BERLINO – “Solo un pesce morto segue la corrente”. Vicino al mar Baltico, sulle coste svedesi, sanno come dare il giusto peso alle parole. E Sebastian Siemiatkowski, nato proprio in quelle terre, conosce bene il significato della parola “successo”. Ha 30 anni, una parlantina sciolta e carisma da vendere. Nel 2005 ha fondato una delle start-up europee di maggiore profitto dello scorso decennio: Klarna, società di pagamenti online che oggi controlla fette importanti del mercato delle transazioni via web in Scandinavia e non solo.
In principio, Klarna era soltanto un’idea nelle menti di tre ventenni iscritti alla Scuola di Economia di Stoccolma. Oggi la società ha 600 impiegati, 14mila negozi affiliati in Europa e raggiunge sei milioni di utenti. Dell’e-commerce Siemiatkowski, nonostante la giovane età, è già un veterano, e come tale è spesso invitato agli incontri internazionali di start-up e di web marketing, dove di solito dispensa ai più “giovani” consigli su come muovere i primi passi nell’avviamento della propria compagnia, su come agire nella ricerca di fondi, e si presta come uditore per gli speedpitching, gli incontri-lampo in cui gli startupper presentano il proprio progetto agli investitori.
Ma non ha ancora dimenticato il suo esordio, quando lo speedpitcher era lui: «Avevo ventitré anni, stavo finendo l’università», racconta a margine di Heureka! Conference, uno degli eventi principali della Berlin Web Week, la settimana dedicata al web appena conclusasi a Berlino. Una “prima volta” niente male: «Eravamo tre squadre di startupper, ognuna aveva a disposizione pochi minuti di tempo per esporre il proprio progetto e convincere i giurati. Già i nomi dei nostri esaminatori mettevano soggezione: c’erano il presidente di Electrolux, quello di Siemens e quello di H&M. Ci tremavano le gambe. Tra il pubblico, genitori a parte, si mescolavano oltre 400 manager di azienda e, seduti in prima fila, c’erano i reali di Svezia. Una palestra niente male, davvero».
La presentazione, però, non andò bene. Anzi, «andò malissimo», racconta il ceo svedese. «Klarna arrivò ultima e i giurati ci dissero: «Ci dispiace, il vostro progetto non potrà mai funzionare». Ma Sebastian e compagni non si sono arresi. «Abbiamo capito dove potevamo migliorare e ci siamo rimboccati le maniche fin dal subito. Il tempo, come potete vedere, ci ha dato ragione». L’intuizione alla base di Klarna era molto semplice, quasi elementare, e proprio per questo giusta. «L’idea di fondo è che mentre acquistare è divertente, pagare è un fastidio. Ecco perché abbiamo pensato di separare l’acquisto dal pagamento. Con Klarna il compratore effettua il pagamento soltanto una volta ricevuto il prodotto, non prima. Noi semplicemente garantiamo che tutto il processo avvenga senza intoppi».
E qui torniamo al detto iniziale: «Solo un pesce morto segue la corrente». Nel 2005, quando Siemiatkowski e compagni fondarono la start-up, nessuno, neanche i sondaggi di marketing più attendibili, prevedevano possibilità di successo per Klarna. «Sembrava che nel mercato non ci fosse spazio per noi, però credevamo talmente tanto nell’idea che abbiamo proceduto comunque». Un percorso ad ostacoli in cui, per migliorarsi, sono stati fondamentali soprattutto gli errori», spiega il trentenne. Perché «sapere che scelte non rifarei ora è la guida migliore per chi sta iniziando».
Ecco quindi gli errori commessi da Siemiatkowski. Il primo: «Quando formate una start-up, chiarite subito tra di voi quale sarà la mole di lavoro necessaria e che cosa dovrete sacrificare per farla funzionare. Noi per lunghi periodi abbiamo lavorato 90 ore a settimana, ma non tutti sono pronti a sforzi del genere e questa spesso è una fonte di incomprensioni e litigi». Secondo: «Quando decidete di superare i confini del vostro Paese, non cercate di spostarvi nei mercati più comodi, ma puntate a quelli grandi. Fin da subito. All’inizio ci siamo detti: andiamo in Norvegia, poi da lì tentiamo Finlandia e Danimarca. No, abbiamo sbagliato e perso tempo e denaro. Avremmo dovuto spostarci fin da subito in Germania o negli Stati Uniti». Terzo: «Evitate di assumere subito troppi dipendenti. Noi abbiamo esagerato: ricevuti i primi finanziamenti abbiamo assunto cinquanta persone, presi dalla voglia di espanderci. Solo dopo ci siamo resi conto che non tutti avevano il set-up mentale necessario per lavorare a Klarna. Sarebbe stato meglio, piuttosto, partire con meno dipendenti ma sceglierli meglio, con più calma».
«Inoltre, non credete a quelli che vi dicono “Non fidarti mai di nessuno” o “Fratello, è una guerra là fuori”. Io non la vedo così, non penso che sia una guerra. Penso invece che sia necessario parlare di meno e agire di più: solo così si va lontano. Non inseguite le tendenze, lavorate a una strategia. Mettete un’attenzione pazzesca nei dettagli, ne beneficerete a lungo. E ricordate: la parte più difficile di tutto il processo è la decisione stessa di cominciare. Mentre studiavamo a Stoccolma, i genitori di tutti i nostri compagni si auguravano che i loro figli diventassero banchieri a Londra. Noi tre abbiamo intrapreso una strada completamente diversa. Avevamo paura, ma ci siamo detti: “Lanciamoci in Klarna per sei mesi e vediamo cosa accade. Ecco, così è cominciato tutto». Oggi, i sei mesi sono passati da quasi sei anni, e loro sono non sono diventati banchieri a Londra. «E ne siamo ben felici», conclude Siemiatkowski.