Ma per i consulenti di Monti la fine della crisi è lontana

Ma per i consulenti di Monti la fine della crisi è lontana

La luce in fondo al tunnel è piuttosto lontana. In un report uscito stamani, dal titolo «Il debito italiano è sostenibile?», la banca francese Société Générale punta l’attenzione sul mercato del lavoro italiano, giungendo a una previsione che ben poco ha a che fare con l’ottimismo del premier alla prima del Meeting di Cl: entro il 2014 il tasso di disoccupazione salirà a poco meno del 15 per cento. Nota bene: ora è al 10,8 per cento. La cifra fa un certo effetto non solo perché si avvicina al tasso spagnolo, ma anche perché l’istituto di credito è uno dei due consulenti dell’esecutivo tecnico per la dismissione delle partecipazioni statali in Fintecna, Sace e Simest in vista della cessione a Cassa depositi e prestiti. L’altro, guarda caso, è Goldman Sachs, di recente finita sulle prime pagine di tutti i giornali per aver portato, come si evince dai dati della Sec, la Consob americana, da 2,51 miliardi a 191 milioni di dollari l’esposizione sui titoli italiani. Un taglio del 92 per cento. Secondo James Nixon, che ha curato il report:

«L’attuale recessione indotta dall’austerity sembra stia scatenando una profonda ristrutturazione nel mercato del lavoro che l’Italia ha evitato nel 2008-2009. Il tasso di disoccupazione è salito di 735mila unità negli ultimi 12 mesi, ovvero di oltre 2 punti percentuali (2,7%, ndr) nello stesso lasso di tempo. Con poche prospettive di una ripresa significativa prima del 2015, stimiamo che il tasso di disoccupazione salirà a poco meno del 15% entro la fine del 2014. Nel frattempo, la crescita della disoccupazione indebolirà la fiducia dei consumatori, già ai minimi storici con una corrispondente caduta dei consumi privati (l’indice di fiducia nei consumatori misurato dall’Istat è sceso a giugno a quota 85.3 punti, minimo storico dal 1996, ndr). Non deve stupire che, a fronte della debolezza nella domanda dei consumatori e del governo, le imprese non siano incentivate ad investire in nuova capacità produttiva».

Un punto, quest’ultimo, emerso anche da una recente analisi dell’Ufficio studi di Mediobanca, secondo cui gli imprenditori, visti i tassi dei Btp, guadagnerebbero di più ad acquistare titoli di Stato che a investire nella propria azienda, con un rendimento del 6% circa – oggi i tassi sul decennale sono del 5,7% – rispetto al 5,8% del capitale reinvestito. Sicuramente le banche hanno fatto questo ragionamento, visto che i dati di Bankitalia, da questo punto di vista, parlano chiaro: i prestiti delle banche alle imprese e alle famiglie continuano a scendere. Per il settore privato il tasso di crescita a giugno scorso è sceso allo 0,2% rispetto allo 0,7% di maggio, già in calo rispetto ad aprile, mentre quello dei prestiti alle famiglie si è contratto passando allo 0,8% dall’1,3% di un mese prima. Da inizio anno, la dinamica è sempre stata negativa con la sola eccezione del mese di aprile, quando i prestiti hanno segnato un timido +0,8% rispetto a marzo scorso.

Cala anche la produzione industriale, come evidenzia Confindustria (panel di 380 imprese associate): -0,4%  a giugno rispetto al mese precedente, -2,9% per quanto riguarda gli ordinativi, da un anno a questa parte. Ad aumentare sono invece le ore di cassa integrazione ordinaria chieste dalle società (dati Inps), che lo scorso giugno sono incrementate del 71,6% rispetto al giugno del 2011, mentre quella straordinaria del 36,2 per cento. Anche chi lavora, tuttavia, non sorride: nell’ultimo decennio gli stipendi medi sono passati da 1.410 a 1.439 euro (+2%), stando all’ultima relazione annuale presentata da Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, alla fine di maggio. Un aumento risibile al netto dell’inflazione.

Per SocGen gli effetti della crisi seguita al crollo di Lehman, in Italia, si sono fatti immediatamente in termini di produttività, con il Pil che è sceso del 6,7% nel 2008-2009, ma non sulla disoccupazione, che si è contratta soltanto del 2,6% (fino al terzo trimestre 2010). Di conseguenza, le imprese non hanno licenziato – per via della rigidità delle norme che regolano il mercato del lavoro – ma hanno utilizzato la cassa integrazione. Per questo la «ristrutturazione» del mercato del lavoro di cui parla l’advisor del Governo è arrivata soltanto adesso. Un tempismo che mal si concilia con l’aumento della pressione fiscale e l’incubo, in teoria scongiurato, dell’aumento dell’Iva ad ottobre.

L’obiettivo del governo è di portare il deficit all’1,7% del Pil quest’anno e allo 0,5% il prossimo, dall’attuale 3,9 per cento. Un obiettivo ambizioso. Più credibile, per il consulente SocGen, che il 2012 si chiuda a quota 2,9% e il 2013 2,1 per cento. Nell’ultimo mese il rendimento dei Btp decennali è sceso dal 6,6 al 5,79%, mentre lo spread è passato da 536 a 427 punti base, mentre Piazza Affari ha guadagnato poco meno del 10 per cento. Troppo poco per parlare di luce in fondo al tunnel. 

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