card e incassa il denaro. Tutti gli acquisti sono permessi solo con la prepagata. Tagli minimi venti euro.
Può sembrare una figata (ed effettivamente lo è), ma se per gli spettatori abituali tornare allo stadio è normale, quelli che vi si recano occasionalmente si ritrovano con un gadget pagato a caro prezzo perché caricato con dei soldi che non spenderanno mai più. In 4 ore e mezzo si calcola che sono venduti nei 28 chioschi e due ristoranti dello stadio 1,23 wurstel al secondo, quindicimila bibite, quarantamila lattine di birra. Senza contare gli affari che da giorni stanno facendo al centro della città bavarese con il carillon di Marienplatz che gira in continuazione attraendo folle di turisti.
Altro business quello dei tifosi che girano l’Europa grazie al calcio. Un affare, secondo la European Business School, di 35 miliardi di euro. I “tifosi senza frontiere”, quelli cioè che seguono la loro squadra del cuore in giro per il vecchio continente, sono un quarto dei fedelissimi europei del calcio (41 milioni). La squadra più popolare è il Barcellona (29%) seguita da Real Madrid (10%) e Manchester United (8%). Guardando in casa nostra, emerge che il tipico “tifoso senza frontiere” italiano è maschio, tra i 35 e i 44 anni e ricopre una posizione manageriale ed è un abitudinario dei viaggi all’estero. La finale di Champions è il loro regno. Una gallina dalle uova d’oro che difficilmente le roi Platini cambierà. Basta farsi due conti. Solamente la partecipazione al girone eliminatorio delle società porta nelle casse dei club circa 7,2 milioni di euro, un incasso garantito a prescindere dai risultati ottenuti. Ogni vittoria permette un ulteriore incasso di 800 mila euro, 400 mila euro per un pareggio. La partecipazione agli ottavi di finale della competizione vale 3 milioni di euro; arrivare ai quarti ne porta 3,3 milioni; alle semifinali 4,2 milioni mentre la vincitrice ne incassa 9. 5, 6 milioni di euro vanno invece alla finalista perdente. L’incasso totale per chi vincerà l’edizione 2011 – 2012 della Champions League sfiora i 31 milioni di euro, un capitale che va a sommarsi al “market pool“, la suddivisione dei diritti televisivi. Quest’ultimo è definito in circa 341 mln euro, cifra che viene poi distribuita proporzionalmente secondo il peso economico delle Federazioni ed infine ripartito verso i club in modo proporzionale ai risultati. Una mancata qualificazione significa rinunciare a 15 milioni senza contare bonus e passaggi del turno.
L’Europa League? Un’inezia. Vincerla fa guadagnare più o meno quanto partecipare al solo girone della Champions.