Caos Europa: c’è l’Euro da salvare ma è tutti contro tutti

Caos Europa: c’è l’Euro da salvare ma è tutti contro tutti

La settimana più delicata per il futuro dell’euro è iniziata nel peggiore dei modi. Il presidente del Consiglio Mario Monti aveva messo in guardia l’Europa dalle colonne dei maggiori quotidiani comunitari: «Abbiamo solo una settimana per salvare l’euro». Eppure, non sono ancora arrivate risposte. L’Ecofin della scorsa settimana e il vertice di Roma fra Italia, Germania, Francia e Spagna non ha dato i suoi frutti. Anzi, oggi è giunta la richiesta ufficiale di aiuto da parte di Madrid. Sulla scia delle paure sulle reali esigenze delle banche spagnole, le piazze finanziarie europee hanno accelerato la loro discesa, con Piazza Affari in caduta libera, con ribassi prossimi al 4 per cento. A patire della precaria situazione dell’eurozona è stata anche l’America, con Wall Street in pesante perdita in avvio di seduta. Intanto, il finanziere George Soros, già capace di affondare la sterlina guadagnandoci circa un miliardo, lancia il proprio monito: «O l’Europa cerca di salvare se stessa in questi tre giorni oppure è spacciata».

I Paesi più sotto pressione rimangono Spagna e Italia. Come da previsioni, Madrid ha ufficialmente chiesto il sostegno finanziario europeo per ricapitalizzare il proprio sistema bancario. Il ministro dell’Economia Luis de Guindos ha inviato una lettera all’Eurogruppo, il consesso dei ministri finanziari Ue, per spiegare i bisogni degli istituti di credito spagnoli. «È una situazione eccezionale», ha spiegato de Guindos, che discuterà le modalità del sostegno durante il prossimo Consiglio europeo di fine mese. Nel frattempo, il think tank britannico OpenEurope ha calcolato che saranno fino a 110 miliardi di euro. Molto più dei 62 miliardi di euro previsti dagli scenario di base del primo audit sulle banche spagnoli, firmato da Roland Berger e Oliver Wyman. Molto probabilmente i fondi arriveranno in duplice maniera, passando in entrambi i casi dal Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (Frob), creato nel 2009 dal premier di allora, José Luiz Rodriguez Zapatero. In una prima fase si userà il fondo salva-Stati temporaneo European financial stability facility (Efsf), salvo poi veicolare i capitali da quello permanente European stability mechanism (Esm) una volta che sarà pronto. Ma non è escluso nemmeno che si possa usare l’Emergency liquidity assistance (Ela), lo speciale programma della Banca centrale europea (Bce) che deroga alle singole banche centrali nazionali la possibilità di fornire liquidità all’interno del proprio sistema assumendosene i rischi senza trasferirli all’Eurotower. «La Spagna ha chiesto anche di poter usare canali di liquidità emergenziale, data la situazione», conferma a Linkiesta un funzionario diplomatico spagnolo.

Tutto questo non è però bastato a tranquillizzare gli investitori. I rendimenti dei titoli di Stato iberici con scadenza a dieci anni hanno ricominciato la loro risalita, nonostante un’ottava, la scorsa, in calo e nonostante le parole del premier Mariano Rajoy, intervenuto oggi con l’intento di placare il nervosismo degli operatori. «La situazione spagnola è ora più sicura di prima, ma l’Europa ha bisogno di muoversi verso un’unione fiscale piena, oltre che verso un’unione bancaria capace di mettere in tranquillità l’area euro», ha detto. Tuttavia, dalla Germania continuano ad arrivare i rifiuti. Oggi il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, ha ribadito che Berlino non ha intenzione di «mutualizzare il debito europeo». In altre parole, niente eurobond. E una parziale retromarcia sembra arrivare anche sullo European redemption fund (Erf), il fondo di ammortamento comunitario per chi ha un debito oltre il 60% del Prodotto interno lordo. Dopo le aperture delle scorse settimane, il cancelliere tedesco Angela Merkel, ha lasciato intendere Seibert, non ha intenzione di mettere a rischio la stabilità dei conti pubblici tedeschi garantendo per chi, come la Grecia, non rispetta gli impegni presi. Sul versante italiano, continuano le preoccupazioni in merito a un’eventuale anticipazione della tornata elettorale, inizialmente prevista per la prossima primavera. Dopo le dichiarazioni di fuoco dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dell’ultima settimana, che lasciavano intravedere possibili elezioni in ottobre, gli analisti politici delle banche d’investimento hanno iniziato a ricalcolare i possibili scenari sul futuro di Roma. Nello specifico, un’analisi di Bridgewater, il fondo hedge di Ray Dalio, nonché uno dei maggiori al mondo, ha raccomandato ai suoi clienti di stare lontani dall’Italia.

«Noi vediamo le probabilità di una richiesta di sostegno finanziario in netta crescita dopo la domanda della Spagna e i rinnovati tumulti politici italiani», spiega Bridgewater. Colpa anche, fanno notare, di un consolidamento fiscale considerato «lacunoso sia nel breve sia nel lungo termine». Complici i timori su una possibile richiesta di aiuto da parte di Roma, il rendimento dei bond decennali è tornato a sfiorare quota 6 per cento. C’è poi la Grecia. Il neo premier Antonis Samaras, oggi in ospedale in seguito al distacco della retina, ha parlato con il presidente statunitense Barack Obama, il quale ha voluto sincerarsi del mantenimento degli impegni presi da Atene con la troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea, Commissione Ue). Ma intanto sono già iniziati i dialoghi fra gli emissari governativi ellenici e i funzionari europei in vista del vertice di fine settimana. Sul piatto ci sono soprattutto le indiscrezioni portate alla luce dal quotidiano To Vima, secondo cui nell’ultimo biennio la Grecia ha assunto circa 70.000 impiegati statali, in netta violazione degli accordi con la troika. «Non possiamo ancora dire nulla a riguardo, stiamo verificando e le autorità greche ci hanno dato piena disponibilità», ha detto a Linkiesta un funzionario della Commissione europea. Se verificate, queste rivelazioni possono chiudere definitivamente la porta a un’eventuale rinegoziazione del programma di salvataggio della Grecia. E possono peggiorare una situazione ormai sempre più drammatica. 

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